NERORCHESTRA
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KINDERGARTEN, 6 Giugno 2009 - Bologna
testo
by Gabrydark
foto by Giancarlo Donatini
E’
d’obbligo segnalare come in questi ultimi tempi a Bologna
si tengano degli eventi di tutto rispetto, per le band che
vi partecipano, nell’ambito della musica alternativa al pop
o al rock.
Sicuramente
merito di organizzatori e gestori di locali che in barba alle
poche risorse ambientali di cui possono disporre , si danno
da fare per valorizzare ambiti musicali come il dark, il goth,
il punk , che purtroppo in Italia con grande sforzo riescono
a crearsi una propria nicchia.
Nerorchestra
rientra in questa categoria: un festival, tenutosi al Kindergarten,
il 6 giugno, che ha visto quattro fra gruppi e musicisti di
valore, spaziare dal dark folk, all’industrial per la gioia
di chi, fan appassionato, segue i propri idoli nelle sporadiche
apparizioni italiane, con la speranza che queste possano avere
un seguito maggiore, garanzia di esibizioni più frequenti.
Apre
lo spettacolo un gruppo bolognese gli Yggdrasill,
dal sound dark folk, veramente interessante, che si erano
esibiti già lo scorso anno al Dark folk festival, insieme
ai Faun e ai Saltatio Mortis, raggiungendo un significativo
successo personale. I componenti sono 5: una voce femminile,
un cantante, anche percussionista, due musiciste alle chitarre
ed infine un altro percussionista, che ha preso il posto in
tale circostanza, della tastierista. Una novità che
a mio parere ha valorizzato ancora di più il sound
acustico del gruppo.
Mentre
ai lati del palco su due schermi vengono proiettate immagini
di menhir celtici, su cui sono scolpite le antiche rune, dolci
e struggenti si librano le melodie con la bellissima
voce di Virgina, che raggiunge toni alti, senza perdere la
grazia ad essa connaturata, ed alle note piene ed intense
del contrappunto maschile di Ahndy. Le suggestioni celtiche
create da The dance, Norns e The hidden rose s’interrompono
per pochi minuti con la cover di Fields of sunset,
pezzo del 1998 dei Kirlian Camera; poi si riascoltano le sonorità
decisamente d’impronta medievale con Rebirth, Oblivion,
fino alla ritmate note di Daelight nighttime, Shining old
sun, e si va verso la conclusione con Forever At your
mercy, cover di Ashram, magistralmente eseguita da Virgina
e compagni che concludono la loro esibizione con Horizon,
applauditi meritatamente da un pubblico di fans entusiasti
ed ancora affascinati dall’atmosfera antica ed esoterica dei
brani eseguiti
Ancora
rimangono nell’aria le incantate ballate folk medievali, che
si succede sul palco il duo Roma
Amor, folk anch’esso, ma di diversa impostazione,
con un interesse spiccato per le musiche tradizionali di un
recente passato europeo: infatti la cantante del duo inizia
con la canzone tedesca Der treve Husar, poi passa ad
una melodia inglese Next, chiudendo il primo gruppo
di cantate con Les amants de saint Jean, malinconica
aria del ’42, in cui un soldato in partenza per la guerra
saluta
la sua amante, consapevole che probabilmente non la rivedrà
più. Eclettici, entrambi i componenti suonano strumenti
diversi oltre la chitarra acustica, tipici della tradizione,
come la fisarmonica o l’ organetto, che ben accompagnano la
voce di Euski, ora rauca e sensuale, ora sussurrata in A
cosa pensi, ora stracciata e sguaiata in dialetto , quando
canta la Zerinelda, noir romagnolo, ritratto spietato
di una donna- strega che strangola i bambini con le budella
dei bovini rubate al macello, dietro il quale si nasconde…
una ballata a fosche tinte, come Lo-lo-lo, nenia maligna
e testimone di un folklore che non ha pietà per le
donne, qui dipinte come esseri perversi e ributtanti. Ed intanto
le immagini sottolineano gli horror musicali con la spietata
ed ambigua sessualità di Charlotte Rampling, vittima
di un ufficiale delle SS nel film della Cavani Il portiere
di notte. Indovinati gli abbinamenti dei filmati con la musica.
Il duo se ne va dopo avere avuto i meritati applausi ed avere
concluso l’esibizione con la cover Amsterdam di Brel, inspiegabilmente
cantata in inglese.
Una
serie di scariche elettriche e di suoni graffianti interrompono
il chiacchiericcio del pubblico ed immediatamente una sequenza
di patterns elettronici puri si riversano nel locale… l’impatto
è stordente dopo i gruppi meramente acustici che si
sono ascoltati in precedenza.Stridii metallici, suoni da fabbrica
metalmeccanica, un sound fortemente industrial, caratterizzano
l’esibizione di Condanna,
progetto relativamente recente il cui primo album risale al
2003. I brani eseguiti da Paolo Pineschi, come “anatomia del
caso l'arte è morte”, tratto dall’album “e i vermi
ameranno la mia carne”, hanno un ritmo pulsante,
scandito da tonalità percussive e sperimentali, che
ritroviamo anche in Primavera (NEW), Sangue di cane
(NEW), Invito, “Senza titolo (titolo in definizione),
“non credere non volere non esistere” dalle sonorità
ossessive ed aliene che generano lateralmente una visione
di un’informe, brulicante massa di larve, memento a ciò
che il futuro riserba a ciascuno di noi! Musica deflagrante
e comunque proprio per questo carica di un certo fascino.
A
mezzanotte circa, l’improvviso silenzio generatosi dopo lo
stillicidio dei suoni elettronici si scioglie nelle ballate
liriche e morbidamente melodiche del duo danese Of
the Wand and the Moon. Il clou della serata, in
Italia per la seconda volta, dopo un concerto a Roma nel 1999.
Ben dieci anni sono passati dalla loro prima esibizione, eppure
le loro musiche
dalle chiare risonanze celtiche, non appaiono assolutamente
invecchiate: la poesia infatti è sempre giovane e sana,
evocatrice di emozioni, sensazioni, che accarezzano il nostro
udito. Assorti nella musica, ci regalano letteralmente le
loro lirich : alla conclusione di ogni pezzo il vocalist toglie
dal leggio il foglio delle parole appena cantate e questo
fluttua a terra, come le foglie di un albero in autunno, subito
afferrato da noi spettatori ai piedi del palco, affascinati
da questo pacato ed inconsueto gesto .
Kim,
dalla rossa barba che tradisce le sue origini nordiche, ci
trasporta con la bella voce tranquilla, piena e garbata in
un mondo di grandi querce, abitate da animali favolosi, Lion
serpent sun, da uomini che soffrono per amore, My devotion
will never fade, The blood of my lady , Honour ,dalla devozione
dei sentimenti, nei luoghi dove la natura è adorata
come una divinità e la voce e il suono degli strumenti,
che il suo compagno suona con perizia e passione, non devono
disturbarla, ma celebrarla .. I due musicisti si
trasformano in druidi, che svolgono un rito sotto i nostri
occhi, in Winter solstice, Summer solstice,
e l’impressione è resa ancora più vivida quando
sulla chitarra di Kim si scorgono le rune , e canta una frase
magica in” Gal anda”, dove i primi versi sono un vero e proprio
gioco di parole assonanti le une con le altre, che catturano
i sogni nella notte…
”
And so the dreams lies shattered once again/
and
i can hear the ravens call at night/
and
the path …abandoned… leading nowhere/
An
omen fulfilled/
And
I loathe the dark/ and I curse the gods…”
Poeti della natura , della storia medievale dei luoghi natii,
ne hanno portato l’incanto, il mistero per rendercene partecipi
in una calda notte di fine primavera al Kindergarten, il “giardino
dei bambini”, con altre ballate come Hemlok and Mandrake
fields, Nighttime in sonnenheim,Wonderful wonderful
sun, Hailhail hail, Here’s an ode, Hollow upon hollow, Lost
in emptiness, Winter veil.
Con
loro si conclude un bell’evento che ha visto come al solito
una partecipazione di un pubblico non foltissimo, ma caldo
e consapevole di assistere a qualcosa di speciale, a cui sono
stati donati altri due brani dal duo richiamato a gran voce
sulla scena: My black faith e Raven chant.
Che
dire a questo punto? Bravi i musicisti tutti, ma anche gli
organizzatori e per loro un auspicio di continuare tenacemente
su questa strada.
Pubblicazione:
16 Giugno 2009