Quale è il motivo che vi ha spinto
a ritornare sulle scene?
Nel 2010 la Spittle Records decise di ristampare
materiale inedito di Jeunesse d'Ivoire, Other Side, ecc., quindi
della scena milanese dei primissimi anni '80 (Milano New Wave
1980-83). Per la presentazione della compilation Fred Ventura
ci propose di suonare al Tunnel. Accettammo coinvolgendo al
basso un nuovo componente, Francesco Sindaco, visto il disinteresse
del bassista originario. L'idea era di fare un unico concerto
solo per l'occasione, ma durante le prove con la nuova formazione
ci fu subito chiaro che la scintilla aveva già provocato un
incendio. In poco tempo portammo a termine il primo brano del
nuovo corso, Million Things Are Hung to the Sky.
Come è stato accolto il vostro ritorno?
Molto meglio di quanto ci aspettassimo. Ci rendemmo conto che
i Jeunesse erano nel corso degli anni divenuti un gruppo di
culto degli anni '80. Grazie alla progressiva diffusione di
A Gift of Tears, apparso nella storica compilation di Rockerilla,
Body Section. Il brano da allora è apparso in varie raccolte
tra cui Cold Waves + Minimal Electronics dell'etichetta inglese
Angular, quella dei Bloc Party, fra gli altri. Oltre ad essere
stato trasmesso dalla BBC e commentato in un'intervista dal
fondatore della label . Comunque, è necessario sottolineare
che in realtà non si tratta di un ritorno dei JdI. Non vogliamo
essere una riedizione del passato. La formazione è diversa e
differenti siamo noi stessi, ci piace guardare sempre avanti.
Perciò gli anni '80 sono stati per noi un vago punto di partenza
per parlare del presente, sia dal punto di vista musicale che
da quello del nostro vissuto quotidiano. Pertanto gli Ivories
sono la vita che scorre e i JdI una foto messa ormai nel cassetto
dei ricordi.
In
questi anni avete abbandonato del tutto la musica o avete avuto
altri progetti?
Patrizia ha trascorso un lungo periodo lontana dalle scene,
approfondendo lo studio della voce prima con un corso di canto
alla Civica Scuola Jazz di Milano e poi con la bravissima Beatrice
Volpi lavorando con lei anche sull'espressione corporea . Intorno
al 2008 ha conosciuto Francesco, l'attuale bassista degli Ivories,
con il quale ha collaborato in un gruppo indie-rock che però
non ha mai pubblicato nulla. Danilo dopo l'esperienza Jeunesse
ha cominciato a interessarsi di elettronica e mosso i primi
passi nell'ambito della produzione. Ma l'esigenza di suonare
live e con persone in carne e ossa ha avuto la meglio negli
anni '90 con la fondazione di un progetto in stile punk primigenio
durato 3 anni. Dopo una breve pausa, l'anima sintetica e quella
più aggressiva di matrice chitarristica hanno iniziato a convivere
per poi confluire negli Ivories.
Cosa ricordate della scena alternativa
degli anni '80, quali erano i pregi e quali i difetti, e cosa
ne pensate dell'attuale scena.
Il problema era che una scena alternativa non esisteva proprio.
Persino il termine "alternative" è stato coniato successivamente,
più o meno all'epoca di gruppi come gli Afterhours, una generazione
successiva rispetto alla nostra. Inconsapevolmente siamo stati
dei pionieri, che hanno nel loro piccolo aperto la strada a
chi non si riconosceva nel mainstream. Eravamo figli dell'etica
punk e del Do It Yourself. C'era moltissima ingenuità, idealismo
e soprattutto uno spaventoso deserto culturale in ambito musicale.
Alla fine degli anni '70 in Italia la parola rock era per la
maggior parte dei nostri coetanei ancora un oggetto misterioso.
Erano perlopiù i cantautori a farla da padrone. Coloro che,
come noi, furono tra i primi a scoprire punk e post-punk in
tempo reale fecero quindi un doppio salto, scavalcando musica
leggera e rock tradizionale in un solo colpo. Pertanto i brani
dell'epoca che ascoltiamo oggi risultano ancora più sorprendenti
alla luce di queste considerazioni. Se vogliamo parlare di difetti,
forse si deve menzionare un certo elitarismo, perfettamente
comprensibile considerata la giovane età. Una buona dose di
sterile campanilismo che ha solo contribuito a rafforzare l'isolamento.
Teniamo conto che internet era fantascienza e poco era dato
sapere su quanto accadeva già solo nella propria città. La stampa
musicale attenta alle nuove leve si contava sulle dita di un
palmipede. Pertanto si riusciva a sapere poco di gruppi connazionali
che muovevano i primi passi. Rockerilla fu una delle poche testate
che contribuì a un minimo di diffusione. Comunque ci sarebbe
da scrivere un libro, tanti sono gli argomenti e i fatti da
ricordare.
L'attuale
scena risente della trasformazione che la musica ha subito negli
ultimi 15-20 anni. Internet ha contribuito a diffondere praticamente
gran parte dello scibile umano. La musica è a disposizione di
tutti, perciò chiunque voglia documentarsi può avere un riassunto
di qualsiasi genere. Un'arma a doppio taglio. È purtroppo facile
non riuscire ad assimilare a fondo ciò che si ascolta e scadere
nel didascalico o nel riassuntino di una paginetta. Come al
solito il risultato dipende da quanta personalità è in gioco.
C'è chi si accontenta di imitare i gruppi storici del genere
e chi cerca di andare oltre. La scena non possiamo dire di conoscerla
a fondo. Per quel poco che abbiamo sentito ci sono degli ottimi
esempi di gruppi che tentano di sviluppare una propria voce.
Anche se, in media, l'imitazione, forse dovuta ad un passato
che non si è vissuto in tempo reale, è un pericolo concreto.
In questo panorama gli Ivories sono un caso piuttosto raro e
inedito. La maggior parte dei gruppi del passato che si sono
riformati riesumano il repertorio del passato riproponendolo
nel presente, indipendentemente dal grado di notorietà acquisita.
Per noi sarebbe come una sepoltura da vivi. Gli Ivories sono
come una sorta di esperimento in musica: cosa succederebbe a
musicisti le cui radici affondano in un passato per il quale
il pubblico mostra un rinnovato interesse? Ma soprattutto che
tipo di musica farebbero prendendo a riferimento i primi anni
'80 per rinnovarne il suono alla luce delle esperienze maturate
e delle mutazioni che la musica moderna ha subito nei decenni
successivi? La nostra sfida è tutta qui.
Perchè
si sono sciolti Jeunesse d'Ivoire e Other Side negli anni '80?
In realtà gli Other Side si sono sviluppati attraverso due cambi
di formazione. Inoltre, è dalla seconda incarnazione degli OS
che sono nati i Jeunesse. Negli OS Danilo era il cantante-chitarrista,
che a un certo punto preferì dedicarsi principalmente alla sei
corde. Fu deciso di comune accordo di cercare una cantante:
Patrizia fu la prima e unica scelta. A quel punto il suono virò
maggiormente verso l'elettronica, con l'utilizzo delle prime
drum-machine che intorno all'83 stavano diventando abbordabili.
I Jeunesse si sciolsero quasi per consunzione naturale. Sebbene
un minimo di pubblico stesse iniziando a formarsi, il processo
era ancora troppo lento. Inoltre, la determinazione a perseguire
il canto in lingua in inglese, considerata più consona alle
sonorità del gruppo, non giovò. La stampa musicale stava iniziando
a promuovere una sorta di campagna protezionistica di orgoglio
nazionale. Si diffuse l'idea che l'italiano dovesse essere la
lingua del novo rock nostrano. I Jeunesse guardavano da sempre
oltre confine, cercando un approccio di più ampio respiro. Nel
DNA di tutti noi c'è sempre stata poca musica italiana. Siamo
sempre stati estranei alla cultura dell'appartenenza orgogliosa
al proprio millimetro quadro. In ogni caso non era nostro intento
perseguire qualche tipo di successo commerciale. Il nostro obiettivo
era fare musica di cui essere fieri, esplorare nuovi territori.
Il pezzo più bello era sempre quello che avremmo scritto all'indomani.
Abbiamo sempre guardato al futuro piuttosto che al nostro ombelico,
sia in senso geografico che artistico.
Quali
sono le differenze sostanziali tra i Jeunesse d'Ivoire / Other
Side e gli Ivories?
Si è già detto dei vari cambi di formazione. A livello musicale
gli OS erano più cupi e vicini al post-punk della prima ora.
I Jeunesse, grazie all'entrata di una voce femminile come quella
di Patrizia si sono in un certo senso addolciti, le atmosfere
sono diventate più agro-dolci e distese, a volte sognanti, assorte.
Eravamo cambiati anche noi, definitivamente usciti dall'adolescenza.
Il mondo per quanto ancora problematico ci appariva pieno di
possibilità. Diciamo che un certo candore e una buona dose di
ingenuità ci ha caratterizzato a lungo.
Con gli Ivories questa connotazione è rimasta sottotraccia,
ed è venuta in primo piano una certa disillusione, un sordo
rancore sotterraneo. Siamo oggi come allora sempre in corrispondenza
con i tempi che viviamo, esprimiamo quello che percepiamo intorno
a noi, in qualche modo. Questa è fondamentalmente la risposta
alla domanda che ci è stata posta molte volte dopo la serata
del Tunnel nel 2010 e la conseguente decisione di continuare
insieme a comporre nuovi brani, ossia: "perché avete deciso
di ritornare sulla scena con un nome diverso e con un repertorio
nuovo anziché sfruttare il pizzico di risonanza del marchio
JdI".
Avete
in programma di far uscire un album? Saranno tutti brani nuovi
o conteranno anche i brani dell'EP?
Sì, l'uscita dell'album è prevista intorno alla primavera del
2015. Una gestazione alquanto travagliata, più per motivi di
tempo e impegni personali di ciascuno che altro. Tutti brani
inediti, di cui la metà già piuttosto collaudati dal vivo. Stiamo
espandendo ulteriormente i territori sonori che le nostre rispettive
esperienze e personalità ci consentono. Ci riproponiamo di ignorare
le limitazioni imposte nel live dalla formazione a trio. Perciò
ci saranno anche brani articolati sull'utilizzo di ulteriori
strumenti, o perlomeno basati su stratificazioni sonore.
Le idee sono molteplici e si fa fatica a districarsi nella sovrabbondanza
di materiale.
Abbiamo scartato all'unanimità l'idea di riproporre il materiale
dell'EP, in linea con il nostro principio del procedere sempre
proiettati in avanti. Chi vorrà documentarsi sul materiale passato
potrà farlo acquistando l'EP "In Between" durante i concerti
oppure online su Bandcamp, o i principali siti web come iTunes.
Intervista
pubblicata il 9 Dicembre 2014