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VIII CONGRESSO POST INDUSTRIALE
OLD EUROPA CAFE

30 aprile 2011 @ REVOLVER Club, San Donà di Piave (VE)

 

testo: Oflorenz e MB/06

foto: Oflorenz

 

Arrivato ormai all'ottava edizione, segno di qualcosa che una volta tanto funziona in Italia nell'ambito della musica industriale, quest'anno il congresso si sposta in Veneto a San Donà di Piave dopo i fasti pratesi del Siddharta, e per la precisione al Revolver: il locale, situato in piena zona industriale, è ben organizzato, con una buona acustica e di notevoli dimensioni, atto ad ospitare una folla nutrita, che purtroppo fino alla fine della serata non si concretizzerà; le presenze si attesteranno sulle 50-60 unità, complice probabilmente una scaletta di gruppi non particolarmente accattivanti dal vivo ma forse ancor più la notevole distanza dalla precedente location, che abbiamo avuto la sensazione abbia penalizzato una buona fetta degli affezionati (spesso i romani salivano numerosi in Toscana!).

Visto l'estremo rigore di Old Europa Cafe dimostrato negli anni scorsi relativamente agli orari, irrompiamo all’interno dell’ampio Revolver alle 21.30 spaccate , ma la serata inizierà con un’oretta circa di ritardo, dandoci il tempo di fare un po’ di spesa presso il nutritissimo banchetto del carissimo Rodolfo. Ad accoglierci una calda e tranquilla atmosfera condita da due schermi su cui vengono proiettate immagini in maniera continua e che naturalmente serviranno ai gruppi come supporto: gli schermi sono collocati ai lati del palco in posizione avanzata a notevole altezza, tanto che per vederli ed avere quindi una percezione completa della performance dei singoli artisti bisogna assistere ad almeno 10-15 metri dal palco.

Ma veniamo ai gruppi che per questo ottavo Congresso arrivano da ogni parte del mondo: uno sbuffo di fumo bianco porta sul palco il malefico e mascherato Djinn, proveniente se non erro dalla vicina Svizzera e di scuola Slaughter Productions, che con calma inesorabile porta con sé le sue oscure pulsazioni ambient-industrial accompagnate da inquietanti proiezioni di b-movies anni '70: una mezz'ora davvero molto suggestiva, miglior esordio della serata non poteva esserci. Il mondo di Djinn vive di Rabbia, Pazzia e soprattutto Solitudine, come i visuals ci suggeriscono, ed il Suicidio rimane a volte l’unica risposta possibile.

Segue K11, ambizioso progetto di Pietro Riparbelli, artista poliedrico, che vuole creare attraverso segnali radio e fenomeni di comunicazione "non visibile", una dimensione dove le soli sorgenti sonore sono segnali da ricevitori radio a onde corte e field recordings provenienti da luoghi particolari. Il concept di “The Sacred Wood” ispirato dal secolare “Parco dei Mostri” di Bomarzo viene riproposto pressoché interamente dal vivo, e nonostante a tratti emerga la sensazione del “già sentito” il risultato finale è valido e di buon effetto: forse acts del tipo renderebbero al massimo in locations più raccolte e dall’acustica impeccabile, cosa peraltro spesso di difficile realizzazione soprattutto in paesi come l’Italia.

Arriviamo agli attesissimi argentini Mueran Humanos (ora residenti a Berlino) che ci intrattengo per oltre un'ora con un originale mix a cavallo tra wave e minimalismo elettronico dannatamente analogico, riproponendo il loro debutto omonimo dal vivo. Lavoro piuttosto bizzarro in cui le linee di basso di lui incrociano le vocals di lei su tappeti di rumore non troppo ruvido, i refrains a tratti irresistibili scuotono il pubblico che approfitta dell’unico set ritmico della serata per muoversi sotto il palco. La ventata di folle freschezza di questi “Suicide argentini” è davvero di rara originalità, con alcuni spunti tanto semplici quanto vincenti che ripropongono l’irriverenza malata delle Cobra Killer con un pizzico di estro latino-americano: li attendiamo alla prova del fuoco con il prossimo lavoro, anche per vedere se sapranno battere sé stessi con una cover ancor più raccapricciante di quella dell’esordio per il futuro cd!!

 

E finalmente giunge il momento dei tedeschi Troum, per noi i veri big della serata con il loro ambient-industrial sapiente e mai scontato, un progetto che ha saputo rinnovarsi negli anni a partire dalle ceneri dei leggendari Maeror Tri, capostipiti del genere. I visuals a carattere naturalistico, con belle foto ritoccate ad arte e riproposte spesso in negativo, accompagnano l’oscura sinfonia ambient dei due teutonici, con Stephan Knappe che sfoggia un originalissimo kilt tradizionale scozzese. Davvero un bel trip, che prosegue idealmente il viaggio cosmico regalatoci dai connazionali inade nella precedente edizione del Congresso.

La serata oramai incanalata definitivamente su tessiture molto ovattate e sognanti viene sferzata dall'arrivo del densissimo e magistrale ambient-noise di Peter Andersson dei famosissimi Raison d'être che ci porta in un mondo dove non esiste altro che desolazione e asprezza ed in cui si accumulano stratificazioni sonore, che fanno tesoro delle esperienze accumulate nei suoi numerosi progetti paralleli pur tagliando piuttosto nettamente i ponti col passato. Il set del nostro Peter risulta poco sinfonico e piuttosto “concreto”, con ampio spazio ad effetti e rumorismo (mai eccessivo e tendente al vero e proprio noise) ed il consueto accompagnamento di video girati in splendidi scenari naturali ed in alienanti luoghi abbandonati. Archeologia post industriale d’autore, da vedere e da ascoltare.