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PETER MURPHY
8 Luglio 2005, ex Ruvido , Bologna

testo by Nikita
foto by Nikita & Erzsbeth

Dopo essere stati ammaliati da "Dust", penultimo album del Peter Murphy solista, ma delusi dall’ultimo "Unshattered", siamo quasi stati terrorizzati e timorosi di vederlo in concerto. Infatti questo più recente album si allontana dalle sonorità ethereal con ritmi arabi di "Dust", per ritornare verso atmosfere molto pop rock americane. La voce del nostro Peter cerca di imitare come non mai David Bowie, senza però arrivare ai livelli del Duca Bianco. Come si può sentire, l'album è troppo ruffiano negli arrangiamenti, adatti per lo più ad essere trasmessi nelle molteplici radio americane, ed infatti questo disco è uscito prima negli Usa, nel dicembre 2004, e solo nel maggio 2005 in Europa. Eppure, nonostante questa riluttanza verso il nuovo lavoro, ci siamo decisi lo stesso ad andare al suo concerto a Bologna.
Arrivati al locale vediamo già una lunga coda di nerovestiti che aspettano l’ingresso, ci vorranno ben 45 minuti d'attesa per riuscire ad entrare, il che dimostra quanto questo concerto sia un evento atteso da molti.
I preannunciati gruppi di spalla (sia qui a Bologna che a Roma) sono stati annullati dal management dell'artista inglese, visto che il supporter se lo sono già portati loro. Infatti ad anticipare il concerto di Murphy è il live di Sarah Fimm, che alla fine risulta abbastanza noioso. Non capiamo le qualità possedute da questa artista, dato che sia le sue melodie che le sue capacità sono abbastanza poco apprezzabili, molto monotone e simili ad un ethereal rock di quarto ordine. Mah...
Finalmente inizia il concerto del nostro eroe, Peter appare con la sua bionda chioma (anche se non più folta), e un paio di baffetti alla D’Artagnan, ma quello che ci colpisce e ci fa rimanere inchiodati è il suo magnetismo, non perso con l'avanzare dell'età.
La scaletta del concerto riguarda soprattutto l'ultimo album, con l'esclusione dei bis, dove un Peter "unplugged", accompagnato dal chitarrista della sua brava band (Basso: Jeff Schartoff; chitarra: Mark Gemini Thwaite; batteria: Justin Bennett), sforna delle ottime canzoni tra cui "A strange kind of love" e "Cuts you up". È qui che dimostra quanto sia ancora un animale da palcoscenico, nonostante e soprattutto all'inizio del concerto abbia avuto dei seri problemi con l'acustica, e certamente abbia fatto molta fatica a sentirsi mentre cantava. È facile quindi fare polemiche inutili, come ripetere che ormai questo artista è stonato, certo, non ha più la voce di vent'anni fa, ma che dire dei moltissimi artisti alternativi della nuova scena, che una voce come la sua non se la possono neanche sognare? Se stasera ha avuto alcuni problemi è stato soprattutto per questioni tecniche, e non perché non abbia più voce.
Inoltre abbiamo trovato veramente negativo che molte persone fossero presenti solo perché dovevano presenziare all’evento, e non per vedere il concerto in sé. Molti spettatori poi si aspettavano che P.M. facesse dei brani dei Bauhaus, ma questo è assurdo, dato che nella sua ventennale carriera ha sfornato parecchi album da solista. Ed essendo una persona seria, il repertorio dei Bauhaus lo esegue solo con loro. Assurdo anche il discutere sulla sua camicia, secondo alcuni troppo colorata per essere di un ‘cantante dark’. Insomma, tante futili polemiche che è meglio tralasciare, noi siamo stati estasiati dalla sua performance, inoltre siamo rimasti molto contenti che i nostri sguardi dietro le quinte si siano incrociati per pochi secondi, giusto per omaggiargli una copia di Rosa Selvaggia (n°26) con una sua vecchia intervista e per ringraziarlo. Grazie Peter, ora ti aspettiamo il 13 febbraio 2006, ancora Milano, ancora Alcatraz, ancora BAUHAUS.

 

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