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KILLING JOKE
30 giugno 2005, Milano (Rolling Stone)

testo by Fabio Degiorgi

Sono quasi le 22 quando in un Rolling Stone mediamente pieno ha inizio l’attesissima esibizione milanese dei Killing Joke. Jaz Coleman, con la tipica faccia dipinta, indossa una tuta da ‘prete operaio’, Geordie è composto come sempre, con la sua aria da gentleman distaccato, Paul Raven sembra il membro di una gang della banlieue marsigliese, mentre gli altri due gregari alla batteria e alle tastiere, piuttosto giovani in confronto ai tre ‘anziani’, hanno un’aria decisamente innocua.
Per introdurre il concerto Jaz lancia alcuni ammonimenti sulla situazione socio-politica italiana che, se non fossero già più che palesi, farebbero riflettere seriamente.
Dopo una “Wardance” sottotono ed una “Primitive” caotica al limite dell’irriconoscibile, inizio a preoccuparmi. Ci pensano una buona “Darkness Before Dawn” ed una ipnotica ed accelerata “Frenzy” a farmi illudere che i cinque abbiano finalmente trovato l’assetto giusto. Dico illudere perché tutto il concerto, brevissimo, sarà un alternarsi di pochi buoni momenti (“The Wait”, “Whiteout”, forse “Requiem”), con altri che mi lasciano piuttosto perplesso: i suoni restano troppo spesso confusi e la voce di Coleman sembra stanca e affaticata, mentre non dico nulla di negativo sulla sua tipica presenza scenica, fatta di movimenti convulsi e sguardi da profeta allucinato. Anche la scaletta, che per molti dei presenti è eccelsa, non mi soddisfa pienamente: ho apprezzato i numerosi brani del primo album, ma non ne hanno fatto nemmeno uno dagli ottimi “What’s This For”, “Revelation” ed “Extremities, Dirty, Various Repressed Emotions”. Perfino il “Killing Joke” del 2003, molto apprezzato dai fans, è stato dimenticato totalmente questa sera, con l’eccezione della banale “Asteroid”. Dell’annunciato nuovo album in uscita ad agosto invece hanno fatto poco o niente, nel senso che due brani che non ho riconosciuto potrebbero essere delle anteprime di quel disco, ma considerando la mia stanchezza e la sporcizia del muro di suono, non sono attendibile su questo.
Inutile negare insomma che la loro esibizione al M’Era Luna di Hildesheim di due anni fa l’avevo trovata decisamente migliore, e forse è proprio questo paragone a creare la maggior fonte di delusione ora. Unita allo smacco di sentire un concerto di 50 minuti scarsi, senza gruppo spalla (molti li odiano per principio, ma a volte ci sono delle sorprese interessanti), e non tengo nemmeno conto della mancanza di Jello Biafra come ospite, sulla cui presenza si era fatto un gran polverone ma alla quale non ho mai creduto. I Killing Joke resteranno sempre uno dei miei gruppi preferiti in assoluto, un qualcosa che mi è entrato nel DNA musicale, ma questa sera torno a casa con l’amaro in bocca… l’unica, magra consolazione è che poteva andare addirittura peggio!

Copyright Rosa Selvaggia