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Intervista by Nikita

In attesa del loro live al MILANO WAVE FESTIVAL, che si terrà al TNT club il 26 Dicembre , andiamo ad intervistare la band milanese.

Quale è il motivo che vi ha spinto a ritornare sulle scene?
Nel 2010 la Spittle Records decise di ristampare materiale inedito di Jeunesse d'Ivoire, Other Side, ecc., quindi della scena milanese dei primissimi anni '80 (Milano New Wave 1980-83). Per la presentazione della compilation Fred Ventura ci propose di suonare al Tunnel. Accettammo coinvolgendo al basso un nuovo componente, Francesco Sindaco, visto il disinteresse del bassista originario. L'idea era di fare un unico concerto solo per l'occasione, ma durante le prove con la nuova formazione ci fu subito chiaro che la scintilla aveva già provocato un incendio. In poco tempo portammo a termine il primo brano del nuovo corso, Million Things Are Hung to the Sky.

Come è stato accolto il vostro ritorno?
Molto meglio di quanto ci aspettassimo. Ci rendemmo conto che i Jeunesse erano nel corso degli anni divenuti un gruppo di culto degli anni '80. Grazie alla progressiva diffusione di A Gift of Tears, apparso nella storica compilation di Rockerilla, Body Section. Il brano da allora è apparso in varie raccolte tra cui Cold Waves + Minimal Electronics dell'etichetta inglese Angular, quella dei Bloc Party, fra gli altri. Oltre ad essere stato trasmesso dalla BBC e commentato in un'intervista dal fondatore della label . Comunque, è necessario sottolineare che in realtà non si tratta di un ritorno dei JdI. Non vogliamo essere una riedizione del passato. La formazione è diversa e differenti siamo noi stessi, ci piace guardare sempre avanti. Perciò gli anni '80 sono stati per noi un vago punto di partenza per parlare del presente, sia dal punto di vista musicale che da quello del nostro vissuto quotidiano. Pertanto gli Ivories sono la vita che scorre e i JdI una foto messa ormai nel cassetto dei ricordi.

In questi anni avete abbandonato del tutto la musica o avete avuto altri progetti?
Patrizia ha trascorso un lungo periodo lontana dalle scene, approfondendo lo studio della voce prima con un corso di canto alla Civica Scuola Jazz di Milano e poi con la bravissima Beatrice Volpi lavorando con lei anche sull'espressione corporea . Intorno al 2008 ha conosciuto Francesco, l'attuale bassista degli Ivories, con il quale ha collaborato in un gruppo indie-rock che però non ha mai pubblicato nulla. Danilo dopo l'esperienza Jeunesse ha cominciato a interessarsi di elettronica e mosso i primi passi nell'ambito della produzione. Ma l'esigenza di suonare live e con persone in carne e ossa ha avuto la meglio negli anni '90 con la fondazione di un progetto in stile punk primigenio durato 3 anni. Dopo una breve pausa, l'anima sintetica e quella più aggressiva di matrice chitarristica hanno iniziato a convivere per poi confluire negli Ivories.

Cosa ricordate della scena alternativa degli anni '80, quali erano i pregi e quali i difetti, e cosa ne pensate dell'attuale scena.
Il problema era che una scena alternativa non esisteva proprio. Persino il termine "alternative" è stato coniato successivamente, più o meno all'epoca di gruppi come gli Afterhours, una generazione successiva rispetto alla nostra. Inconsapevolmente siamo stati dei pionieri, che hanno nel loro piccolo aperto la strada a chi non si riconosceva nel mainstream. Eravamo figli dell'etica punk e del Do It Yourself. C'era moltissima ingenuità, idealismo e soprattutto uno spaventoso deserto culturale in ambito musicale.
Alla fine degli anni '70 in Italia la parola rock era per la maggior parte dei nostri coetanei ancora un oggetto misterioso. Erano perlopiù i cantautori a farla da padrone. Coloro che, come noi, furono tra i primi a scoprire punk e post-punk in tempo reale fecero quindi un doppio salto, scavalcando musica leggera e rock tradizionale in un solo colpo. Pertanto i brani dell'epoca che ascoltiamo oggi risultano ancora più sorprendenti alla luce di queste considerazioni. Se vogliamo parlare di difetti, forse si deve menzionare un certo elitarismo, perfettamente comprensibile considerata la giovane età. Una buona dose di sterile campanilismo che ha solo contribuito a rafforzare l'isolamento. Teniamo conto che internet era fantascienza e poco era dato sapere su quanto accadeva già solo nella propria città. La stampa musicale attenta alle nuove leve si contava sulle dita di un palmipede. Pertanto si riusciva a sapere poco di gruppi connazionali che muovevano i primi passi. Rockerilla fu una delle poche testate che contribuì a un minimo di diffusione. Comunque ci sarebbe da scrivere un libro, tanti sono gli argomenti e i fatti da ricordare.

L'attuale scena risente della trasformazione che la musica ha subito negli ultimi 15-20 anni. Internet ha contribuito a diffondere praticamente gran parte dello scibile umano. La musica è a disposizione di tutti, perciò chiunque voglia documentarsi può avere un riassunto di qualsiasi genere. Un'arma a doppio taglio. È purtroppo facile non riuscire ad assimilare a fondo ciò che si ascolta e scadere nel didascalico o nel riassuntino di una paginetta. Come al solito il risultato dipende da quanta personalità è in gioco. C'è chi si accontenta di imitare i gruppi storici del genere e chi cerca di andare oltre. La scena non possiamo dire di conoscerla a fondo. Per quel poco che abbiamo sentito ci sono degli ottimi esempi di gruppi che tentano di sviluppare una propria voce. Anche se, in media, l'imitazione, forse dovuta ad un passato che non si è vissuto in tempo reale, è un pericolo concreto. In questo panorama gli Ivories sono un caso piuttosto raro e inedito. La maggior parte dei gruppi del passato che si sono riformati riesumano il repertorio del passato riproponendolo nel presente, indipendentemente dal grado di notorietà acquisita. Per noi sarebbe come una sepoltura da vivi. Gli Ivories sono come una sorta di esperimento in musica: cosa succederebbe a musicisti le cui radici affondano in un passato per il quale il pubblico mostra un rinnovato interesse? Ma soprattutto che tipo di musica farebbero prendendo a riferimento i primi anni '80 per rinnovarne il suono alla luce delle esperienze maturate e delle mutazioni che la musica moderna ha subito nei decenni successivi? La nostra sfida è tutta qui.

Perchè si sono sciolti Jeunesse d'Ivoire e Other Side negli anni '80?
In realtà gli Other Side si sono sviluppati attraverso due cambi di formazione. Inoltre, è dalla seconda incarnazione degli OS che sono nati i Jeunesse. Negli OS Danilo era il cantante-chitarrista, che a un certo punto preferì dedicarsi principalmente alla sei corde. Fu deciso di comune accordo di cercare una cantante: Patrizia fu la prima e unica scelta. A quel punto il suono virò maggiormente verso l'elettronica, con l'utilizzo delle prime drum-machine che intorno all'83 stavano diventando abbordabili. I Jeunesse si sciolsero quasi per consunzione naturale. Sebbene un minimo di pubblico stesse iniziando a formarsi, il processo era ancora troppo lento. Inoltre, la determinazione a perseguire il canto in lingua in inglese, considerata più consona alle sonorità del gruppo, non giovò. La stampa musicale stava iniziando a promuovere una sorta di campagna protezionistica di orgoglio nazionale. Si diffuse l'idea che l'italiano dovesse essere la lingua del novo rock nostrano. I Jeunesse guardavano da sempre oltre confine, cercando un approccio di più ampio respiro. Nel DNA di tutti noi c'è sempre stata poca musica italiana. Siamo sempre stati estranei alla cultura dell'appartenenza orgogliosa al proprio millimetro quadro. In ogni caso non era nostro intento perseguire qualche tipo di successo commerciale. Il nostro obiettivo era fare musica di cui essere fieri, esplorare nuovi territori. Il pezzo più bello era sempre quello che avremmo scritto all'indomani. Abbiamo sempre guardato al futuro piuttosto che al nostro ombelico, sia in senso geografico che artistico.

Quali sono le differenze sostanziali tra i Jeunesse d'Ivoire / Other Side e gli Ivories?
Si è già detto dei vari cambi di formazione. A livello musicale gli OS erano più cupi e vicini al post-punk della prima ora. I Jeunesse, grazie all'entrata di una voce femminile come quella di Patrizia si sono in un certo senso addolciti, le atmosfere sono diventate più agro-dolci e distese, a volte sognanti, assorte. Eravamo cambiati anche noi, definitivamente usciti dall'adolescenza. Il mondo per quanto ancora problematico ci appariva pieno di possibilità. Diciamo che un certo candore e una buona dose di ingenuità ci ha caratterizzato a lungo.
Con gli Ivories questa connotazione è rimasta sottotraccia, ed è venuta in primo piano una certa disillusione, un sordo rancore sotterraneo. Siamo oggi come allora sempre in corrispondenza con i tempi che viviamo, esprimiamo quello che percepiamo intorno a noi, in qualche modo. Questa è fondamentalmente la risposta alla domanda che ci è stata posta molte volte dopo la serata del Tunnel nel 2010 e la conseguente decisione di continuare insieme a comporre nuovi brani, ossia: "perché avete deciso di ritornare sulla scena con un nome diverso e con un repertorio nuovo anziché sfruttare il pizzico di risonanza del marchio JdI".

Avete in programma di far uscire un album? Saranno tutti brani nuovi o conteranno anche i brani dell'EP?
Sì, l'uscita dell'album è prevista intorno alla primavera del 2015. Una gestazione alquanto travagliata, più per motivi di tempo e impegni personali di ciascuno che altro. Tutti brani inediti, di cui la metà già piuttosto collaudati dal vivo. Stiamo espandendo ulteriormente i territori sonori che le nostre rispettive esperienze e personalità ci consentono. Ci riproponiamo di ignorare le limitazioni imposte nel live dalla formazione a trio. Perciò ci saranno anche brani articolati sull'utilizzo di ulteriori strumenti, o perlomeno basati su stratificazioni sonore.
Le idee sono molteplici e si fa fatica a districarsi nella sovrabbondanza di materiale.
Abbiamo scartato all'unanimità l'idea di riproporre il materiale dell'EP, in linea con il nostro principio del procedere sempre proiettati in avanti. Chi vorrà documentarsi sul materiale passato potrà farlo acquistando l'EP "In Between" durante i concerti oppure online su Bandcamp, o i principali siti web come iTunes.

Intervista pubblicata il 9 Dicembre 2014