Rivista e Web-zine di musica, cultura, arte e tutto l'universo oscuro

 

LYDIA LUNCH E TEENAGE JESUS AND THE JERKS

20 Maggio 2009, Bologna @
Locomotiv Club

 

testo by Gabrydark
foto by Giancarlo Donatini

Non si può dire che i locali di Bologna non cerchino ultimamente di proporre interessanti iniziative musicali , magari in concomitanza con altri eventi . E’ ciò che è avvenuto al Locomotiv ,un club sorto nel complesso del Dopolavoro ferroviario e che prende il nome dalla antica locomotiva a vapore , esposta davanti all’ingresso . Infatti dal 20/5 al 1 /6 tra questo locale e l’Arena Puccini, originariamente cinema all’aperto, si tiene una rassegna di musica live indipendente e d’avanguardia “Express” in collaborazione con il Bizzarro Film Festival, unico festival in Italia dedicato al cinema erotico, fetish e bizarre d’autore. E chi se non Lydia Lunch, esponente di diritto della scena underground newyorkese negli anni ‘80, simbolo ed icona di una sensualità perversa, tra musica, poesia e cinema, poteva inaugurare un simile evento?
A circa trent’anni di distanza da una sua partecipazione live a Bologna, il suo ritorno è una vera sorpresa, accolta con grande piacere da chi l’aveva seguita negli anni del suo debutto e successo.
La Lydia Lunch ,che arriva sul palco e che negli anni ‘80 era stata soprannominata la pornostrega per la sua forza ammaliatrice , non ha più nulla del fascino giovanile: notevolmente appesantita nel corpo, abbigliata in nero con un abito dal taglio classico appare ben lontana dall’immagine di un tempo! Eppure quando inizia la sua performance torna ad essere la ragazzina ribelle, cantante e chitarrista dei Teenage Jesus And the Jerks, che impose agli esordi la sua spiccata personalità, divenendo la leader del gruppo ed autrice di molti testi. All’improvviso dopo un breve saluto partono note , prive di una qualsiasi forma di linearità e levità, ossessive, in cui l’allucinato batterista accompagna ed in molti momenti sovrasta il suono di chitarre distorte, stridule, dall'energia ancora punk e dalla volontà di vomitare tutto il malessere possibile. La batteria quasi solista di Ian White accompagna il canto o per meglio dire le frasi urlate di Lydia e i suoni jazz di un sax nei pezzi della prima parte dello spettacolo. Lydia attraversa il palco, padroneggiando la scena, tornando ad essere l’eroina della "No Wave". E per non smentire gli abusi di fumo e di alcool, durante le pause, sorseggia whisky e tira qualche boccata da una sigaretta che poi dà ad uno del pubblico. Si susseguono brani di musica punk sconfinanti nelle sonorità del jazz come “Gospel singer” o come “ Kill your sons”, alternati a ballate dark con reminiscenze di chitarre alla Cure, o a suoni psichedelici. Il repertorio spazia ovunque nella produzione di anni di musica sempre diversa, a conferma della straordinaria versatilità e predisposizione al nuovo dell’artista e del gruppo che ora l’accompagna. Lydia appare sempre più rilassata, perfettamente a suo agio con il pubblico che accoglie ogni brano con urla vigorose di gioia, condividendo con i movimenti del corpo la musica, e nel calore del locale privo di qualsiasi condizionatore, sventolandosi con un ventaglio ella si china su alcuni spettatori e li gratifica di alcune sventagliate o li accarezza sulla sommità del capo, tornando ad essere la seduttrice dei tempi passati , forte di una voce ora piena, ora acuta e sorniona, di “Another man comin” o di “Your love dont pay my rent”, ora ansimante e viscerale come in “Bad for Bobby”,che può ancora affrontare ogni genere di sound, basta che sia trasgressivo e sperimentale come quelli che piacciono a lei.
Bellissimo e tristissimo il brano di chiusura “Orphans”…
E purtroppo è giunto anche per noi spettatori il momento di rimanere orfani di uno spettacolo veramente unico che ci ha sconvolti, attratti, catturati nel fascino di una voce sempre diversa, interessante ed originale e usciamo dal locale consapevoli che gli anni per Lydia Lunch sono trascorsi regalandole una maturità interpretativa decisamente unica e straordinaria, magistralmente accompagnata da musicisti come Ian White, James Johnston, Terry Edwards.