HEINEKEN JAMMIN’ FESTIVAL
19
Giugno 2004, Imola (BO), Autodromo
Finalmente
incominciano i festival estivi. Tutti fuori da quelle piccole
grottine che sono i club fumosi dove si incontrano sempre
le stesse facce di tristi e decadenti dark senza animo e senza
cervello. Non è un attacco ma un rimprovero. E perché? Perché
il piccolo popolino si fa distinguere come sempre nel bene
e nel male dal resto della massa di freakettoni (tra i quali
mi permetto di inserire i rasta, bongari vari, cannati, punkabestia...),
metallari, jazzisti, postrocker... Nel bene perché si fanno
notare per le loro meravigliose capigliature (c’era una tipa
con una penna di fagiano in testa e vestita, di nero ovviamente,
da comparsa di un film in costume di metà ‘800. Grandioso!),
l’abbigliamento curatissimo e la camminata leggera e affabile
(più o meno la solita sfilata che ci becchiamo nei club ogni
sabato con la differenza che qui c’è una platea molto più
ampia). Tutto questo può essere positivo... ma a volte si
cade nel ridicolo, sì perché stare per oltre 10 ore sotto
un sole che non ha graziato nessuno vestiti in quel modo (di
nero soprattutto, che genii!), senza togliersi nemmeno uno
dei mille 'aggeggini', rendevano le varie principessine e
principi dell’oscurità oggetto di osservazione e fors’anche
di derisione. Risultato, ho visto a metà del pomeriggio molte
ragazze sciogliersi sotto i raggi della potente luce solare
(forse troppa per noi popolo oscuro... il nostro vero male...
ah ah!) piuttosto che liberarsi della 'maschera' che li copriva
dal mondo reale. RIDICOLI.
Bè, veniamo a me. Al mio arrivo per fortuna i DELTA V avevano
già suonato, perciò adesso in sequenza ci dovevamo aspettare
THE CALLING e STARSAILOR. Due band delle quali la mia conoscenza
è piuttosto labile, ma sulle quali posso anche spendere due
parole per quanto facciano parte di quello STAR e BUSINESS
SYSTEM industrial musicale che tanto odio.
I primi come previsto si comportano da veri divi e in particolare
il cantante, che comunque ha dalla sua una buona capacità
vocale (cosa che molti dark singer trascurano un po’ troppo).
Molte giovani ragazzine assatanate seguono con le bave alla
bocca tutte le movenze del sopra citato divo che di certo
non si risparmia sculettate, baci e quant’altro la sua 'posizione'
di star gli concedeva. INDIFFERENTI.
Gli
STARSAILOR, a differenza dei precedenti, sono una band che
proprio alle prime armi non è, e questo traspare chiaramente.
Movenze aggraziate, meno divismo, più musica, più interazione
con il pubblico e fondamentalmente più umiltà. Insomma dimostrano
con il loro buon brit-rock di saper calcare con tranquillità
e coscienza un palco di 80 metri di larghezza e di sapere
dentro di loro che quasi nessuno era venuto lì per vederli.
Una buona prestazione. PIACEVOLE.
Colgo
l’occasione del cambio palco per rinfrescarmi e vedere la
stupenda zona chill-out. Nebulizzatori di acqua profumata,
massaggi (gratuiti), incensi, un cd preparato non so da quale
università da ascoltare in cuffia ad occhi chiusi, seduti
e possibilmente a mente libera, percussionisti brasiliani
(erano solo in 18!!) che trascinavano un po’ tutti in questa
danza tribale-trascendentale e spensierata, per i più idioti
c’erano poi anche le 'maestrine' di fitness (in assoluto le
meno gettonate) e molto molto altro.
Purtroppo il tempo e stringe ed è tiranno, perciò ritorniamo
velocemente verso la zona concerti in attesa di PJ
HARVEY. Polly non si fa di certo attendere e appare
con un bel vestitino giallo e un paio di scarpette rosa. Un
vero colpo nell’occhio. Non sapevo cosa aspettarmi da questa
esile, magra ex amante di Nick Cave, perciò mi lascio tranquillamente
cullare dalle melodie talvolta grezze ed abrasive, talvolta
falsamente docili e melodiche delle sue corde vocali. E' supportata
da tre bei ragazzotti (mica tanto giovani) che non esito a
dire essere superlativi e dei grandi professionisti, vista
la grande scioltezza con cui si sono amalgamati con Polly
ed il pubblico, dei veri animali da palco.
PJ dal canto suo ci regala una prestazione discreta, nascosta
e forse un po’ timida ma comunque dall’elevata qualità canora.
Non tiene in modo adeguato il palco, ma si sa come vanno questi
festival... per loro è un lavoro che si ripete ogni due giorni
in una città, in un paese diverso e suonare alle 17:30 di
fronte ad un pubblico non foltissimo e accaldato di certo
non aiuta. Interessanti revival da "Rid of me" e qualche puntatina
all’ultimo disco ma le canzoni che più hanno infiammato sono
quelle più famose, "A Perfect day Elise" e "Down by the water".
GODIBILE.
Il
caldo si fa sentire anche per me, meticcio terrone, perciò
l’esigenza di rinfrescarsi è d’obbligo e assolutamente necessaria.
Doccia sotto gli idranti, birra, un po’ d’acqua, nonché un
buon panino grondante delle peggiori nefandezze distruttive
per ogni stomaco sono l’unica soluzione.
La gente comincia ad essere già stanca ma appena i PIXIES
salgono sul
palco tutti sembriamo un po’ rivitalizzati, forse aiutati
anche dalla presenza di una nuvola passeggera. Era dall’inizio
degli anni ’90 cha non sentivo più parlare di questa band
e mai avrei pensato di vederli, ma evidentemente basta che
qualcuno (B. Molko dei Placebo) parli bene di una band alla
quale si è ispirato per ritirare su baracca e burattini. Non
è una critica al gruppo ma al music business che sfrutta tutto
e tutti, e i musicisti sono solo delle pedine da spostare,
spremere e distruggere.
Suoni duri, sporchi, ruvidi, pochi fronzoli ed è subito il
post-punk malinconico di Black Francis e soci che ci consente
di muovere per la prima volta il nostro nobile quanto infame
fondoschiena.
Direi che la band, per quanto abbia una carica musicale molto
movimentata, sul palco non riesce a comunicare tale energia
preferendo piuttosto la staticità al movimento e la non comunicatività,
non lasciandoci nemmeno il tempo di respirare tra una canzone
e l’altra, quasi avessero fretta di finire.
Il pubblico non se ne accorge come non si accorge degli innumerevoli
errori compiuti e canta, canta e canta ancora.
Un coro incredibile, inaspettato, enorme e bellissimo in canzoni
come "Debaser", "La la love you" o "Monkey gone to heaven"
e molte altre che finalmente mi danno l’impressione di essere
ad un grande festival. Purtroppo però la band, con la stessa
freddezza con cui è salita sul palco, se ne va tra le urla
eccitate di un pubblico in delirio e un po’ attonito. VECCHIE
GLORIE.
Bene,
a questo punto ne approfitto per una lunga pausa che avrà
come sottofondo musicale BEN HARPER.
Un artista la cui musica non mi è mai piaciuta e tutt’oggi
mi domando cosa c'entrasse con tutte le altre band in scaletta.
Comunque colgo l’occasione per conoscere dei ragazzi di Lecco,
se non ricordo male, che a sorpresa mi parlano di dark party
nel milanese e cosa viene fuori? Che secondo loro il nostro
boss Nikita è il migliore dj di tutto l’hinterland milanese.
Un grande complimento, vuol dire che prima o poi verrò da
quelle parti a sentirti. Chiusa la parentesi 'pubblicitaria'
vorrei spendere le ultime parole su Ben Harper che, per quanto
sia a tratti troppo reggae (un genere che odio...), devo ammettere,
ahimè, che probabilmente è stato il migliore della serata
in quanto ha dimostrato di avere tutte le caratteristiche
per essere una vera grande star: grande capacità di interagire
con il pubblico, spettacolo nello spettacolo sul palco e grandissimi
musicisti. ECCEZIONALE.
Finalmente
dopo un’estenuante attesa durata quasi 8 ore arrivano THE
CURE.
Tutto il popolino oscuro si accalca, freme, si eccita e finalmente
urla quando Robert Smith, con passo lento e morbido, calca
l’enorme palco. Neanche un ciao e subito "la Cura" ci propone
un pezzo nuovo straziante, desolante e decisamente
lento, forse anche un po’ troppo per iniziare un concerto
davanti a più di 35000 persone.
I pezzi nuovi fanno denotare una struttura compositiva diversa
dal passato e noioso "Bloodflowers" (per fortuna), strutture
decisamente più rock che idealmente mi hanno fatto
ricordare "Kiss me kiss me" però in una versione più
moderna e ricercata. Canzoni lente e soffici che crescono
tra colori purpurei macchiati di nero per sfociare in chitarre
meno arpeggiate e ritmiche più
presenti e possenti. Credo ascolterò molto volentieri
il loro nuovo lavoro. Ahimè dopo un pò quasi
tutti, amici e non, cominciano ad accusare la stanchezza della
giornata e lentamente ci spegniamo in un silenzio direi quasi
imbarazzante limitandoci semplicemente all'ascolto.
Robert e company non aiutano il pubblico. Infatti lo spettinato
e triste (e anche dimagrito) Smith non proferisce parola,
elargisce solo qualche sorriso come se fosse un bambino che
va per la prima volta a scuola, le canzoni si susseguono (come
per i Pixies) una dietro l'altra senza nessuno stacco, il
tastierista è un monolite di tristezza (mi faceva quasi
pena), non c'è nessuna proiezione video se non quella
live, il resto della band è quasi inesistente, tranne
forse il bassista che cerca in qualche modo di farci capire
che c'è, tutto questo per dire che non c'è PALCO
ed il pubblico lo capisce, si annoia e forse non vede l'ora
che il concerto finisca, vista l'enorme stanchezza. Per fortuna
riusciamo a resuscitare quando vengono proposte "A forest"
(come bis) in una versione che non mi ha colpito, "Disintegration",
"One Hundred Years","Pictures of you", e non molte altre.
Il concerto scivola via piuttosto sotto voce senza un vero
acuto che avrei voluto, e che credo avrei dovuto pretendere
da una band di questo calibro. Dopo un paio di bis prima dei
quali Robert a pronunciato le uniche parole della serata:
"Questo è il primo concerto dell'estate", e un paio
d'ore si chiude, per quanto mi riguarda in modo impietoso,
il sipario su tutta la band. Ben inteso non ci sono stati
errori, l'audio era buono forse ottimo, Robert ha raggiunto
delle tonalità che mai mi sarei aspettato riuscisse
ancora a tenere (superlativo e sbalorditivo) ma è mancato
tutto il resto.
Francamente mi sembrava di essere in poltrona a casa a guardarmi
i CURE in videocassetta o di ascoltare molto più semplicemente
un loro cd, da quanto tutto ero perfetto. Forse il 75% delle
persone vi dirà che è stato fantastico (io gli
chiederei cosa sono abituati a vedere di solito, forse i molto
spesso penosi concerti nei club?) ma io sono per il 25% dubbioso
e deluso. Si deluso perchè ho già visto più
di qualche vecchietto sul palco nella mia breve vita: Bowie;
Einsturzende Neubauten; Metallica (anche se è un genere
non vicino a queste sonorità ma a maggior ragione allora);
Iggy Pop (anche se qualche anno fa); Deep Purple... insomma
grandi musicisti e grandi star del passato-presente che mi
hanno letteralmente stupito, e dei quali ricorderò
sempre con enorme felicità la possibilità di
averli visti e perchè no di rivederli. Bene credo invece
con i CURE di aver chiuso per sempre, due volte mi sono bastate
ed entrambi deludenti. Infine leggendo questa recensione,
se qualcuno è arrivato fino qua sotto, sembra quasi
che i gruppi migliori sulla carta siano stati i peggiori,
ma io dico che dai migliori ci si deve aspettare di più
del gruppetto che ha suonato alle 14 o no?? Fate i vostri
conti.
Usando la condizionale che era un festival VOTO 6.
testo by Noctiluca, noctiluca-@lycos.it