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ORKUS DARK FESTIVAL
Milano, Musicdrome, 6 Novembre 2007

Testo by Pinhead

Le notti milanesi si riempiono la bocca di bava dark-electro con parsimonia. La compostezza ha assunto un ruolo importante durante queste serate, difficilmente il ragazzino stordito si aggira per luoghi cupi e sensuali, di alta classe ed eleganza musicale. Lo trovate a trastullarsi di techno nell’ambiente a lui consono, non tra i gotici e romantici personaggi da festival italiano.

Aprono le danze Lola Angst e la chiesa dall’organo infuocato, quel gentile gingillo alto 3 metri che sgorga fuoco in location più spaziose, non nel nostro caso; di certo strumento ad arte per creare suoni semi-industrial su base pompatissima, per così dire tamarra. Ma come detto l’ambiente imponeva rispetto coscienzioso e la conferma arriva con l’esibizione farsa dei Dope Stars Inc, romani boriosi che per nascondere la propria arroganza e le scarse propensioni sonore si aggiravano per il locale leggermente irritati per improbabili difetti organizzativi. In realtà ci stiamo ancora chiedendo perché ad ogni festival spuntino puntualmente loro. L’industrial-metal proposto non convince e non migliora le prestazioni di una band poco edificante, se sono i migliori della scena italiana immaginiamo il resto. Tralasciando quindi certi commenti infelici e cercando di voltare pagina si giunge tra le braccia armoniose di Elena Alice Fossi.
I Kirlian Camera gongolano tra brani vecchi e nuovi senza mai perdere il loro aplomb semi-inglese, in realtà molto mediterraneo grazie alle delicate “forme” di Alice, incantevole delizia per palati dal largo immaginario. Angelo Bergamini ed il suo inseparabile passamontagna scandiscono il tempo tra danzanti brani dal tiepido tepore e durezze limpide dirette da un basso perfetto, non monotono e molto diretto, il solito lavoro certosino della band, inconfondibile ed elegante. La cult-song “Eclipse” eleva gli animi e rincuora i presenti, forse indeboliti da una certa aurea desolante che li aveva accompagnati fin qui. In realtà la maggior parte dei presenti attende la già storica esibizione dei London After Midnight, alla seconda data italiana dopo 11 anni. Sean Brennan stupisce sia per la presenza scenica, in ottima forma che per la sequenza di brani riproposti in chiave moderna, pezzi storici della gothic-metal band americana come “Sacrifice”, “Shatter” e “Spider And Fly”. Piacevoli attimi che si oppongono all’inevitabile pescaggio tra le song recenti del gruppo, certamente non episodi confortanti per il futuro. Se il salto nel passato presentato sotto nuova veste può contribuire ad invaghirci del nuovo che avanza, in realtà i nuovi lavori fanno cascare un po’ le braccia di coloro che per 1 ora si sono agitati giustamente per questo importante ritorno sui palchi. “Violent Acts Of Beauty”, l’ultimo disco appunto, non scuote le interiora, ma le stuzzica importunandole malamente e con scarsa propensione all’eccitazione sottocutanea, dicasi “pelledoca”, dispersa chissà dove nell’attesa di farsi catturare, nuovamente.

Foto by Oflorenz
Foto by Giancarlo Donatini
Foto by Giancarlo Donatini