CLUSTER
16 Febbraio 2008, Officina delle arti, Reggio Emilia
Testo
e foto by Oflorenz
Mai
avrei pensato che qualcuno un giorno potesse telefonarmi e
propormi di andare a stringere la mano di Dieter Moebius e
Hans-Joachim Roedelius, in arte Cluster. Si, perché il duo
dei Cluster, che in principio furono Kluster con la K (si
parla della fine dei ’60 su per giù, quando in formazione
vi era ancora Conrad Schnitzler) hanno rappresentato per il
sottoscritto, e per ogni buon appassionato di elettronica
sperimentale e musica non convenzionale, una delle pietre
d’angolo assolutamente imprescindibili degli ultimi 35 anni.
Ed invece, in un tranquillo venerdi come tanti, ci pensa l’amico
Simon di Filth Forge a farmi sognare: “Hey, hai sentito della
performance gratuita dei Cluster a Reggio…?”. Non gli lascio
terminare la parola Reggio e siamo già sulla A21, direzione
Bologna. Nel lettore dell’auto “Cluster II” e “Harmonia Deluxe”,
giusto per ripassare un attimo la lezione ed entrare in clima
pre-partita. Fra l’altro l’occasione si presenta ghiotta per
altri due ottimi motivi: il concerto si svolgerà presso l’Officina
delle Arti, una splendida location simile più ad una vera
e propria galleria d’arte che ad un semplice
locale notturno; inoltre questa sera Davide Tosi e la sua
Strange Vertigo (qualcuno per caso ricorda la splendida rivista
“Tempi Dispari” con le sue retrospettive sulla Brain e sulla
Ohr…che nostalgia!!), uno dei massimi esperti italiani di
avanguardia tedesca, presenterà la fantastica riedizione,
riveduta e aggiornata, della bibbia del prog tedesco anni
’70, “Cosmic dreams at play”. Questo librone, scritto in origine
dal saggista norvegese Dag Erik Asbjorsen, circolava ormai
a cifre spropositate su Ebay, ed anche per tale ragione questa
prima uscita della casa Strange Vertigo risulta assolutamente
meritevole di riconoscenza. Insieme all’accattivante “Krautrocksampler”
di Julian Cope ed all’esaustivissima “Cosmic Price Guide”
di Ulrich Klatte, il macigno di Asbjorsen costituisce il trittico
obbligatorio per ogni fanatico di “cosmica” teutonica che
si rispetti! Ma torniamo alla serata: dopo un ottimo aperitivo
consumato nella zona bar della splendido centro di arte contemporanea
reggiano, ed una breve ma intensa performance in perfetto
stile primi Suicide da parte del duo locale Juda (spero di
scriverlo correttamente), i due vecchietti del kraut prendono
posto di fronte alle loro macchine, suscitando l’emozione
sincera negli oltre 200 convenuti. Classe ’44 e ’34, il piccolo
Moebius e l’imponente Roedelius sfoggiano una forma fisica
invidiabile, e se qualcuno si attendeva una performance anche
solo vagamente “soft” o comunque basata sulle loro produzioni
più melodiche (magari da lavori quale “Zuckerzeit” o le produzioni
sotto il moniker “Harmonia” insieme al “Neu” Rother) resta
per lo meno spiazzato!
I due eseguono un paio di lunghe suite, inframezzate da un
brindisi a base ovviamente di birra, che ben poco concedono
alla semplicità; lo stile è dunque quello di dischi quali
“Cluster II”, fondamentale per quelle che sarebbero state
le derive indistrialoidi a venire (ma qui eravamo ancora nel
‘72 !!) o “Sowiesoso”, basilare invece per l’universo ambient
che tanto sarebbe stato poi sviluppato e sviscerato dal grande
Brian Eno (non a caso grandissimo collaboratore di Cluster
in più di un’ occasione). Durante alcuni tratti dell’esibizione
ho avuto una strana sensazione di dejà-vu, ed ho presto chiuso
il cerchio: la recente data veneziana di Nurse With Wound
mi è tornata prepotentemente alla mente proprio grazie ai
micidiali Dieter ed Hans, ed ho ancora un volta considerato
quanto importante sia stata l’avanguardia tedesca dei primissimi
anni ‘70 nella definizione della successiva corrente “industriale”
partorita dalla branca più estrema della cultura post-punk
di fine decennio, quella corrente da cui nacquero gemme quali
TG, Coil, C93 e per l’appunto Nurse. Per dirla come David
Keenan, tutta la “England’S hidden reverse” insomma.
Il dopo-show si consuma, ancora in estasi “post-kosmische”,
in compagnia dei due Cluster e della gentile signora di Moebius,
che distribuisce splendidi cd in smagliante versione cartonata
giapponese agli assatanati assiepati intorno al banchetto.
Intanto mi giro e rigiro tra le mani la mia copia di “Deluxe”
con la firma di Moebius vicino ad una delle figure in completo
bianco sul retro copertina. “That’s me”, mi rivela con un
po’ di nostalgia per i tanti anni ormai passati. Non guardarti
indietro, Dieter, e sii fiero: non è da tutti lasciarsi dietro
le spalle una scia cosmica di tale portata! Ed a quanto sembra,
a dispetto dei lustri che se ne sono andati, l’esplosione
del quasar è ben lungi dall’essersi esaurita.
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