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M'era Luna 2014
"So viel tolle Musik"

Testo di M. Drigo
Foto by The.Ory

Eccoci qui al consueto appuntamento per parlarvi del M'era Luna. Che dire, per chi vi scrive costituisce le vacanze estive, quindi rappresenta quel luogo dove si va per risanarsi e rinnovarsi dopo le fatiche di un anno, alla ricerca di un'atmosfera adatta alla ricerca di se stessi e di nuove prospettive.
Ogni volta la proposta musicale si rinnova, o per lo meno si trasforma, gli spazi mutano o si commutano, la gente aumenta e si diversifica: è la mia versione della spiaggia, è un mare (nero) in movimento perpetuo.
Le novità sono molte, dal campeggio allargato, conseguenza dei dati di affluenza in costante ascesa, alle innovazioni tecnologiche ed ecologiche, sulle quali torneremo dopo. Note dolenti? Scarse, e non mi dilungherò ad enunciarle, ma un paio di cose devo proprio dirle: il settaggio delle casse sul main stage quest'anno è stato deludente, non era possibile avvicinarsi a meno di 30 metri e continuare a percepire le melodie, da lontano invece tutto ok; e poi la scaletta: è vero che si aggiorna, ma c'è un gruppetto di gruppi, se mi concedete il gioco di parole, che tornano un anno sì e un anno no. Comunque in tal caso è divertente anche notare e far confronti tra le diverse prestazioni. Insomma, non ce la faccio a dir male del M'era Luna. Perdonatemi ma se vado a un festival da quasi dieci anni senza essermi stufato ci sarà pure un perchè!
I gruppi sono tanti e devo fare una cernita, mi si perdoni se sono orientato più verso certi sottogeneri rispetto ad altri, ma un po' dipende anche dalla scaletta, che riflette l'aria che tira in Germania, leggasi "dal trend del mercato" discografico.
Quest'anno c'era tanto Mittelalter, con gruppi di varia caratura, dagli Ignis Fatuu ai miei cari In Extremo; e in percentuale minore l'elettronica, o meglio, quest'ultima l'ha fatta da padrona in Hangar Stage. C'era comunque tanta voglia di saltare, a discapito di un buon ascolto meditativo, relegato in posizione di secondo piano, con pochi araldi a difenderne il vessillo, vedi i The Beauty of Gemina e i Paradise Lost.

Sabato 9 Agosto
Allora, mettiamo subito in chiaro una cosa: quando uno parte in macchina il giovedì notte per essere qui il venerdì mattina apposta per mettersi in coda per entrare (che significa non prima delle 3-4 del pomeriggio) e poi piantare la o le tende, e consecutivamente farsi un primo giro del mercato, il sabato mattina si sveglia già cotto. Prima di rendersi conto di essere sveglio, nei dintorni le nere truppe di Mordor hanno già iniziato le manovre, e tra una coda per le docce e gli ultimi preparativi in tenda, laggiù sul palco i soundcheck procedono rapidamente. Mentre egli si reca in area festival, il primo gruppo è già che suona...
Dopo i primi gruppi del mattino, che sono scelti tra le nuove leve o tra quelli minori, nel primo pomeriggio entrano in scena i The Beauty of Gemina, gruppo svizzero inizialmente autoprodotto e poi preso sotto l'ala da Bruno Kramm dei Das Ich. Il loro alternative-electronic rock mi ha colpito per il groove dal sapore anni '80, e nonostante siano in attività da pochi anni (dal 2006) il gusto retrò del sound rende le canzoni orecchiabili e riconoscibili da subito, tanto che alcune, come All Those Days, seppur appena uscite su album solo quest'anno, si fanno apprezzare come dei classici. Da non perdere anche Dark Rain. Bravi.
Proseguiamo coi Rabia Sorda, solo project di Erk Aicrag degli Hocico presenti anche loro quest'anno, e si distingue per il sound meno aggressivo, abbandona l'Harsch per l'elettronica pompata, su cui innesta sapientemente influenze etniche della sua terra con melodie orientate sul punk anni '80.
Si parlava di gruppi che suonano di frequente qui: se 2 anni fa erano qui e l'anno scorso hanno prodotto un album nuovo, il fatto che stavolta il concerto si sia concentrato su quest'ultimo non può che far sorridere. Siamo in Hangar stage in trepidazione per una band che volevamo vedere da un po': i Solitary Experiments, che arrivano con la loro classica tenuta pantaloni neri-camicia rossa- cravatta nera. Sono attivi dal '94 e vengono da Frankfurt sull'Oder (ma quanti Francoforte ci sono? Con questo siamo già a tre). Pensare che come altri gruppi dello stesso genere hanno iniziato a suonare coi computer che noi stupidi mortali credevamo servissero solo per dei giochini bastardi. Laddove altri hanno scelto il Commodore64 questi hanno preferito l'Amiga500. Per noi che conoscevamo gli album vecchi hanno fatto solo Immortal e la sempreverde Delight. Il resto del concerto è stato basato sull'ultimo album Phenomena del 2013 (guarda un po').
Mentre sull'altro palco si esibiscono gli Stahlmann, gruppo locale abbastanza giovane (dal 2008), che si fanno riconoscere per essere dipinti di color argento dalla testa ai piedi, rimaniamo in Hangar per vedere i Neuroticfish, o meglio il Neuroticfish, dato che è una one man band. Anch'esso tra le nostre curiosità quest'anno, rimaniamo sconvolti dal suo ingresso in pubblico: un boscaiolo canadese completo di ogni dettaglio, barbona, camicia a quadri con le maniche tirate su, grosso e un po' panzuto. In compenso ci ha fatto sentire quasi tutte le nostre canzoni preferite: per forza, ha pubblicato due soli album in 15 anni! E bravo Sascha Mario, la resa dal vivo di The Bomb era da delirio, e la gente ha apprezzato.
Dopo gli Stahlmann sul Main Stage si inerpicano gli Asps von Zaubererbrudern, praticamente i componenti del gruppo di Asp, solo senza Asp. Al suo posto c'è un cantante che ha la stessa stazza (inconfondibile) e la stessa voce (inconfondibile), e che canta le stesse canzoni, solo in versione unplugged, ma che indossa una maschera e un cilindro. Per discrezione suppongo. A un paio di canzoni dalla fine, "inaspettatamente" il cantante si toglie la maschera e il cilindro, e... Sorpresona! E' Asp. Vabbè, cose che succedono qui.
Vorrei parlarvi dei Das Ich, ma non ho potuto andare a vederli, tuttavia vi dirò in breve che chi me ne ha riferito ha detto che la loro scaletta ha toccato vari album del repertorio, e che la platea era in visibilio. Si è parlato anche di un bell'allestimento scenico con le tastiere in sospensione tramite dei bracci snodati fuoriusciti dal pavimento.
E veniamo ora ai Paradise Lost. Questi inglesi di Halifax si presentano sul palco in punta di piedi, senza costumi, senza fanfare, iniziando a suonare facendo in modo che sia la musica stessa a comunicare la loro presenza. Multiforme la loro scaletta, come quella dei Das Ich, tesa a ripercorrere le tappe della loro storia che, ricordiamolo, ci fa tornare indietro all'88, quando diedero l'avvio al genere doom/death. Oggi il loro stile è più rifinito e galoppante. Una cosa da dire è che forse sono stati un po' freddini nei confronti del pubblico, diversamente da quasi tutti i gruppi tedeschi, che quest'anno in particolar modo si sono divertiti e commossi dalla risposta del pubblico: ho notato infatti che a più riprese i vari frontman ci hanno tenuto a ribadire la gioia di essere davanti a tale pubblico e a ringraziarlo. E' stato particolarmente bello notare che i musicisti si comportano da esseri umani e non da manichini preconfezionati, è stata proprio una sensazione profonda, non il semplice credere alle parole di un imbonitore su un palco, sincero o meno. Eran contenti davvero e si vedeva.
L'ultimo (degno) gruppo di oggi sono i Subway To Sally, di cui altre volte ho parlato, ma che ricoprono spesso un ruolo importante nella Timetable di questo festival, e poi stavolta meritano una menzione speciale per aver riesumato pezzi antichissimi quali Traum von Tod e Unterm Galgen. Comunque anche loro, facendo parte di quel famoso gruppetto, hanno dedicato buona parte dello spettacolo alla loro ultima recente fatica, Mitgift. Il resto del concerto è stato come sempre accompagnato dai giochi di fuoco sull'avanpalco e dalle movenze non del tutto aggraziate di Eric Fish, occasionalmente dietro ad una arrangiata gabbia post-atomica. Bravi, non mi stancherò mai di seguirli, dal vivo rendono bene.

Domenica 10 Agosto
Come dicevo più sopra, ci sono state innovazioni tecnologiche: le luci sui palchi sono state migliorate e moltiplicate, e sono stati aggiunti dei megaschermi che trasmettevano una sorta di pubblicità progresso, sui dati del festival e sulle misure di sicurezza e d'igiene da mantenere all'interno della manifestazione; ma soprattutto durante i concerti facevano vedere da vicino quello che accadeva sul palco, particolarmente utile nel caso dell'Hangar, che si poteva seguire così anche da fuori, evitando la solita calca dell'interno. Anche l'ecologia ha fatto capolino tra le novità di quest'anno: sono stati istituiti alcuni gabinetti biologici, nei quali oltre ai frutti del nostro nutrimento finivano solamente carta (naturalmente) e trucioli di segatura. Praticamente produzione di compost! Posso giurare sulla assoluta assenza di odori molesti: stavano a 10 metri dalle nostre tende e ce ne siamo accorti dopo 3 giorni, e comunque non col naso!
Ma passiamo alla musica, e ricominciamo il discorso con gli Heimataerde, gruppo electro- industrial tedesco, che anima il cadenzato ritmo delle composizioni con melodie classiche della tradizione medievale. Sono anni che incontro dappertutto il loro nome ma non avevo mai sentito i loro pezzi, perciò mi sono letto la bio ed ho scoperto che (và che caso) nascono da un solo-project, di tale dj Ash. Immaginate il mio stupore quando sul palco entrano 5 grossi individui in usbergo e insegne dei templari! In ogni caso il concerto è molto ben seguito dagli astanti incitati dal leader e dai suoi motti di spirito, che non sempre mi è riuscito di capire. Uno dei loro pezzi in effetti, Gib Mir, lo conoscevo ad orecchio, ed ho scoperto con piacere anche Tief in Dir.
Un altro leader le cui battute non sempre ho colto è stato quello dei Feuerschwanz, inventori del Mittelalter Folk Comedy, un genere improntato alla satira e all'allegria goliardica, anche molto volgare, ma essenzialmente leggera. Basti dire che i componenti del gruppo interpretano dei personaggi inventati che si presume vaghino nel mondo, o meglio di bettola in bettola da 800 anni perchè colpiti dalla maledizione di una strega, e portandosi addosso i panni del loro tempo. Esempi del loro repertorio sono stati Walhalligalli, Hurrà Hurrà die Pest ist da, e Wunsch ist Wunsch. Per chi sa il tedesco, è facile intuire questi doppisensi...
E procediamo oltre con qualcosa di più serio e di più corposo, parlando dei Die Krupps. Questa band nasce nel lontano 1981 e si inserisce tra quei gruppi seminali della scena tedesca quali i Kraftwerk e gli Einstürzende Neubauten, che hanno contribuito alla nascita del genere industrial. A vederli dal vivo si capisce infatti che hanno i loro anni, ma l'energia del frontman è illimitata così come l'impassibilità del tastierista. Bella prova dei vegliardi: hanno fatto saltare tutti quanti per tutto il tempo. E hanno conquistato un nuovo fan nel sottoscritto grazie alle bellissime Robo Sapien, To the Hilt, e Metal Machine Music in cui il cantante prende in mano le bacchette e batte su un metallofono artigianale fatto di grossi tubi d'acciaio. Ce ne fossero...
Dopo di loro il testimone passa ai Faun, ve li ricordate? Il tempo volge al brutto, ma la gente non se ne va: è il segnale che non vuole perdersi un bel concerto. Per fortuna la pioggia è debole e di breve durata, e la band premia l'uditorio con una performance di tutto rispetto. Arie sognanti e suoni dolci e armoniosi ci accompagnano nella simbiosi con la natura, aiutandoci ad attenuare il disagio della pioggia.
E finalmente ci possiamo godere il concerto dei Deine Lakaien! Dico finalmente non perchè gli altri gruppi ci avessero annoiato, ma perchè, finalmente, alla quarta volta che li incontriamo qui, i "nostri lacchè" si presentano NON in acustico, e NON con l'orchestra, ma in versione originale, verace, genuina! Il loro borderò porta tutti i pezzi migliori del loro curriculum, Reincarnation, Over and Done, Dark star, ed inoltre dall'ultimo album, Crystal Palace, i due pezzi Nevermore e Farewell. Ragazzi, la voce di Veljanov dal vivo è sempre un piacere!
E ora, per non tediarvi con le smancerie, inserirò soltanto la scaletta degli In Extremo, tanto chi li conosce capirà dai titoli il tenore del concerto, e gli altri almeno non si annoieranno: Rasend Herz, Zigeunerskat, Vollmond, Feuertaufe, Viva La Vida, Unsichtbar, Gaukler, Liam, Himmel und Hölle, Belladonna, Sängerkrieg, Frei zu sein, Küss mich. I 4 titoli tratti dall'ultimo, Kunstraub, non hanno sfigurato tra gli altri, nonostante siano tutti dei classici.
Ora è la volta dei Covenant, veterani svedesi del 1986. Per loro ho sfruttato il megaschermo all'esterno dell'Hangar Stage, dato che non si poteva entrare, ed è stato un bene: dentro, alle spalle del gruppo le luci del palco erano sparate a mille a intermittenza, ed all'ingresso infatti un cartello avvertiva di fare attenzione per chi fosse suscettibile alle luci di questo tipo. Le più belle hit ci sono tutte: Bullet, We stand Alone, Ritual Noise, Call the Ships to Port e come encore ci hanno proposto il classico dei classici: Dead Stars.

Chiude il festival una delle band più interessanti e spavalde di tutta la scena. Naturalmente parlo da sostenitore, ma secondo me gli And One si meritano quel posto speciale in testa a un festival che gli viene conferito qui. Anche l'altra volta che li ho visti qui erano gli headliner, e nei 7 anni trascorsi da quella volta non hanno perso nulla della loro verve, anzi. Un'ora e mezza di grandi successi a cominciare da Für, fino a Shouts of Joy, letteralmente dalla prima all'ultima. Se avete in mente un greatest hits ideale qui lo abbiamo sentito per intero: So klingt Liebe, Military Fashion Show sopra le altre. Steve è come sempre infaticabile e buffonesco, secondo me fa il verso un po' a Dave Gahan, sospetto fondato, dato che la nascita del gruppo è in parte dovuta alla passione dei due fondatori proprio per i Depeche Mode. Nella setlist figurano ancora la famosissima Sometimes, la bellissima Unter meiner Uniform, la vecchissima Techno Man.
Non sono mai stato al WGT, ma da quel che ho letto finora abbondano colà i gruppi cult, per lo più cupi e catacombali, e molto datati. Qui la situazione è completamente diversa, per cui la percentuale di band commerciali è notevolmente più alta, e così si finisce per incappare in band di stampo un po' stridente, come i Within Temptation e addirittura Marilyn Manson. Ma la gente non sembra mai preoccuparsi della coerenza della musica, le deviazioni parziali sono accettate come anomalie necessarie all'equilibrio, e non sono mai causa di reazioni più violente di un vulcaniano sopracciglio alzato. La tolleranza è la costante del festival, e a noi piace così. MERA!!!