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The CURE
live @ Mediolanium Forum, Assago (MI), 4 novembre 2022

testo e foto di Gianmario Mattacheo

Per l’ultimo concerto della sessione italiana, ci ritroviamo al Forum di Assago, il più celebre palazzetto dello sport milanese e luogo in cui i Cure si sono esibiti già sei volte.
Quando siamo quasi alla metà del tour, l’energia è ancora alta e le prestazioni non risentono minimamente degli sforzi che gli artisti stanno ponendo in essere da quel sei ottobre, giorno del battesimo di Riga, in Lettonia.

I Twilight sad sono accolti con sempre entusiasmo dal pubblico dei Cure e loro, per contro, non mancano di ringraziare ed esaltare la band di Crawley a fine esibizione, un po’ per giusta devozione e un po’ (tanto) per riconoscenza.
Finito l’ultimo “Enjoy the Cure”, pronunciato dal cantante James Graham, i tecnici preparano il palco agli headliner, mentre non mancano applausi al più celebre dei roadie, quell’Eden Gallup, figlio di cotanto bassista, e ormai quasi il “settimo” Cure della formazione.


Con l’immancabile tenuta xxl (nera ovviamente), Robert Smith e la sua cura partono con l’intro di “Alone”, pronti anche stasera ad una maratona di 27 canzoni.
Il magnetismo di Robert Smith è assodato, e lo è da quando decise di essere lui il cantante e il leader di quel gruppo a fine anni ‘70 (allora Easy Cure), dopo l’insoddisfazione per i vari cantanti in prova al microfono. Da quel momento ogni cosa che riguardasse i Cure doveva necessariamente passare da lui, condicio sine qua non per licenziare qualsivoglia produzione con quell’etichetta. E tale leadership la si può vedere ancor più nettamente sul palco; è lui il centro, il fulcro e il motore del meccanismo, un congegno capace di funzionare solo se lui funziona. Ebbene queste doti negli oltre quarant’anni di carriera si sono, se possibile, ancora accentuate, tanto che oggi siamo di fronte al solito leader ma, ci viene da dire, ancora più grande, perché carico di quel valore aggiunto che solo la sicurezza e consapevolezza nei propri mezzi riescono a dare.
Uno dei momenti più alti si ha, manco a dirlo, con l’accoppiata di “Seventeen seconds”, quando, una dietro l’altra, si apprezzano “Play for today” e “A forest”. Rimanendo su quell’album che aprì la decade ’80, in precedenza la band aveva saputo offrire una magistrale interpretazione di “At night”, canzone accompagnata dallo stesso sfondo notturno già utilizzato per “Alone”.
Oggi i fan italiani hanno anche avuto il regalo di una nuova anteprima (siamo a cinque inediti con questa) che Robert Smith annuncia chiamarsi “A fragile thing”. Troppo difficile esprimermi sul pezzo (spero di avere maggior orecchio con le prossime esibizioni), ma il primo impatto, tuttavia, non sembra essere così mortifero come le altre “nuove”, cominciando da quella “Alone” con cui si aprono gli spettacoli o alla sentitissima “And nothing is forever”; insomma, non si boccia, ma si rimanda … a novembre, in questo caso.
Il primo rientro rappresenta la vetta più alta della serata. Prima il maxischermo proietta le immagini della Bolton Abbey, mentre ci sentiamo di andare via “Con nient’altro che la fede”, poi “Disintegration” chiude impegnando come non mai l’ugola del nostro … “How the end always is”.
Dopo gli encore festaioli, “Boys don’t cry” ha l’onere di raccogliere  tutte le emozioni della serata, mentre il palazzetto milanese si trasforma un gigantesco Karaoke.
La strada per Londra è ancora lunga, ma il cammino non è mai stato così brillante.