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NORMA LOY
“Ouroboros”
CD / LP (Manic Depression records)

“L’uroboro, dal Greco Ouroboros, è un simbolo rappresentante un serpente che si morde la coda formando un cerchio continuo senza inizio ne fine, apparentemente fermo ma in continuo movimento, etimologia legata alla natura ciclica degli eventi che si consumano rigenerandosi in un flusso di immortalità.”

 I Norma Loy, band francese di Dijon nata agli albori degli anni Ottanta dalle ceneri dei punkers’ Metal Radiant (poi Coit Bergman), dopo aver ristampato nel 2022  l’intera discografia, tornano con un nuovo lavoro, il cui titolo “Ouroboros”è preso dall’antica figura appena descritta, contenente undici cover più una nuova versione del loro singolo d’esordio  “Romance”, brano che li aveva proiettati, seppur frettolosamente, tra i nomi di punta della nascente corrente della Cold-Wave transalpina. Personalmente ho sempre preso le distanze dalle facili etichettature, figuriamoci con le sonorità della band di Anthon “Usher” Shield e Chelsea “Room 013”  molto più vicine alle proposte del Panorama Musicale Europeo per via della strumentazione utilizzata, con tanto di sassofono e pianoforte, forte della predominante sezione ritmica, specie nelle linee di basso, elemento chiave della New Wave o del Post-Punk. “Ouroboros” è una sorta di Desert Island Session e la scelta delle tracce combina, con estrema capacità, stili ed influenze e più ancora scenari ed atmosfere.
Gli umori noir di Nico aprono il disco con “Saeta”, medesime
  suggestioni con “Venus In Furs” (Velvet Underground) e con la malinconica quanto romantica “Leaving the Table” (Leonard Cohen); frammenti estratti dal baule dei ricordi per “In A Manner Of Speaking” (Tuxedomoon) e “Touch Me” (Suicide), i due gruppi sono stati tra le principali influenze dei Norma Loy,.mentre la krautiana “Some Are” (David Bowie) ed il remake di “Romance” chiudono una prima parte caratterizzata da oniriche quanto intense riflessioni. Nella seconda parte vengono scomodati alcuni tra i nomi Culto della Scena Sperimentale ed Industrial quali Throbbing Gristle (“What A Day”) e COIL (“Fire Of the Mind”) fino alle esoteriche incursioni nel Dark di Factrix (“A Night To Forget”) o alle evasioni quasi-techno dei Minimal Compact (“Next One is Real”) lasciando però un ultimo spazio alla poesia con “Up In the Flame” dal duetto Julee Cruise/David Lynch. Usher e Chelsea, tra manifestazioni sacro-pagane senza reticenza ed intime trasgressioni, raccolgono doviziosamente quarant’anni di carriera in una compilazione dove il loro inconfondibile (e particolare) stile rende ”novità” anche un disco di rivisitazioni, lontano da superflue operazioni nostalgiche. Cosa piuttosto insolita di questi tempi.
Sito web: https://www.manicdepression.fr/norma-loy/

Luca Sponzilli