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NERORCHESTRA II

@ Bologna, Kindergarten, 12 Settembre 2009



testo by Gabrydark
foografie by Giancarlo Donatini

Il 12 settembre al Kindergarten di Bologna si è tenuto il secondo appuntamento con Nerorchestra, festival che nelle intenzioni degli organizzatori dovrebbe diventare un evento fisso per più volte all’anno, dedicato agli appassionati di generi musicali dalle sonorità oscure, che avranno modo di vedere ed ascoltare gruppi stranieri, raramente presenti in Italia, e gruppi italiani di circuiti non commerciali.

Lo spettacolo inizia, in ritardo purtroppo di circa due ore, con il gruppo neofolk di provenienza ligure degli Tears of Othila, che si esibiscono in melodie dalle sonorità celtiche, rese in alcuni pezzi ancora più malinconiche ed oscure dal suono di un violino e di un flauto , smorzando i toni marziali delle onnipresenti percussioni. Oltre a questi, si odono nelle loro melodie note di quegli strumenti utilizzati dal folklore musicale di molti popoli : tamburelli, nacchere, tubi nei quali scorrono palline che simulano il rumore delle maracas… sta proprio in questa varietà di suoni l’originalità del gruppo che si avvale di una buona voce maschile e di una pura ed acuta female voice, che ben si contrappuntano.
Un buon successo sottolineato da applausi calorosi saluta i Tears, che lasciano il palco ad un duo di power electroni

cs, gli Wuordos Aileen, che ci fanno precipitare dal mondo degli Elfi a quello dei robots alieni, dalle voci metalliche e deformate, suoni elettronici aspri ed ossessivi, pulsanti all’infinito sulle stesse note. Si apre di fronte ai nostri occhi, nei video proiettati ai lati del palco, un mondo sterile di scienziati pazzi, di eserciti disumanizzati in ambienti post-atomici, dove vi è spazio soltanto per una sonorità algida e frustrante come quella proposta da questo duo, uomo-donna ( o forse cloni?), programmati a trarre da basi computerizzate qualcosa di simile ad accordi musical : un lavoro difficile ed estraniante per chi opera e per chi ascolta!

Un minimo d’intervallo per cambiare scena e “ strumenti “, anche perché l’ora già piuttosto tarda non permette lunghe pause, ed arrivano i Teatro Satanico, un progetto fra i più originali nell’ambito della musica elettronica sperimentale italiana, supportato da testi sanguigni, senza peli sulla lingua, dal linguaggio popolare e talvolta triviale, che comunque coglie nel segno e mette in evidenza l’obiettivo primario, cioè quello di “opporsi “ a tutto ciò che è condizionamento nella società contemporanea. I musicisti, in ginocchio a terra, inventori di suoni su basi elettroniche, che sembrano nell’aspetto semplici pedaliere, il cantante, che si muove sul palco con delle corna di cervo nelle mani, demone sornione ed ironico, sono dei teatranti, che cercano di smuovere chi li ascolta, con l’aggressività dei pezzi musicali, delle parole e delle azioni fuori dal ruolo tipico delle band tradizionali. Coinvolgente, il leader si muove, scendendo fra il pubblico ed ogni gesto da lui compiuto, diventa insieme alla musica sberleffo alla morale conservatrice … “i bastardi devono morire “, ripetuto più volte da una voce distorta, querula, che sembra uscita da un incubo notturno. La violenza contemporanea di una società monoteista, disintegrata da quella figura che più di ogni altra essa considera nemica, Satana, è qui resa positiva dall’accezione ampia ed umanistica del termine che tradotto dall’antico ebraico significa Oppositore, Avversario. . Grandi protagonisti del Festival, a mio parere, sono stati i più interessanti per la particolarità e la qualità critica della loro proposta..

Siamo ormai al penultimo personaggio, il polacco Horologium, che si esibisce in una serie di pezzi molto marziali, accompagnati da cori echeggianti quelli dell’Armata Rossa, ai tempi dell’ormai obsoleta Unione Sovietica. Le sue performance sono dei veri e propri proclami urlati, mentre i tamburi di tre percussionisti lo accompagnano coerentemente in questa ininterrotta marcia trionfale, eroica, ridondante, ma nello stesso tempo estranea al nostro secolo, dove l’ eroismo è sommesso, nella fatica del vivere quotidiano. L’ultimo pezzo viene recitato da una voce femminile, che si accompagna ad Horologium in questa occasione, “ Ti amo eternità “ recita, mentre l’”orologio” del tempo scandisce i minuti che si dilatano nei versi dedicati agli eroi e alla loro fama. Si respira un nostalgico Romanticismo nordico nel duetto operistico che chiude il brano.

Si sono fatte ormai le tre di notte; il pubblico è più rarefatto, quando si esibiscono gli austriaci Allerseelen. Peccato davvero, perché fra tutti i gruppi che abbiamo seguito finora sono quelli più ballabili. Meno” difficili” musicalmente parlando, si esibiscono con un sound industrial, dinamico con basso, batteria e chitarra elettrica, in qualche punto rockeggiando in ritmi orecchiabili e non banali. La voce maschile di Gerhard Hallstatt è intensa e ben modulata, senza durezze, nonostante le parole in tedesco dei pezzi. Purtroppo l’orario li penalizza, tant’è che il cantante, nonché leader del gruppo al momento di esibirsi rimane in piedi, silenzioso, qualche minuto, nell’attesa che un maggior pubblico di quello iniziale si raduni ai piedi del palco.

Un cartellone godibile, vario, ce n’era per tutti i gusti del popolo dark … in futuro però auspicherei tempi meno dilatati e magari una maggior tranquillità nell’esibizione di ogni band, anche in numero più ristretto, senza l’impellenza del passare delle ore!
Comunque sia, un plauso a chi si è dato tanto daffare per attuare uno spettacolo musicale diverso e arrivederci al prossimo report di Nerorchestra III.