DIAMANDA
GALAS (18 gennaio 2003, Manifestazione
ArtLive3, Fondazione Sandretto,Torino)
RECENSIONE
CRONISTICA (by Torre)
Nell'ambito del festival "ArtLive3",
nel corso del quale sono state proposte anche mostre e video-proiezioni
sul tema dell'accettazione del "diverso", si è tenuto il concerto
di Diamanda Galas. Organizzata
in una sorta di hangar asettico, la performance si è svolta
su un palco stile "ring di pugilato" occupato solo dal pianoforte
e dalle casse acustiche: come ormai noto, già da anni la Galas
ha deciso di ridurre all'essenziale la scenografia dei suoi
concerti.
Con un ritardo di "soli" 10 minuti (incredibile, se pensiamo
a tutti i problemi organizzativi verificatisi nel corso di
alcuni suoi recenti concerti -come, ad esempio, durante lo
scorso WGT di Lipsia-), Diamanda finalmente si materializza,
in abito rigorosamente nero, davanti ad un pubblico particolarmente
affezionato ed entusiasta (200/300 persone circa, molte delle
quali in piedi per tutta la durata del concerto): tale apparizione
può avere meravigliato non poco coloro che non l'hanno vista
di recente, in quanto è parsa appesantita e il suo volto alquanto
invecchiato. Ben altra fisionomia rispetto a quella di appena
5-6 anni fa, quasi irriconoscibile. Inizia il concerto, e
l'esecuzione del primo brano fa temere ai più: 2 stecche evidenti
fanno aleggiare il sospetto che i miracolosi meccanismi della
sua inestimabile ugola possano aver risentito dell'usura del
tempo. Tranquilli, la Divina doveva soltanto scaldare un po'
la voce... Dal secondo pezzo in avanti (alla fine ne abbiamo
contati all'incirca 16 -2 bis compresi-), la performance diventa
un continuo crescendo di bravura tecnica sino ad andare ben
oltre alla perfezione: infatti la perfezione la possono rasentare
anche altre brave cantanti, ma quello che riesce a fare lei
con la sua voce è unico ed inimitabile! Soltanto quelli di
voi che l'hanno già vista dal vivo possono comprendere ciò
a cui mi sto riferendo, possono capire le emozioni viscerali
che è in grado di generare. Non posso purtroppo darvi molti
ragguagli circa la scaletta proposta, poichè i brani eseguiti
non erano dei più noti, ed oltretutto erano pure alquanto
stravolti... Ho pertanto riconosciuto solo "Baby's insane",
"Artemis" e "I put a spell on you".
Posso comunque affermare che ha eseguito diversi brani inediti
cantati in francese, spagnolo ed italiano, ma praticamente
nulla dei vecchi pezzi che l'hanno resa celebre (niente "Sono
l'Antichristo" o "Double-barrel prayer", tanto per intenderci)
a meno che non li abbia talmente modificati da renderli irriconoscibili...
Questa è d'altronde l'attuale Diamanda Galas, prendere o lasciare.
Due note di colore, infine, e tutte e due alquanto spiacevoli:
la presenza fastidiosa di moltissime mosche che, attratte
dalla luce dei riflettori, continuavano a ronzare attorno
al viso della Serpenta facendo temere che, durante uno dei
suoi interminabili acuti a bocca spalancata, potessero violare
la cavità orale della Divina (anche se le onde sonore da lei
emesse le avrebbero comunque disintegrate all'istante); e
la presenza, ancora più fastidiosa, di Luciana Littizzetto
(e mi auguro che, dopo aver visto all'opera un'artista che
può davvero definirsi tale, abbia avuto la decenza di provare
un po' di vergogna per le cose che solitamente propone).
IMPRESSIONI SULLA POETICA dell' ARTISTA
(by Lee - Aimaproject)
Il concerto inizia con un brano che mette subito a dura prova
l' orecchio di chi si é trovato alla manifestazione e forse
l' ha vista per la prima volta. Il palco e il luogo spoglio
sono presto colmati da una voce profonda ed austera e nel
contempo dolce e malinconica. "Lamentations" che sono monologhi
ai quali si risponde da sé:noi siamo solo coloro che assistono
alla sua introspezione.
Diamanda Galas, evidentemente cresciuta artisticamente ed
umanamente, stravolge con suoni violenti, un blues maledetto,
non espressione del disagio dei "diversi-per-scelta", dei
"maledetti"; ma di quella parte di umanità che soffre per
la sola colpa di essere debole e, per questo, di essere caduta
in qualche irrimediabile disgrazia. "I dedicate this album
to my brothers & sisters, Persons with Aids, who now live
& die in fear." (from "You must be certain of the devil).
Tuttavia non vi sono più invettive verso una divinità insensibile
o rabbia espressa nei confronti di un determinismo ingiusto.
Indubbiamente la sua arte é generata da inquietudine, ma la
riflessione della Galàs sembra sfociare in una sorta di riconoscimento
ed accettazione del dolore. Quello che ci viene proposto é
un blues maledetto, dicevo, un pianoforte indemoniato: i tasti
sembrano impazzire e scovare le sonorità più dure e lugubri,
ma alla ricerca dei suoni c'é sempre lei, artefice di frasi
ripetute, di litanie non più anti-cristiane, ma dannatamente
umane. Dopo brani nei quali si genera un' alta tensione siamo
sorpresi da sonorità inaspettate: il pianoforte diviene allegro
e ritmato. Ci viene proposto anche un brano in spagnolo, molto
sensuale e malinconico. Peccato io non conosca lo spagnolo,per
cui non ho potuto penetrare a fondo nel significato del brano.
Viene eseguito anche un brano in italiano sotto lo sguardo
complice di una Galàs che eviidentemente si sente compresa
sotto tutti gli effetti. Sulla questione "lingua" , Diamanda
Galas ha sempre intrattenuto un rapporto particolare, ma se
in "Litanies of Satan" ella si fa dono del poliglottismo come
voce del male; ora si lancia in una ossessiva preghiera e
sembra voler prendere la voce degli uomini. Dal punto di vista
visivo (una nota negativa sulla posizione infausta del palco
improvvisato che ci faceva ben vedere il pianoforte da sotto...)
come anticipato, il luogo era alquanto spoglio. Lo spot su
di lei di luci colorate, ha proiettato ad intermittenza la
sua ombra, il suo doppio, producendo una sorta di "perturbante",
una presenza oscura tra le presenze tangibili e quelle intangibili
che vengono create dalla sua stessa voce: molteplici voci;
molteplici ombre. Tutto quello che esiste "fuori campo" non
sembra essere meno importante di quello che c'é e di quello
che udiamo. Le luci sul suo volto la rendono soprannaturale
(e forse, chissà, un pò lo é) e nonostante il luogo indegno,
il valore di quella che ritengo una grande artista e persona
umana, si scandisce ad ogni nota.
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