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COLLECTION D'ARNELL-ANDREA, 2 marzo 2003, Milano (Transilvania Live).
Questo è stato uno dei concerti più attesi dal sottoscritto nell'ultimo periodo.
Per chi non li conoscesse, i Collection d'Arnell-Andrea sono attivi dall'ormai lontano 1988, artefici di un dark estremamente romantico (ormai si chiama ethereal) debitore in parte della scuola Dead Can Dance/Cocteau Twins, ma allo stesso tempo molto personale, tanto che quando ascoltai per la prima volta il loro album d'esordio, "Un automne a Loroy", rimasi folgorato all'istante come raramente mi succede. La formazione, i cui perni sono il tastierista Jean Christophe d'Arnell e la cantante Chloé St. Lipard, ha diradato le uscite discografiche negli ultimi anni, anche se proprio nel 2002 è uscito quel "Tristesse des manes" che contiene sia brani nuovi sia vecchi successi in versioni rinnovate. Proprio per l'ascolto di questo materiale più recente mi aspettavo un gruppo definitivamente convertito ad un suono neoclassico e ad una strumentazione in buona parte acustica, invece già dal sound-check scopro, con un certo piacere, che non è così.
Il concerto, a causa del pubblico piuttosto esiguo, inizia solo alle 23. La formazione di questa sera vede, oltre alla voce solista, le immancabili due tastiere, di cui una suonata da d'Arnell e l'altra da Carine Grieg (anche seconda voce, nonché membro degli Opera Multi Steel), basso, chitarra elettrica e violino, mentre manca il violoncello, quest'ultimo molto presente nei brani dei Collection.

Dietro il palco vengono proiettati filmati in bianco e nero di inizio XX secolo (ormai bisogna specificare!), che si adattano molto bene al romanticismo autunnale del progetto francese. All'inizio mancano sul palco il violinista e Carine, i brani eseguiti in quattro li trovo un po' leggeri e non particolarmente impressionanti, pur essendo gradevoli. Appena il gruppo è al completo però il suono che viene sprigionato diventa quello che amo e che n
on mi aspettavo nemmeno di sentire; grazie alla forte presenza della chitarra e all'abbondante uso di synths pure i brani di "Un automne a Loroy" mantengono lo spirito originario di quel disco lontano.
Ogni strumento riesce a dare il proprio importante contributo, perfino il violino, che in genere non mi piace, con loro lo trovo eccezionale. Il gruppo mostra professionalità, lunga esperienza e pulizia, ed anche visivamente è lontano anni luce dalle pacchianerie gotiche che vanno molto in questi tempi (ma visto il genere proposto non poteva essere diversamente). Intorno alla mezzanotte, dopo un'uscita e un rientro con due pezzi in più, il concerto finisce. Anche se, per motivi che non vi sto a dire, non me lo sono potuto godere come avrei voluto, ed anche se non tutti i brani hanno sollecitato la mia piena partecipazione, il responso è certamente positivo. Peccato solo per il pubblico numericamente scarso, ma su questo argomento "no comment"!
(testo: Fabio D./ foto: Erzsbeth)

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