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DARK DAY
7 dicembre 2005, Rainbow Club, Milano

testo by Nikita & Fabio Degiorgi
foto by Erzsbeth & Nikita

Per ben due volte l'anno a Milano si organizza questo evento, e se nelle ultime edizioni il programma non è stato proprio entusiasmante, almeno sulla carta, quello di stasera sembra essere il più interessante degli ultimi due anni.
Le prime 4 edizioni si erano svolte al Binario Zero, le restanti al Transilvania Live di Milano, con l'esclusione di una organizzata al Transilvania di Reggio Emilia, questa volta invece tocca allo storico locale milanese Rainbow Club (ex Odissea 2001, qui agli inizi dei '80 si sono esibiti i Bauhaus, Virgin Prunes ed altri gruppi storici dark).
Anche in questa nuova edizione ci sono molteplici stand d'abbigliamento e CD, tra cui non potevamo mancare noi di Rosa Selvaggia, peccato invece che non ci siano più le mostre di giovani artisti presenti soprattutto alle prime edizioni, certamente quelle più vere e vicine alle intenzioni dei primi ideatori.... Pian piano il locale si riempie, e vediamo che la maggior parte dei presenti, come anche nelle ultime edizioni, è qui soprattutto per sfilare e per farsi vedere, come in un piccolo festival di Lipsia, e che quest'anno va molto la moda della gothic lolita supercolorata e priva di quel gusto che fa tanto dark, ma come ho detto, la maggior parte del pubblico sembra più interessato a farsi notare che alla manifestazione musicale.

Passiamo quindi ai concerti: apre questo evento denominato “Dark Day” un gruppo electro-metal (?) italiano, i Dope Stars Inc. Nonostante il loro genere non sia poi molto inerente alla manifestazione, dimostrano di essere molto più bravi tecnicamente dei due nomi altisonanti e blasonati sparati in questa serata per attirare il pubblico. I brani sono tutti uguali e non catturano la nostra attenzione, ma comunque dobbiamo ammettere che fanno bene il loro mestiere ed hanno anche un buon impatto visivo.


Seguono i Klimt 1918, italiani anch’essi, che con il loro ultimo album "Dopoguerra" si sono attirati meritatamene le attenzioni sia del pubblico sia della critica. Il secondo chitarrista è lo stesso dei Dope Stars Inc., anche se il genere proposto è diametralmente opposto, un pop malinconico di classe che all’inizio ci ha magnetizzati. In generale, hanno fatto un’esibizione semplice ed onesta, anche dal punto di vista visivo, peccato che dopo un po’ di brani il nostro coinvolgimento sia andato un po’ svanendo, anche se su disco rendono molto. Ad ogni modo, dei quattro gruppi di questa sera, sono quello che abbiamo preferito, senza ombra di dubbio.


Ed ecco finalmente un gruppo che molti attendevano da anni in Italia: i Nosferatu, i quali hanno il solo merito di aver fatto un paio di singoli degni di nota agli inizi dei '90, quando con la conclusione dei mitici anni '80 erano rimasti pochissimi gruppi in circolazione dediti a sonorità puramente gothic-rock. Attivi dalla fine degli ’80, quando esordirono con la voce femminile di Sapphire, nella loro carriera hanno cambiato ben 23 elementi nella line-up. L'unico superstite è il chitarrista Damien DeVille, ma parad
ossalmente questa sera arrivano sul palco solo tre elementi della band, e manca proprio lui, il perno, infatti Six il bassista lo vediamo alla chitarra, mentre il basso lo suona nei primi brani il vocalist Louis DeWray. Ad un certo punto infatti avviene un non precisato problema tecnico al basso, ed i restanti brani della loro breve performance (mezz’ora scarsa) vengono eseguiti senza, con le basi e delle voci femminili pre-registrate (vergogna!!!). Non che cambi molto in realtà, tutta l’esibizione infatti appare raffazzonata e forzata, ed è un peccato perché la musica non sembra poi male, niente di eccezionale certo, ma comunque godibile e coerente con la manifestazione in cui ci troviamo. È come se davanti a noi si fosse esibita una cover band scalcinata e da oratorio dei Nosferatu, un live deludente da dilettanti adolescenti di parrocchia. Verremo solo dopo a sapere che Damien non è riuscito a salire sul palco perché è stato male. Ma purtroppo per loro, questo show ha avuto solo l'effetto di un boomerang, non so quanti avranno un ricordo positivo di questo storico gruppo inglese.


Chiudono l'angolo dei concerti i Combichrist, duo che ha avuto molte attenzioni dagli amanti dell'EBM negli ultimi tempi. Ai nostri occhi è apparso un ibrido tra un gruppo rap ed uno electro-industrial, le movenze rapper erano degne degli Articolo 31 e la voce era alquanto stonata, mentre tutto l’apparato sonoro usciva da un Macintosh portatile, come avviene spessissimo in questo tipo di musica e affini, quando i “concerti” sono in realtà dei semplici karaoke. Di positivo abbiamo visto solo che molti presenti davanti al palco erano davvero entusiasti.

Terminati i concerti si sono aperte le danze, ma ci è parsa una serata priva di mordente come qualsiasi altra. Comunque il Dark Day sembra oramai rivolto verso questa direzione, per cui si può già immaginare quello che ci aspetterà con le prossime edizioni.

 

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