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KILLING
JOKE In Europa per presentare il nuovo album “MMXII”, uscito a meno di due anni dal precedente e validissimo “Absolute Dissent”, Coleman e soci tornano in Italia toccando il capiente e moderno Live Club di Trezzo, locale certamente adeguato per dimensioni e acustica. Al mio arrivo sta ancora suonando il secondo gruppo spalla, di cui ignoro volutamente il nome e la presenza sul palco: il rock che propone è talmente anonimo e fuori luogo rispetto ai big della serata da costituire solo un inconsistente sottofondo. Mi precipito allora al banchetto, sicuro di trovare ancora qualche copia di “MMXII”, che invece non c’è: oltre alle t-shirt di ordinanza appese al muro, sul bancone vedo una parata di feticci in vendita, come le pelli da batteria usate da Paul Ferguson e i plettri di Geordie (stranamente mancavano l’ampolla col sudore di Jaz Coleman o i calzini usati di Youth). Me ne vado perplesso e passo l’attesa salutando a ripetizione vari amici e conoscenti che entrano uno dopo l’altro al Live come ad una cerimonia. Poco prima delle 23 entrano pure i nostri, è forse scontato ricordare che si tratta della formazione originale dei primi tre album (Coleman, Geordie, Martin Glover ‘Youth’, Big Paul Ferguson), tornata insieme nel 2008, più un tastierista. L’inizio è gradito a tutti: l’intramontabile “Requiem”, abbassata di qualche semitono per permettere un’esecuzione dignitosa all’attempato Jaz, il quale si presenta con la consueta tuta larga e l’inconfondibile mimica nevrotica a scatti. Segue un’alternanza di brani tratti da “MMXII” – li trovo malinconicamente abrasivi nel consueto stile KJ e non mi sembrano niente male, il successivo ascolto delle versioni studio me lo confermerà – con quelli del passato più o meno recente, come “Dominator” da “Fire Dances”, “European Super State” da “Absolute Dissent, “Pandemonium” dall’album omonimo, “Asteroid” dal Killing Joke del 2003, giusto per citarne qualcuno. Escluso l’ultimo, il disco più omaggiato rimane comunque l’esordio del 1980: oltre a “Requiem” vengono suonate le classiche “The Wait” e “Wardance”, la strumentale “Bloodsport”, e ci infilano perfino la funkeggiante “Change”, b-side del singolo “Requiem” non presente sull’LP. Il suono della band nell’insieme è molto duro, molto ‘metal’, anche per il repertorio scelto, che tra l’altro dimentica completamente non solo i lavori più leggeri come “Nightime”, “Brighter Than a Thousand Sun” e “Democracy”, ma anche gioielli come “What’s This For…”, “Revelation” ed “Extremities, Dirt…”. Del resto, questo è il tour per promuovere un disco nuovo e attingere a piene mani dai precedenti è impossibile.
Lo show si conclude dopo circa un’ora e mezza – compresa finta uscita
e rientro – lasciandomi nel complesso soddisfatto ma senza grossi
brividi: penso ciò sia dovuto alla selezione dei brani e al sound,
che hanno fatto prevalere l’aspetto ‘fisico’ dei KJ su quello melodico
emozionale. Ad ogni modo, rispetto alla volta precedente che li vidi
– nel 2005 al Rolling Stone di Milano, dove fecero un’ora scarsa,
spompati e con un suono davvero caotico – quello di stasera è stato
un gran concerto, con una band ancora in forma a discapito dell’età.
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