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LEVINHURST
16 ottobre 2010, Tunnel, Milano

testo e foto by Gianmario Mattacheo

Dopo il favorevole riscontro del precedente tour europeo, i Levinhurst di Lol Tolhurst e Michael Dempsey tornano in Italia per riproporre una serie di concerti.
Per la data odierna, il gruppo di Los Angeles fa tappa al Tunnel di Milano, lo storico locale di Via Sammartini.
Il locale, ricavato all’interno di un magazzino della stazione centrale (e per questo con la caratteristica struttura a tunnel e soffitto a volte), si è affermato a partire dagli anni 90’ come un punto di riferimento di buona parte della musica underground ed alternativa, milanese, ma non solo.
Dopo alcune vicissitudini (molti temevano che non riaprisse più), siamo particolarmente contenti di ritrovare il Tunnel in salute e pronto ad organizzare eventi live di spessore.
La serata non invoglia certo i milanesi a muoversi. Un autentico nubifragio si scatena un po’ su tutto il nord Italia. Risultato? Alle 21.00, quando i Levinhurst salgono sul palco, solo pochissime decine di persone si ritrovano al riparo delle volte del Tunnel.
Inutile dire che i pochi presenti sono fan del gruppo di Robert Smith; quel gruppo che vide, nella primissima formazione, Lol Tolhurst e Michael Dempsey, sessione ritmica anche degli attuali Levinhurst.
Lo schema è quello già ampiamente sperimentato dalla band: Alcune canzoni autografe, intervallate da (parecchie) canzoni dei Cure.
La poca presenza di pubblico non aiuta certo il gruppo a sciogliersi, un po’ in difficoltà nel trovare il giusto ritmo e la determinazione.
A Cindy Levinson, in qualità di cantante, spetta il compito più difficile, dovendo cercare di essere convincente di fronte ad una platea troppo sparuta.
Mentre sul piccolo palco i musicisti cercano la concentrazione per suonare affiatati, spicca tra gli altri un ottimo Eric Bradley alla chitarra, probabilmente il più virtuoso del gruppo.
Sono le cover dei Cure che, ad ogni modo, “salvano” la band e hanno il merito di fare alzare il clima nella sala.
Certo non c’è la voce del padrone, ma la Levinson ci mette tutte le sue capacità ed il risultato è sicuramente apprezzato.
I titoli che meritano una menzione particolare sono ”Play for today” (la prima non autografa ad essere proposta oggi), “Boys don’t cry” e “Jumping someone else’s train” che, nella storia dei Cure, viene ricordato per essere l’ultimo brano inciso da Michael Dempsey, prima dell’arrivo di Simon Gallup.
È molto apprezzata “Subway song”, in cui il gruppo ne fa una rilettura più jazzata (Bradley accenna all’urlo agghiacciante che, nella canzone originale, concludeva il pezzo) e “10.15 Saturday night” (in cui l’assolo finale è lasciato al basso di Dempsey).
“Grinding halt” e “Killing an arab” (ovvero due perle del primissimo repertorio Smithiano) risultano, invece, un po’ più debolucce, se non altro perché l’eleganza della Levinson non riesce ad essere paragonabile alla forza espressiva e all’irruenza che Robert Smith regala on stage. Ma questa non è una sorpresa.
Dopo poco più di un’ora di concerto si chiude (senza bis) l’esibizione dei Levinhurst. Uno spettacolo che poteva offrire anche di più, ma che si è fatto, comunque, apprezzare per la bravura dei protagonisti.