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The CURE
live @ Mandela Forum – Firenze, 01 novembre 2022

Testo e foto di Gianmario Mattacheo

Con la peggior organizzazione nella storia degli eventi live, i Cure hanno in programma il secondo concerto italiano di questo “Shows of the lost world tour”.
Nel relativamente contenuto palazzetto dello sport toscano, i possessori del biglietto sono costretti a una coda infinita che si snoda su tutto l’ampio parcheggio, con la conseguenza che i Twilight sad suonano praticamente davanti a poche decine di persone, in quanto un unico ingresso è previsto per l’entrata di tutti i settori.
Quando finalmente si entra nel Mandela Forum, manca poco alla performance degli headliner. Un suggestivo cielo stellato, proiettato sul maxischermo, anticipa le note di “Alone”, un accompagnamento assolutamente in sintonia con le struggenti liriche scritte da Robert Smith.
Con “Pictures of you” continua quel siparietto tra Smith e Gallup, vecchio di 33 anni, ma capace di emozionare esattamente come allora; i due si avvicinano, restando praticamente appiccicati e mentre si guardano negli occhi con complicità, noi non possiamo che fermare il tempo e goderci la scena: click.
I due titoli che oggi mi piace citare sono l’accoppiata “Charlotte sometimes” e “Hanging garden”, presentate una di seguito all’altra. Nella prima le tastiere di O’Donnell sono il motore del pezzo, e nella seconda i tamburi di Cooper seguono come un’ombra la voce del leader.
“Endsong” per tutto il tour è la scelta con la quale il gruppo decide di concludere il mainset. È un brano che cattura sempre più, con un avvio caratterizzato dal dialogo tra le note acute della chitarra di Smith, i volteggi di O’Donnell e i colpi sulle pelli di Cooper. Quando entra anche la voce, il sound tende ad inasprirsi con feedback su un tappeto di tastiere; momento ideale per mettere il primo punto alla serata.
Esattamente come per il concerto bolognese, il rientro on stage vede la nuova “I can never say goodbye”, “Faith” e “A forest”. Ma se “Faith” è vissuta quasi come un momento tantrico, in cui il popolo dei Cure rimane praticamente in trance, con “A forest” ci si desta, si balla, si battono le mani … ancora, ancora e ancora.
E, mentre gli encore finali non spostano di una virgola la tradizionale festa, si chiude un concerto per il quale occorre ridisegnare i confini della parola perfezione.