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DEPECHE MODE
@ Stadio San Siro, Milano 18 giugno 2009

Testo by Gianmario

Foto by Silvia

 

È la seconda tappa in Italia per i Depeche Mode, intenti nel proseguire e portare a termine il “Tour of the universe”. E, mai come in questa occasione, è lecito parlare di prova da sostenere per la band di Dave Gahan e Martin Gore.
Sono ormai note le recenti(issime) vicende cliniche del frontman, impegnato nel riprendersi da un tumore maligno alla vescica. A distanza di pochissime settimane dall’operazione, la voce dei Depeche Mode sorprende un po’ tutti e decide di risalire sul palco per proseguire il world tour, ritoccato solamente in pochissime date.
Tra questi rinvii non figuravano l’esibizione di Roma e quella odierna di Milano.
Lo stadio San Siro è l’imponente e, forse, inevitabile cornice per una band che riesce a calamitare l’interesse per ogni uscita discografica e successivamente per ogni tour celebrativo.
Sono, ormai (ma forse lo sono sempre stati), una band capace di piacere proprio a tutti (musica per le masse, anticiparono proprio loro negli anni ottanta), rappresentando l’antitesi del gruppo di nicchia, seguito da un manipolo di fedelissimi. Invece, i Depeche Mode rappresentano una band capace di mettere d’accordo proprio tutti; dagli amanti dell’elettronica, passando per il dark, per arrivare ad un certo rock da grandi arene: il loro è rock totale.
E questa eterogeneità è ben presente allo Stadio San Siro. Si possono osservare gli incravattati della Milano Bene e i ragazzini con le spille da balia e T-shirt nera.
Questo gruppo disparato di persone diventa la cornice vitale di uno stadio che non manca di far registrare il classico “tutto esaurito”. Tutti pronti, insomma, per ascoltare gli hit dei Depeche e verificare come suonino le nuove canzone di “Sounds of the universe”, ultima fatica discografica della band (francamente, un po’ al di sotto delle aspettative).
Puntualissimi, alle ore 21.00 i Depeche Mode salutano il pubblico; posti al centro del palco ci sono Martin Gore, in tenuta argentata, Dave Gahan, con giacca e pantaloni neri e, relegato nelle retrovie, Andy Fletcher.
“In chains” è il pezzo d’apertura dell’ultimo album in studio e, contestualmente, è anche l’apripista per questa esibizione.
Tutto, però, deve ancora decollare; dal pubblico (che, in effetti, è ritardatario e deve ancora colmare gli spazi svuoti del prato di San Siro) agli stessi artisti che sembrano un po’ bloccati.
Ma basta solo una canzone per ripristinare le cose. Il singolo “Wrong” crea subito entusiasmo e Dave Gahan inizia ad esaltarsi dimostrandosi un autentico animale da palcoscenico.
Sulle note dei Depeche Mode, gli ultimi ritardatari si affrettano ad occupare gli spazi vuoti e colmando lo stadio Meazza, creano un suggestivo mare di folla.
Durante l’esibizione dei brani tratti da “Songs of faith and devotion” i DM risultano particolarmente ispirati: “Walking on my shoes” è una delle migliori canzoni di oggi, “A question of time” crea il delirio tra i molti appassionati e “I feel you” è il brano che, più di tutti, scatena ed esalta il frontman.
Dave Gahan inizia la sua esibizione “fisica”; balla in modo sensuale, danza con il microfono e, a petto nudo, si mostra al pubblico con le braccia levate.
Mentre osserviamo Dave Gahan, non possiamo non pensare a quanto il cantante dei DM abbia dovuto affrontare in queste settimane. La sua esibizione odierna è carica di commozione per quanto sia riuscito a fare, e la reazione del pubblico è quella di chi riabbraccia un amico dopo aver temuto di perderlo per sempre.
“Precious” è accolta da un boato, testimoniando come il singolo (e tutto l’album) del 2005 sia già entrato nelle orecchie degli ascoltatori.
Per il consueto spazio lasciato al Martin Gore vocalist, il pubblico risponde in maniera assolutamente adeguata. Il momento del concerto nel quale il microfono passa tra le mani dell’autore di quasi tutte le canzoni dei Depeche Mode è importantissimo per gli equilibri all’interno della band e fondamentale per scongiurare una certa monotonia.
Il boato più assordante si ha per merito del grande successo “Enjoy the silence” (da “Violator”) che, posto a conclusione della prima parte di spettacolo, è in grado di scatenare ed emozionare, mentre “Never let me down again” tiene altissima l’euforia sugli spalti.
I Depeche Mode tornano dopo una breve pausa con l’incantevole “Stripped” (misticismo e grinta a San Siro), e con “Master and servant” i musicisti donano gioie a chi ama le synth pop dei primi anni ottanta.
Manca ancora poco all’epilogo. C’è lo spazio per una azzeccatissima “Strarngelove” e per il grande inno dei Depeche Mode, quella “Personal Jesus” che proprio non riesce ad invecchiare. Tutti in piedi per un brano che cattura e riesce a far ballare la folla oceanica di Milano.
Il finale è tutto per i due protagonisti del marchio Depeche Mode. Martin Gore e Dave Gahan si avvicinano ed intonano “Waiting for the night”; ci sono soltanto le loro voci ed il pubblico per questi minuti di suggestione, scelti per i saluti finali.
Sono le ultime note di un concerto che non ha deluso nessuno.

 

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