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Una serata al Fano Moonlight Festival
9 Luglio 2010, Fano

testo by Gabrydark
Foto by Giancarlo Donatini

Per il secondo anno consecutivo il sole e la luna dal mare della costa marchigiana hanno illuminato per tre giorni, 8-9-10-luglio, i reading, le mostre, le conferenze, le band, i dj set, gli stand, il pubblico del Fano Moon light Festival. Finalmente una manifestazione italiana indirizzata a promuovere non solo la musica che solitamente si ascolta nei grandi festival nordici , ma anche gruppi che non possono essere inseriti in nessuna corrente precisa!

Nella location, facile da raggiungere dall’autostrada nonostante si lamenti la mancanza di una segnaletica informativa, new wave, dark, punk e le loro ramificazioni contemporanee hanno spadroneggiato sul palco in zona Aeroporto di Fano con l’afflusso di quel popolo “dressed in black” che affolla gli spettacoli dei suddetti generi musicali. Malgrado il desiderio di partecipare a tutte e tre le serate , gli autori del report e delle foto ad esso allegate, hanno per ragioni di forza maggiore partecipato ad una sola serata, quella di venerdì 9 luglio: Ma che serata!

Il programma è così concepito: Red Zebra , Diaframma , Covenant e A Certain ratio, un poker d’assi: bands, che pur essendo datati anni ’80, non hanno perso freschezza e ritmo, tanto da risultare estremamente “giovani” ed attuali nelle loro esibizioni.

Partono abbastanza in orario sulla tabella di marcia, verso le 20, quindi ancora con la luce del sole, Red Zebra, gruppo post punk di musicisti belgi, che hanno suonato nel passato come supporter ai Cure. Le “ zebre rosse “ suonano una dozzina di pezzi dal sound veramente energico con un Peter Slabbynck, vocalist maschio ed aggressivo nella voce, accompagnato con non meno forza da Geert Maertens e Hazy alle chitarre, Sam Claeys al basso, Johan Isselee alla batteria , veramente fondamentali nella resa martellante che caratterizza alcuni brani del loro repertorio come “Orange Agent”o “ Spit on the city” cantata tra il pubblico, che applaude, si agita frenetico nel ballo. Ma una ottima cover di “Transmission” dei Joy Division incorona la performance della band , che bissa due volte per il piacere dei fans. Divertente ed esaltante lo spettacolo che hanno offerto e sicuramente all’altezza della situazione.
Poco dopo si recano sul palco i Diaframma, una delle migliori band della scena wave toscana anni’80, che ha continuato a proporre senza molte novità i brani, che li hanno resi famosi. Infatti aprono il concerto con “Sibe ria” e proseguono con i brani storici del gruppo “Amsterdam", "Neogrigio", "Verde", "Gennaio","Elena", "Ultimo Boulevard", "Effetto Notte", "Diamante Grezzo.". Il leader Federico Fiumani è sicuramente in forma ed interpreta urlando e distorcendo la voce i testi spesso irriverenti delle canzoni o fortemente disturbanti come le parole iniziali di “Mi sento un mostro”. Chiude il concerto, che è senz’altro piaciuto ai fans della band invitando ad acquistare i loro cd con una piccola polemica sulla preponderanza di cd e magliette dei Neon. Ma tant’è , Fiumani è fatto così , non può far a meno di dare prova della sua ironia fiorentina.
Il pubblico sembra a questo punto cambiare: si fanno avanti i dark nella ormai oscura notte, quelli che hanno seguito l’esibizione precedente un po’ in dispart,. e che attendono con ansia quello che io stessa per gusti miei personali, considero il momento clou della serata: la performance dei Covenant. 

Il trio svedese entra anticipato da un suono elettronico alienante, che ricorda i primi pezzi sperimentali degli anni ’90, luci fantasmagoriche rimbalzano sul candido completo pantaloni e giacca, indossato dal leader del gruppo Eskil Simonsson, elegante e carismatico, mentre percorre il palco. La sua voce è calda, rotonda, intensa nelle note più melodiche dei brani che vengono eseguiti dalla band, su basi elettroniche pure dei sinth che lo accompagnano. I ritmi pulsanti della future pop dei Covenant lasciano il posto ad una vena più electro wave in alcuni pezzi tratti dal loro ultimo album ora mitigata, ora esasperata dalla elasticità interpretativa di Eskil . Egli appare in ottima forma ed affronta una decina di brani del repertorio tra cui spiccano “Like tears in rain”, “Staker”, ”Dynamo Clock”, il sound distorto ed alieno di “ Ritual noise”, ammorbidito dal canto e in chiusura, interpretata con gli altri componenti Joakim Montelius e Daniel Myer, “We Stand alone ”, veramente stupenda nell’ossessionante base elettronica in netto contrasto con la voce piena e melodiosa del cantante. Si ascolta rapiti, si danza, ci si emoziona e ci si diverte.
Ultimo gruppo gli A certain ratio, band di Manchester nata anch’essa negli anni ’80. Non nascondo l’ammirazione per la bravura dei musicisti, che si esibiscono in un sound che mescola il funky al rock, ai ritmi sud americani. G

odibili da sentire e sicuramente molto professionali, mescolano passione a virtuosismo e costituiscono un gruppo che non può essere incasellato in correnti precise .Tuttavia, pur riconoscendo che fanno musica con la M maiuscola, mi chiedo cosa ci facciano all’interno di questo festival e mi do anche la risposta: la musica, quando è buona, ci sta e basta e vale sempre la pena di ascoltarla, nonostante i gusti personali possano seguire strade diverse.

La luce argentea ed eterea della luna sfiora il palco e il pubblico dark s’immerge in essa allontanandosi un poco dai troppo variopinti suoni dell’ultima esibizione, con ancora nelle orecchie gli echi di una musica nordica glaciale che guida il popolo amante dell’oscurità verso le siderali plaghe del sogno nell’attesa del prossimo appuntamento!