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EINSTURZENDE
NEUBAUTEN Testo
Gianmario Mattacheo
h 21.30 ed i tedeschi fanno l'ingresso sul palco, di fronte ad un pubblico comodamente seduto. Non si registra il solito sold out, essendo evidenti ampi settori vuoti ……… probabilmente il caldo terribile di questi giorni o la pigrizia hanno fatto rinunciare ad un'altra serata in compagnia degli EN. "Kriegsmaschinerie" apre il concerto attraverso un coacervo di rumori e distorsioni vari. N.U. Unruh, Alexander Hacke, Jochen Arbeit e Rudolf Moser mettono subito in chiaro che tipo di band rappresentino i Neubauten, mentre Blixa Bargeld si occupa di presentare al pubblico una serie di cartelloni in cui alcuni messaggi sono offerti al pubblico. "Lament"
è un concept album che narra la tragedia della Grande Guerra
e la sua rappresentazione live è l'unico modo per apprezzarne
(e capirne) realmente la portata artistica, grazie anche al
supporto della sezione d'archi, capace di enfatizzare i momenti
più epici. Il momento più alto arriva con "Weltkrieg", ovvero
una canzone che posta, ad inizio concerto, esalta le tutte le
doti dei cinque Neubauten. I percussionisti/rumoristi della
band (N.U. Unruh, Hacke, Moser) si pongono insieme e vicini
ad uno strumento percussivo imperioso quanto geniale (made Einsturzende
Neubauten, ovviamente), dando vita, per circa quindici minuti,
ad un costante, affascinante e seducente martellare: osservare,
gomito a gomito, questi maestri percussivi, è indubbiamente
il pezzo forte dell'intero concerto. Le
prestazioni di N.U.Unruh e di Rudolf Moser (ma anche di Hacke,
divenuto negli anni più percussionista che bassista) assumono
stasera un carattere superiore, sottolineando anche il fatto
che sono poste in essere in un luglio torrido ed afoso che sfiancherebbe
al solo stare fermi, figuriamoci lo sforzo che deve affrontare
la sessione rumorista dei Neubauten, costretta a vivere il concerto
quasi fosse una lunga ed estenuante lezione di fitness. Ultimi
ricordi del concerto per un'eccellente "How did I die", "All
of no man's land is ours" ed ancora per "Let's do it a dada"
(extra "Lament" ma pertinente, come sottolinea Bargeld, con
il clima ed il senso del nuovo album). Quest'ultimo brano, anche
se fa parte della produzione più recente, è diventato un superclassico
del gruppo; una canzone che ne scarica la potenza rumoristica
e, soprattutto, un pezzo dalla dinamicità assoluta.
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