KIRLIAN
CAMERA
Jam
Club, Mestre-Venezia, 24 Aprile 2004
Visione
1:
Erano ormai due settimane che aspettavo
con ansia, eccitazione e curiosità questa data, la data di
presentazione del nuovo cd di Kirlian Camera.
Come di consueto il tutto si è svolto al Jam, club di Mestre
attraverso il quale negli ultimi tempi sono passati e passeranno
gruppi importanti della scena (anche se è un termine a me
non gradito, in quanto amo la musica e non un "genere") "oscura",
grazie all'ottima organizzazione di Emy e company. Al mio
arrivo non posso dire di avere trovato un locale straripante
di gente, a dimostrare per l'ennesima volta quanto in Italia
forse si parli e si scriva troppo di musica senza mai toccarla
con mano dal vivo. Bisogna anche dire ad onor del vero che
A. Bergamini non ha mai riscosso grandi favori in terra nostrana,
ma credo che questo non sia il vero problema. Comunque dopo
tutto ciò arriviamo all'orario d'inizio del concerto, che
si può tranquillamente far risalire al momento in cui Cenerentola
era già ridiventata da un pezzo la povera sorellastra mal
vestita e maltrattata.
I Kirlian Camera si presentano sul palco addirittura in sei,
tutti incappucciati, riuscendo così a catalizzare in pochi
istanti tutti gli occhi presenti all'interno
del locale. Un'immagine molto forte, onirica, pesantemente
angosciante coadiuvata da una musica possente, piena ed orchestrale
che mi paralizza e mi affascina nello stesso
tempo. Si susseguono subito dopo in sequenza diversi brani
dell'ultimo album: "K-pax", "Nefertiti one", "Dead zone in
the sky"... che mi hanno colpito immediatamente per la nuova
veste di KC. Suoni e beats più ambientali, siderali, spaziali,
Kraftwerkiani e meno elettronicamente ricercati, profondi
e cupi degli ultimi due complessi
ed articolati album (per me assolutamente eccezionali). Canzoni
dirette caratterizzate dal ritorno al cantato normale di Angelo
e dalla maggiore centralità della voce di E. Fossi
che testimoniano un cambiamento metafisico-lunare di KC. Il
tutto poi era coadiuvato da un video, ahimè posizionato esattamente
dalla parte opposta del palco, in cui venivano rappresentati
filmati del KGB, CIA... riguardanti l'avvistamento di ufo,
alieni ed eventi paranormali in genere. Fino a questo momento
il concerto è proseguito senza il minimo intoppo, con un pubblico
letteralmente impazzito, tanto che Angelo sembra gradire ed
essere soddisfatto come mai l'avevo visto. Si prosegue pescando
nel passato più lontano con "Eclipse" e "Fields of sunset",
ed in quello più vicino con "Absentee" e "Anti-light". Non
capisco più niente, sono emozionatissimo e travolto da un
insieme di brividi tanto da sentirmi quasi tramortito. Elena
ogni volta che canta mi stupisce per padronanza e qualità
vocali, inoltre anche lei, ormai lanciata dall'entusiasmo,
si cimenta in movenze aggraziate ed affascinanti ipnotizzando
tutti noi in un volo trascendentale. Un applauso infinito
a fine concerto fa risalire sul palco KC, e la soddisfazione
è tanta per Angelo che si toglie addirittura il passamontagna
(l'unico ad averlo tenuto per tutto il concerto). Non vorrei
commentare oltre anche perché la musica ha parlato aldilà
delle persone che l'hanno composta e gentilmente donata a
noi, poveri esseri bisognosi di sogni e speranze, e non importa
se essi siano decadenti e/o positivi, l'importane è che siano.
Un accorato grazie a Kirlian Camera.
( Testo e foto Noctiluca / noctiluca@katamail.com)
Visione
2 :
V’è una zona oscura nell’alto dei cieli, dove si affollano
i ricordi di quel che realmente è stato. Ad alcuni di noi
può capitare di scorgerla, a volte, perduta tra la nebbia
e nascosta agli occhi di Dio stesso. Non tutti hanno questo
dono, comunque, anche se sfrecciando verso il Jam lungo un’autostrada
deserta con nessun’altra compagnia se non quella di un manto
di nubi nere e tempestose illuminato a tratti da lampi lontani,
ci sembra di avvertirne quasi la presenza. Il vento stesso
sembra accanirsi contro gli alberi con inaudita violenza,
quasi volesse sradicarli e condurli con sé in un luogo lontano,
per portarli in salvo prima che un nuovo diluvio universale
si abbatta sul mondo. Non si tratta del prologo di un imprecisato
albo di Dylan
Dog ma semplicemente dell’inizio della nostra traversata verso
Mestre, sotto un nubifragio degno di “The day after tomorrow”
che avrebbe convinto qualsiasi persona dotata di un minimo
di senno a rimanersene a casa propria. Non possiamo però rinunciare
al piacere di assistere alla presentazione del lavoro nuovo
dei Kirlian, e così, sprezzanti del pericolo, ci ritroviamo
a sperare che la nostra auto funzioni anche come mezzo anfibio
mentre continuiamo la nostra corsa verso il Jam, locale che
potrebbe competere per il primo posto in un ipotetico concorso
per il club più sperduto d’Italia. Ci arriviamo comunque abbastanza
facilmente, grazie ad un innato senso dell’orientamento ed
all’esperienza data dai molti vagabondaggi in giro per concerti
(che talvolta sembrano privilegiare location tra le più remote
e fuori mano).
Dopo gli ettolitri ed ettolitri d’acqua che si sono rovesciati
sulla nostra povera macchina, arriviamo in vista del locale,
la cui spoglia e piuttosto anonima costruzione ci appare come
un rifugio caldo ed accogliente. Entriamo, visibilmente sollevati
e felici di ritrovare all’interno amici vicini e lontani che,
in alcuni casi, tentano invano e piuttosto comicamente di
asciugarsi i vestiti zuppi sotto le lampade accese vicino
ai banchetti.
Lo spettacolo infine inizia, dopo un’attesa non eccessivamente
lunga, mentre fuori la pioggia continua ad abbattersi incessante
su ogni cosa. Non riusciamo ad imaginare un’ambientazione
migliore per assistere a questo concerto, e quando le prime
aliene note di “Mission Diary 1 (lunar version)” si spandono
per l’aria il pubblico si mette in ascolto stranamente rapito,
dimentico del solito vociare e dell’esistenza di un
bar interno al locale. La voce di Angelo si stende, calda
e sicura a leggere una sorta di introduzione al viaggio nelle
profondità siderali che stiamo per iniziare, e la base elettronica
minimale ed ossessiva sembra voler riproporre in musica la
tempesta che si abbatte all’esterno. Il recitato si spegne,
la musica si prende un attimo di pausa, quasi i Kirlian si
volessero concedere un ultimo respiro d’aria prima di gettarsi
nello spazio più profondo. Sentiamo salire la tensione nell’aria,
quasi innumeri brevi scariche elettromagnetiche accarezzassero
per brevi attimi ognuno di noi, sino al momento in cui esplode
“Days to come”. Da lì in poi le alchimie musicali di Angelo
ed Elena – e dei giovani Kirlian lì convenuti, Andrea Savelli,
Andrea Fossi, Simone Mulé e Mia Karin – ci trascinano in un
unico lunghissimo viaggio alla scoperta di luoghi lontanissimi
dalla nostra Terra, in una ricerca nello spazio cui corrisponde
una ricerca interiore, quasi la traversata verso le estremità
più remote della galassia non fosse altro che un viaggio alle
radici stesse della vita, e quindi un’indagine sull’esistenza
dell’anima e del divino. Così si inseguono in un compendio
di colori e suoni “K-Pax”, “Recorded Memory” e “Dead zone
in the sky” fino a giungere a “The path of flowers”,
traccia che per le sue sonorità fredde e desolate come il
vento magnetico del Sole e la sua morbida malinconia sembra
essere il cardine attorno a cui tutti i brani precedenti ruotano.
L’Uomo giunge così al cospetto dell’Assoluto e forse questo
non è che l’inizio di un nuovo viaggio. Con fare ancora sperduto
e sognante ci accorgiamo di come la chitarra malinconica di
Simone abbia intonato alcuni accordi. I Kirlian abbandonano
così le profondità dello spazio infinito e tornano sulla Terra,
virando verso i paesaggi acustici descritti da “Fields of
Sunset” e “In the endless rain”, per poi tornare nuovamente
su sonorità sempre più movimentate e d’impatto. Attraverso
“The unreachable ones”, “The desert inside” ed “Eclipse” la
tensione torna a crescere, sempre di più, quasi al fragore
degli elementi che impazzano fuori dal locale corrispondesse
un’uguale energia tellurica racchiusa all’interno della sala,
tant’è che quando la nuova versione di “Erinnerung” raggiunge
il suo culmine, ci aspettiamo quasi di veder crollare il locale.
Nulla di tutto questo succede, ovviamente, ma quando i Kirlian
lasciano il palco ci scopriamo esser incapaci di qualsiasi
altra cosa se non attendere, fiduciosi, un paio di encore.
Il resto del pubblico sembra esser nelle nostre stesse condizioni,
fino a che qualcuno non riesce ad applaudire e a risollevare
gli altri dall’incanto in cui eran caduti. Angelo accoglie
così la richiesta dei suoi fans, ed ecco ancora per qualche
minuto la luce aliena scender sul palco, evocata da una devastante
versione di “Ocean” e dalla finale “Heldenplatz”. Usciamo
dal locale, lo sguardo volto al cielo. Nubi di tempesta continuano
a coprire la notte d’aprile. Ma forse dietro ad esse si nasconde
davvero un luogo ombroso che custodisce i ricordi di ciò che
è realmente stato. Ad occhi chiusi, con ancora la musica che
risuona nella nostra mente, ci sembra quasi di vederne il
cancello. Lassù, perduto nella nebbia, invisibile agli occhi
di Dio.
Testo de: I Lupi di Winhall
Foto
Noctiluca / noctiluca@katamail.com
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