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INVERNO DELLA BEFFA

Inverno Della Beffa è un gruppo post-punk / punk / alternative esistito a Novara fra il 1996 e il 2000, con all’attivo due demotapes e un 7” EP. La formazione è sempre stata composta da Lorenzo Burresi, Fabio Degiorgi (fra il 1998 e 2001 anche bassista di Bugo e successivamente di Vidi Aquam e Crash Box) e Francesco Marchetti (successivamente cantante di Officina Finistére).
Nel 2022 il terzetto si è riunito solamente in studio per registrare l’EP "Polline", con nuove versioni di 4 brani composti originariamente fra il 1996 e il 1999: la title-track e "La lingua dell'amante" erano apparsi in una prima e più scarna veste sul primo demotape omonimo del 1997, mentre "Der Prinz" e "Cecenia" sono totalmente inediti.


intervista di Nikita

Come è nato il nome Inverno Della Beffa?
Lorenzo: “Inverni della Beffa” è il nome di una casa farmaceutica. Leggevo distrattamente le confezioni di alcune scatole di medicinali impilate vicino alla televisione di casa. Uno di quei medicinali era prodotto da Inverni della Beffa: mi colpì. Credo siano due cognomi. Trovai che fosse fortemente evocativo delle atmosfere che mi sarebbe piaciuto creare col gruppo. E ci ha dato la possibilità di giocare col cognome Fabio della Beffa, Francesco della Beffa eccetera. Ora che ci penso, non credo siano mai stati usati ufficialmente.

Fabio: Per evitare eventuali problemi di copyright abbiamo poi modificato “inverni” in “inverno”, metaforicamente più adeguato oltretutto.

 Perché, per questo EP, avete scelto proprio "Polline" e "La lingua dell'amante" dal vostro repertorio?
Fabio: Entrambi i brani erano presenti sul nostro primo demotape del 1997, “Polline” è sempre stato fra i nostri “pezzi forti” e maggiormente apprezzati sia dai fans sia da noi stessi, quindi meritava una nuova veste ufficiale, esattamente come era successo per “Fiori blu”, contenuto sul secondo demotape e reinciso per il nostro 7” EP del 1999. Mentre “La lingua dell’amante”, forse il nostro brano più orecchiabile in assoluto, necessitava ancor più di una nuova registrazione maggiormente incalzante, veloce e piena, ispirata alle esecuzioni live, visto che la versione del demotape risultava piuttosto lenta e vuota.

Lorenzo: Se la memoria non mi inganna, “La lingua dell’amante” è nato la prima volta che ci siamo incontrati per suonare insieme. Nacque d’impulso da un mio tentativo imbarazzato di appiccicare due accordi con un senso. Ero completamente impreparato. Parlammo un po’ delle idee che avevamo e quando Fabio disse: “Dai va bene, sentiamo” misi insieme un riff infantile tanto per uscire da quella situazione. Fabio ci costruì sopra immediatamente una canzone con un giro di basso perfettamente compiuto e Francesco trovò il cantato. Meritava quantomeno un po’ di produzione. Ha uno stile alla Jesus and Mary Chain che non si era mai espresso.
“Polline” ha quasi la stessa genia. Pezzi usciti di colpo, immediatamente intonati.

Francesco: “Polline” è scaturita durante un fine settimana di prove in una sala di consiglio di quartiere; a Novara in quel periodo le salette scarseggiavano e ci si arrangiava un po’ dove capitava (la prima sala prove era una stanzetta in una cascina a mezz’ora d’auto da Novara). Il testo è nato di getto, di conseguenza alla musica. “Polline” è potente, tirata. “La lingua dell’amante” piaceva a molti di quelli che l’ascoltavano. Sono brani caratteristici.

Cosa vi ha portato a fare uscire un nuovo lavoro dopo 23 anni di silenzio?
Fabio: In occasione delle feste per il matrimonio di Francesco nel 2017 e per il mio nel 2018 eravamo riusciti a fare delle brevi esibizioni live, che hanno riacceso in noi sentimenti mai sepolti, anche se una vera e propria reunion era impensabile a causa del trasferimento definitivo di Lorenzo in Inghilterra. Fatto sta che nel maggio del 2020, durante una puntata della trasmissione web-radio “Le Altre Voci”, tenuta da Ottavio Chiodo e Daniele Giustra, venne trasmesso “Fiori blu”: l’amico Ottavio, da sempre un cultore degli Inverno Della Beffa e probabilmente colui che più di ogni altro in questi ultimi 20 anni ha mantenuto vivo il nome del gruppo al di fuori della nostra città d’origine e della cerchia di amici, ha scatenato una vera scintilla durante lo scorrimento del brano e ammetto che ci siamo emozionati parecchio tutti e tre. Pochi giorni dopo, appena Lorenzo mi ha detto: “mi piacerebbe registrare decentemente alcuni nostri brani dell’epoca”, la mia risposta di getto è stata “bene, facciamolo!” e Francesco si è dimostrato subito entusiasta dell’idea. Considerando la distanza geografica fra Lorenzo e il resto della band rimasta in Italia, nonché i costi di una totale autoproduzione, ci siamo accordati per un lavoro di breve durata, concreto e realizzabile in tempi non biblici, anche se poi vari fattori hanno fatto slittare di oltre un anno le registrazioni.

Lorenzo: Sottoscrivo quel che ha detto Fabio. Aggiungerei: la possibilità di farlo. Vivo all’estero. Durante la pandemia cambiai lavoro trovandone uno da remoto. Con una scheda audio riesumata riuscii a trovare modi e tempi per dedicarmi al progetto.

Francesco: Aggiungo che quando Fabio mi ha proposto di registrare qualche brano e di farne un progetto mi è sembrato quasi naturale che lo facessimo. Suonare insieme nelle due occasioni è stato piuttosto eccitante.

Parlateci dei due brani inediti. Sono stati composti negli anni '90, vero? Perché li avete pubblicati solo ora?
Fabio: “Cecenia” è stato composto nel 1998 e “Der Prinz” nel 1999, dopo la pubblicazione del 7” “A.D.”, in una breve fase col gruppo ridotto a duo ‘voce-basso distorto-drum machine’, in quanto Lorenzo si era già momentaneamente trasferito nel Inghilterra. Entrambi li avevamo suonati dal vivo qualche volta, ma lo scioglimento degli Inverno Della Beffa nel 2000 non ha dato l’occasione di registrarli per altre pubblicazioni. In realtà di “Der Prinz” esiste una versione demo embrionale, più corta dell’attuale e senza chitarra, rimasta nel cassetto – anzi nell’hard disk – da allora.

Lorenzo: Per colpa mia. Suonavamo “Cecenia” dal vivo e suonava potente. Fabio e Francesco hanno dato vita a “Der Prinz” che io ho desiderato fortemente fosse registrata. Ero pronto a lasciare a loro l’onere di registrarla solo con basso e voce pur di vederla pubblicata.

Francesco: “Der Prinz” è un brano atipico, per le circostanze in cui è nato, per la scelta di un testo in lingua straniera (l’unico che abbia mai scritto), per la soluzione stilistica. Quando è stato composto è rimasto sospeso, in attesa della chitarra di Lorenzo. Questa era un’occasione irrinunciabile per chiudere il cerchio ed è valsa la pena aspettare. Sulla pubblicazione di “Cecenia” non c’è stato alcun dubbio: tra i brani inediti era quello con più potenziale.

Come è stato risuonare insieme dopo tutti questi anni?
Fabio: Sia in occasione delle due brevi esibizioni live descritte sopra, sia durante le rare prove che siamo riusciti a fare prima di entrare in studio di registrazione, l’emozione è stata sempre molto intensa. Al di là dei concerti tenuti nella nostra breve esistenza dal 1996 al 2000, delle poche pubblicazioni – due demotape e un 7” EP - e delle copie vendute, scambiate e diffuse, ogni volta che ci siamo ritrovati a suonare insieme in questi ultimi anni la sensazione è stata quella di avere creato un qualcosa di molto importante, prima di tutto per noi stessi.

Lorenzo: È stato molto bello. Soffro moltissimo di non poter fare qualche uscita live.

Francesco: … com’è stato sempre: molto intenso, familiare.

Cosa avete provato quando vi siete ritrovati alle prese con i brani che avete scelto per l'EP? È stato emozionante suonarli di nuovo? Avete modificato qualcosa rispetto agli originali?
Francesco: L’emozione di suonare i nostri brani è stata da subito parecchio forte. Risentire l’attacco di “Cecenia” mi ha quasi stordito. Scelti i brani, ho voluto lavorare sul testo di “Der Prinz”; con l’aiuto di Andrea, amico da una vita e molto più competente di me nell’uso della lingua tedesca, abbiamo messo mano al testo, conservando lo spirito originario anche nelle ingenuità di alcuni passaggi, ma togliendogli un po’ della trasandatezza che si portava dietro la poetica del brano.

Lorenzo: E’ stato molto bello e difficilissimo. Ho studiato le mie parti sulle basi pilota preparate da Fabio e Francesco, da solo su di un DAW casalingo, sperimentando suoni, passaggi, coloriture e, soprattutto per come piace a me suonare la chitarra, significati. Io ho modificato e aggiunto, avendo avuto totale libertà. Strutture e armonie sono rimaste quasi invariate, ma le chitarre sono cambiate molto. Molte tracce. “Cecenia” ha ‘riff lanci’ che nella versione originale non erano presenti, oltre a un finalino di chitarra. “Polline” ha lanci e dialoghi con la voce che prima non esistevano. “La lingua dell’amante” per suoni e ricami/richiami si avvicina di più a come la immaginavo e come forse mai l’avevo suonata. “Der Prinz” è completamente nuova, visto che non aveva mai avuto una chitarra, come detto pocanzi. In studio ho cercato di risuonare quello che avevo sperimentato leggendo note scritte su fogli A4.

In futuro pensate di realizzare una raccolta, magari in formato digitale, dei brani usciti su Tape?
Fabio: E’ un progetto al quale stiamo pensando, tra l’altro avendo ancora qualche brano inedito da parte (per lo più in registrazioni dal vivo con qualità da bootleg selvaggio) e buone versioni live di brani già pubblicati, si potrebbe valutare una selezione che vada oltre il materiale dei due demotapes.

Lorenzo: E’ un mio grande desiderio. Mi piacerebbe anche rimanipolare i pezzi attraverso un nuovo missaggio, trasformandoli, tagliandoli, aggiungendo nuove tracce e riassemblandoli. Qui però sto spingendo, me ne rendo conto.

Francesco, tu sei l'autore dei testi, di cosa parlano i 4 brani? Quali sono le tue fonti di ispirazione?
Francesco: Per “Polline” e “La lingua dell’amante” la principale suggestione è l’esperienza personale in flusso di pensiero; in “Cecenia” e “Der Prinz” ha spazio la riflessione sulla realtà sociale e politica. In generale è fonte di ispirazione tutto ciò che mi incuriosisce, che preme per una rappresentazione, immagini e pensieri che hanno un’urgenza di traduzione in parole. Per fare un esempio, l’ispirazione per il testo di “Cecenia” è scaturita dalla visione di una celebre fotografia di James Nachtwey. In generale l’immagine è un punto di riferimento ricorrente. Il testo di “Polline” è in parte un collage di immagini suggestive trascritte (Il Cristo di Dalì, un ritratto della Yourcenar, uno scorcio di manifestazione alla Porta di Brandeburgo…).

Quali sono i vostri riferimenti musicali? Sono cambiati o si sono arricchiti in questi anni?
Fabio: Ammetto che i miei riferimenti musicali non sono cambiati molto negli ultimi tre decenni, quelli principali restano il post-punk, la darkwave e il punk delle origini sia inglese sia americano. Purtroppo non riesco a trovare più niente di davvero entusiasmante nelle nuove uscite di qualsiasi genere: la musica commerciale attuale è per me inascoltabile e talmente aliena da farmi rimpiangere addirittura gli anni ’90, quando il grunge, il neo-punk, il metal e il crossover divennero generi da top ten e si era persa la spinta realmente innovativa degli anni ’80, in quel periodo facevo l’oltranzista contro il cosiddetto mainstream alternativo, ma almeno erano band vere che suonavano strumenti veri. Mentre nell’underground odierno e nei generi a me cari sento per lo più una riproposizione seriale di cose già sentite, con produzioni eccellenti, esecuzioni perfette ed impeccabili (miracoli dell’editing digitale?) e sonorità fin troppo uniformi fra loro, a discapito della personalità che avevano i gruppi di un tempo. Per cui vado a ritroso: da anni compro quasi solo dischi del passato che mi ero perso ‘da giovane’ e ho approfondito la conoscenza del kraut rock, del progressive italiano e del garage punk degli anni ’60.

Francesco: Ho sempre avuto ascolti variegati, con una particolare passione per la musica d’autore. Ho iniziato relativamente tardi a nutrirmi del post-punk, ma questo genere (per quanto limitante sia definirlo) è diventato presto il luogo che ho frequentato più a lungo. La dimensione live della musica è stata di ispirazione ugualmente potente. Attualmente sono un ascoltatore pigro caduto nella tela urticante degli algoritmi. Mi è più difficile “scoprire”. Ma la curiosità è intatta: sono ancora affascinato dalla musica d’autore e mi piace assistere a concerti poco frequentati di musicisti italiani bravissimi che ammiro e supporto. Sul piatto del giradischi ci sono spesso Zen Arcade e The Boatman’s Call.

Lorenzo: Se mi chiedi dei miei riferimenti musicali posso dirti che non sono mai cambiati e che sono cambiati completamente. Il riferimento al tal musicista e tal brano può essere sempre lo stesso ma ciò a cui mi riferisco cambia in continuazione. Pochi giorni fa mi è capitato di ascoltare per puro caso “My Favourite Stranger” dei Depeche Mode rimanendo completamente ipnotizzato dagli interventi di chitarra: mi sono sorpreso a pensare: “ecco quello che stavo inseguendo”. In questo caso la risposta alla tua domanda è doppia perché i Depeche Mode non sono mai stati tra i miei ascolti. Quindi cambia sia l’oggetto sia il modo. Ho scoperto di recente che Johnny Ramone ha formato il suo stile suonando a ripetizione “Communication Breakdown” dei Led Zeppelin. Brano che ora comprendo in tutt’altro modo. Chitarristicamente vorrei essere Marc Ribot, il chitarrista di Tom Waits. Suoni provenienti dal nulla, lunghe pause, ritmiche angolari. Durante il tempo passato a fare le chitarre ho ascoltato poco, e di continuo. Oltre a Marc Ribot, gli Stooges di Iggy Pop. Mi piacciono i musicisti di studio degli anni 50, quelli che lavoravano per la Motown o, in Italia, per le band di swing e i musicisti di rock and roll.

Avete in mente di presentare il disco in un concerto?
Lorenzo: Lo sogno ogni tanto.

Francesco: È possibile, sì.

Siete stati attivi 4 anni come I.D.B. qual è la cosa che ricordate con più gioia e che vi è rimasta nel cuore?
Fabio: Non riesco a trovare un evento in particolare che sia rimasto maggiormente di altri nel mio o nel nostro cuore, quindi racconto un episodio fra i tanti che diede molta soddisfazione a tutti noi tre: la recensione decisamente positiva del nostro primo demotape sulla rivista Rumore, nella nota rubrica “Demo-Crazia” tenuta da un severo ma competente Luca Frazzi.
 

Lorenzo: La composizione dei brani, trovare i giri da proporre e lavorare sulle idee che portavano Fabio e Francesco. Provare a pensare quali parole, accordi o suoni potessero rendere (nel senso di restituire) significati. Scrivere i volantini, trovare definizioni e scopi di quello che stavamo facendo.

Francesco: La dimensione del gruppo, non limitata alla musica. È stato un periodo per me ricco di suggestione e ispirazione creativa, un tempo di grande formazione e di importanti legami. Tutto contribuiva a tutto quello che accadeva nel gruppo. Scegliendo un paio di episodi iconici, che mi ricordano quanto ero emozionato e inesperto, ricordo una lunga telefonata di un produttore piuttosto importante interessato a fare un disco con noi (non se ne fece nulla, ovviamente) e un viaggio ad Alessandria per portare il nostro 7” alla Mescal e lasciarne uno ad Emidio Clementi dei Massimo Volume; lui era lì quel giorno e mi fu proposto di conoscerlo e darglielo di persona, ma la mia timidezza era troppo radicata e rifiutai andandomene di corsa.

Tra tutti i brani del vostro repertorio qual è quello a cui siete più legati e perché?
Fabio: Dovendo scegliere un brano solo su tutti credo che sia ancora oggi il lento e ipnotico “Anteguerra” (presente sia sul secondo demotape sia sul 7” “A.D.”), per la sua drammaticità sempre attuale.

Francesco: Tra tutti, direi “Cecenia”, il nostro brano più potente e ficcante. Dal vivo mi ha sempre messo in difficoltà, il cantato era da domare.

Lorenzo: Adesso dico “Terra” perché l’ho risentita da poco e perché ha lo stile che avrei voluto e dovuto perseguire. Credo di aver fallito.

Con questa nuova release gli I.D.B. rinascono oppure è solo un episodio isolato?
Lorenzo: Rinascere, non penso. Forse reincarnarsi.



Contatti: invernodellabeffa@yahoo.com
Pagina web: https://invernodellabeffa.bandcamp.com
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“Polline” è disponibile sia in CD (limitato a 100 copie) sia in formato digitale su: https://invernodellabeffa.bandcamp.com/album/polline

Formazione in “Polline”:
Lorenzo Burresi: chitarre
Fabio Degiorgi (basso, programmazione batteria elettronica)
Francesco Marchetti (voce, programmazione batteria elettronica)

Disco-demo-grafia essenziale:
“Inverno della beffa”, 1997 (demotape)
“98”, 1998 (demotape)
“A.D.”, 1999 (7” EP, autoproduzione)
“Polline”, 2023 (CD/digitale, autoproduzione)