CURRENT 93
2 Dicembre 2005. Teatro Fondamenta Nuove, Venezia.
Testo
by Devis Granziera
Subito un dubbio: che forse i decembrini concerti veneziani
siano da annoverare tra le ultime live performance dei CURRENT
93? Per chi di voi non lo sapesse David Tibet ha proclamato
“I am no longer who I wasn't” (“Non sono più chi non ero”),
ed a ribadire la sua “conversione sulla via di Damasco” sarà
sua intenzione firmare come “David Michael” tutte le prossime
pubblicazioni future dei “Current 93”. Sempre per coerenza
“cristiana” potrebbe mutare pure la denomizione esplicitamente
crowleyana della CORRENTE 93 con qualche nomea neocatecumenale
più consona con la sua fede. Per questo v’ho esposto il mio
dubbio nelle righe d’apertura. E non siatene così sorpresi,
cari lettori dalle simpatie neo-sataniche, vi ricordo che
questo ex-paladino del Luciferismo già nel 1984, su “Dog Blood
Rising”, s’era inventato un’invocazione cristica vera e propria,
con tanto di “CHRISTUS, CHRISTUS” in latino ripetuto per una
novantatreina di volte almeno! E prima di giudicare vorrei
proprio vedere quanti di voi arrivati alla soglia della cinquantina
(David “ex-Tibet” è nato il 5 marzo del 1958, fate un po’
i vostri conti), se non prima, “metteranno la testa a posto”
e rinnegheranno ogni satanica interperanza del sabato sera!
Veniamo alla serata concertistica di cui vi scrivo, quella
del 02.12.2005, la prima delle tre tenutasi a Venezia, in
un bel teatrino, dalla limitata capienza di non molti più
di 200 posti circa, nell’ambito di un festival, RISONANZE
2005, che per l’organizzazione ha coinvolto un bel po’ po’
di enti pubblici e persone in carne e ossa, tra i quali i
bravi ragazzi di PRE, che fungevano pure da mascherine, ufficio
stampa e security nel foyer.
Maja Elliott, la pianista che insonorizza le ultime registrazioni
dei C93, è stata la prima artista ad esibirsi. Con un vestito
rosso e coi cappelli sciolti, postasi davanti ad un microfono,
propone in una sorta d’invocazione “al paraclito”. Avrà ripetuto
“come to me” almeno novantre volte. Coraggioso, un pezzo di
sola voce, pergiunta carino, ma certamente non al livello
di Diamanda Galas. La signora Elliott si sposta quindi al
piano ed inizia ad intessere delle melodie graziose, un po’
in bilico tra Satie e l’Einaudi nazionalcontemporaneo. Quando
la pianista introduce in buon italiano un pezzo intitolato
“Torino” mi viene da supporre che risieda in pianta stabile
nel nostro bel paese. “Shepherd in the shade” è un altro titolo
che riesco a cogliere dalle sue presentazioni, ma tutto sommato
anche questa canzone ha un che di artefatto, come una sorta
di esercizio di stile. Brava pianista, tecnica molto buona,
ma giusto questo: “solo tecnica”. Non a caso darà il meglio
di sè stessa più tardi nella stessa serata, quando si lascerà
andare a leggeri contrappunti e pesantissimi clusters accompagnando
mr. “ex-Tibet” in una delle sue esuberanti esibizioni.
Subito dopo Baby Dee ha sorpreso il pubblico con
una canzone NATALIZIA! “Natale sta arrivando” ci dice prima
di proporci una inaspettata versione al piano di “Rudolph,
the red-nose reindeer” (“Rudolf, la renna dal naso rosso”)
che nella sua adorabile boccaccia diventa un inno al riconoscimento
ed all’affermazione della “diversità”. Baby Dee è una “ambigua
figura” tra le più caratteristiche di tutto l’entourage dei
Current. Quì si esibisce indossando un clownesco paio di gonne-pantaloni
multicolori, saltando dal piano all’arpa (con accompagnamento
di Joolie Wood al violino e John Contreras al violoncello),
ed una innata naturalezza da cabarettista scafata/o. Una sorta
di vedette da nightclub, cosa che Baby Dee lo sa molto bene,
tant’è che nel botta-e-risposta finale con il pubblico, interpellato
su che brano fosse quello “lor più gradito” per il bis, non
riesce a trattenersi dal sottolineare la calda e divertita
situazione con un esilarante “Damn’ piano bar!”
Non ho conservato i suoi 2 dischi finora pubblicati da Dutro,
“Little Window” e “Love Small Songs”, e ora non vi posso riportare
i titoli delle sue canzoni che parlano di api, uccelli, costernazioni
private, affetti famigliari e amori (poco) corrisposti. Nonostante
una o due imprecisioni tecniche la performance è spassosa,
grandiosa e calorosa come un grosso abbraccio dato da un enorme
orsachiotto natalizio!
Pausa.
I fonici svolgono un veloce soundcheck sulle note di “Popcorn”,
la scoppiettante melodia che ha diffuso la passione per il
moog in tutto il globo, ma niente di elettronico per l’ “orchestrina
Current 93”, composta da Maja Elliott al pianoforte, Baby
Dee all’arpa e fisarmonica, Ben Chasny e Simon Finn alle chitarre,
Julie Wood al violino e flauto dolce, John Contreras al violoncello
ed alla viola elettrica un ambiguo figuro grigio (“il capo
dell’O.T.O.” mi dicono nel foyer, “UNO dei TANTI” ribatto
io, non è certamente una mera faccenda di copyright sugli
scritti di A. Crowley, peraltro ottenuti si-sa-bene-come,
a stabilire l’autorità e l’unità in un ordine frantumato in
decine e decine di “califfati” e sette gnostiche!). Il signor
"I am not what I thought I was; most of all, I am not what
I am" (“io non sono quello che pensavo di essere; sopratutto
non sono ciò che sono” da “Hypnagogue”) sale sul palco con
una lattina di birra in una mano, il quaderno dei testi sull’altro
ed indossando un’improbabile mise di precipuo gusto anglosassone
composta da anfibi, pantaloni alla marinara, una T-shirt verde
di “Aquaman” (un personaggio dei fumetti pubblicati nella
golden age dalla DC Comics) e giacca color tortora. Ha un’aria
un po’ stralunata, un misto tra l’avinazzato ed il predicatore
invasato: in poche parole “un figo”!
La lunare presa del palco viene accompagnata da un diffuso
tappeto di acclamazioni dei suoi fanatici “fedeli”, come in
una sorta di rito religioso da telepredica catodica evangelica.
Posto e aperto il libro su di un leggio davanti, David intona
la prima lettura in una sorte di delirio cristianeggiante
(inti)mistico: “Judas as a black moth” (“Giuda come una nera
falena”).
Segue “Antichrist and Barcodes” (“Anticristo e codici a barra”)
e mentre ascolto questi deliri apocalittici anch’io mi sento
sempre più preso da una sorte di incanto ipnagogico. Ma forse
tale intima commozione è da imputare più al Cognac bevuto
con Stefano Biasin, un performer veneto, mio amico, sedutomi
di fianco, che alla Sindrome di Stendhal!
Eppure devo amettere che i brani dei Current 93 dal vivo mutano,
cambiano forma, prendono una sorta di vita loro nell’intesità,
nelle emozioni e nella DURATA. Canzoni come quelle tratte
da “Soft Black Stars” nell’album sembrano soffocare per la
brevità della performance mentre quì finalmente respirano,
si dispiegano per tutto lo spazio loro necessario. E questo
vale non solo per il repertorio più strettamente melodico,
ma anche per il lato cacofonico dell’esibizione. Uno dei brani
più intensi della serata, con archi, piano e arpa che intessono
uno straziante martellamento percussivo in una sorta di climax
continuo, era “puro rumore” pulsante ed incessante su cui
David urlava: “who will deliver me from this body of death?”
(“chi mi libererà da questo corpo di morte?”).
Le altre canzoni che si sono susseguite in una sorta di moto
browniano. E’ così vitale la forza delle liriche davidiane
che lo stesso performer, giunto quasi a metà performance,
confonde il testo di “Larkspur And Lazarus” con “Signs in
the stars”, quasi che le parole vogliano vivere di vita propria
e ridurre il dicente solo a “medium” per chi ascolta. O forse,
al di là di tutta la poesia, il pasticcio sarà stato causato
più semplicemente da un mero inciampo etilico su cui è scivolato
il cantautore britannico... Lascio il giudizio all’ “ermeneutica
filosofico-alchemica” ... E poi molto altro, tra cui anticipi
di quel che comparirà sul preannuciato “BLACK SHIPS ATE THE
SKY”.
E’ appena terminata una performance lunga e bella già così,
“di suo”, ma ecco che David, ritorna sul palco. In uno scritto,
poco tempo fa, aveva affermato di non volere avere più niente
a che fare con il repertorio precedente a Thunder Perfect
Mind (cito testualmente da una sua newsletter: “I state categorically
for my sake, and your information, that no recordings made
either by "David Tibet" or any of his several pseudonyms,
both in Current 93 and all/any of the other groups with which
he was associated before THUNDER PERFECT MIND, were, in fact,
by a true me” ), eppure ecco, per felice contraddizione, che
come bis propone “Alone”, da “Imperium”.
Le canzoni sembrano avere vita propria, tant’è che a torso
nudo e senza scarpe David, una sorta “born-again-christian
delle origini”, concluderà la sua TERZA (!!!) uscita con “Oh
Coal Black Smith”, canzone tratta da “Swastikas for Noddy”,
album da satanasso del 1987, canzone per “folletti” (“pixie”)
saltellanti. Eppure nonostante che il nostalgico refrain mi
riecheggi nelle trombe d’Eustachio (“nasty husky dusky musty
coal black smith, a maiden will i die”), nonostante le immagini
ancora nitide stampigliate sulle retine di David che cantando
mima anatre, lepri e segugi (“ then she became a duck, a duck
all on the stream, and he became a water dog ... then she
became a hare, a hare all on the plain, and he became a greyhound
dog”) me ne torno a casa perplesso.
Mi è piaciuto questa sorta di “concerto da cameretta con orchestrina”
di otto elementi, me la sono goduta la performance teatrale
di “ex-Tibet”, mi ha divertito addirittura l’incasinamento
delle strane canzoni che vogliono cantare da sole, ma sono
perplesso. Non è da me tranciare giudizi definitivi, anzi
quì, per il britannico, voglio sospendere ogni giudizio e
serbarmi queste perplessità fino al prossimo capitolo del
“libro della rivelazione davidica”. A voi, cari lettori, se
non siete del tutto scevri da letture di filosofia, ed occultismo,
vi rimando all’ “ermeneutica filosofico-alchemica” di cui
prima (detto in parole meno altisonanti “quello che per alcuni
è merda per altri è oro”).
RINGRAZIO CON TUTTO IL CUORE GIANNI PER AVER CORRETTO I MACROSCOPICI
ERRORI RIPORTATI NELLA PRIMA STESURA DI QUESTE MIE RIGHE E
PER AVERCI FORNITO LA SCALETTA PROPOSTA DAI CURRENT 93 IN
TALE SERATA:
Judas
As Black Moth
Time Of Last Persecution
Antichrist And Barcodes
Sunset
Black Ships Ate The Sky
Signs In The Stars
Tortoise
Niemanswasser
Larkspur And Lazarus
Good Morning Great Moloch
Calling For Vanished Faces 2
Monkey Paw
Whilst The Night Rejoices Profound And Still
1
Encore:
Alone
A Sadness Song
2Encore:
Coal Black Smith
PS:
Foto by Nikita (concerto di Torino del 24/09/04))