DAVID BOWIE
23 ottobre 2003, Assago (Milano), FilaForum
Visione
1
Finalmente
giunge quest'agognata data, dopo un mese e più di disperata
attesa.
Arrivare fino a Milano per vedere un concerto, per me è
stata una vera angoscia, visto che regolarmente mi perdo nel
traffico e nella miriade di vie e viette tutte simili, perciò
arriviamo a concerto già iniziato dei Dandy Wahrols (la band
di supporto al Duca Bianco, ndr), e sinceramente ne sono abbastanza
contento, visto la faccia da sberle che hanno il cantante
e company e preferirei non dilungarmi oltre su questo gruppo
di poser-MTVari.
Ambientarmi qui al Filaforum non è stato difficile, ma quanto
mai emozionante e spettacolare, visto che non avevo mai assistito
ad un concerto così popolato al coperto.
Il palco è enorme con due passerelle laterali disposte diagonalmente
e arricchite da diversi rami colorati di bianco appesi al
soffitto ed una specie di secondo palco sul cui fondo vi è
uno schermo rettangolare. L'attesa si fa logorante, così osservo
un po' le persone e vedo molti cinquantenni un po' dandy,
un po' Bowiani (i fan di sempre in definitiva) e molti ragazzi
giovani (18 -21) che poi durante il concerto mi stupiranno
cantando molte canzoni anche quelle degli albori. Ora basta!
Detta questa parola si spengono le luci, parte una base e
un video animato (un cartone animato), nel quale uno ad uno
incominciano ad entrare sul palco i vari strumentisti seguendo
passo passo quello che accade sul palco reale. L'ultimo ad
entrare è lui, il Duca Bianco, e sullo schermo appare tutta
la band che suona in una caricatura a fumetti bellissima e
...... all'improvviso lo schermo si tramuta in una ripresa
reale ed istantanea dell'ensemble Bowiano luci accese e boato
incredibile. Che emozione!!!! Che Classe!!! Appare più in
forma che mai con dei jeans aderenti bordeaux, maglietta aderente
a mezza manica, una giacca molto inglese, un fularino o bandana
molto cowboy rosso pendente sulla destra, ed infine un ciuffo
lungo mesciato di capelli biondi. Non c'è tempo per pensare
o respirare, subito "Rebel Rebel" che scalda gli animi e fa
saltare nell'ebbrezza delle notti londinesi, "New Killer Star"
da "Reality", album dal quale verranno poi tratte altre due
canzoni che ai più passeranno inosservate. Non si può dire
la stessa cosa di "Heathen" che viene riproposto quasi interamente
a testimoniare che forse Bowie ami particolarmente quest'album.
Ad esempio ironica e divertente è stata la presentazione di
"Slip away": sullo schermo uno smile rimbalza di parola in
parola guidando il pubblico in un "folle" Karaoke. Il concerto
prosegue più o meno intensamente fin quando l'attenzione del
pubblico, forse poco presente o assente, sembra lentamente
scemare e il tutto sembra terminare inesorabilmente da li
a poco, ma ecco i cavalli di battaglia. Bowie sembra ormai
caldo, eccitato, elettrizzato e coinvolge il pubblico raccontando
storie e storielle del gruppo, manipolandolo, facendolo bruciare
e avvampare al cospetto del vero e unico possessore del palco.
Sembra dire: ehi sono qua!!! Guardatemi e adoratemi, sono
l'ultima vera icona del rock! Dopo aver ripreso possesso del
palco appaiono in scaletta canzoni come "Loving the alien",
eseguita magistralmente chitarra e voce, e "Under pressure",
in un duetto da brividi con la bassista Gayl Dorsey. Le emozioni
si susseguono velocemente ed è difficile ordinare pensieri
e ricordi tant'è che "Heroes", che resta sempre una delle
più belle canzoni degli anni settanta, mi viene in mente come
una meteora che cade sulla terra provocando un boato infuocato
d'emozioni all'intero palazzetto ed al mio cuore che scoppiano
al primo slide di una versione, solo inizialmente, quasi irriconoscibile.
E dopo gli eroi, l'altra faccia della medaglia, come ricorda
lo stesso Bowie: "I'm afraid of Americans", chiaro riferimento
alla nostra storia attuale. "Hallo Spaceboy", trascinante
e violenta, "China Girl", insolitamente dura grazie alla pesante
batteria di Sterling Campbell, la quasi nuova "Sunday".
Luci spente con Bowie in primo piano sulla passerella che
posa per il suo pubblico e la sua voce che echeggia in un
palazzetto ammutolito, assorto e commosso. L'emozione più
grande l'ha comunque regalata il finale: la chiusura è arrivata
con "Hang on to yourself" e "Ziggy Stardust", eseguite quasi
d'un fiato, quei pezzi che trent'anni fa aprivano i concerti
nella tourneè trionfale del 1972, di "Ziggy Stardust
& The Spiders From Mars" per intenderci. Allora Bowie era
il trasgressivo androgino tutto glitter e calzamaglia che
ammiccava ai fans, allora gli show erano commistioni sperimentali
di rock'n'roll, teatro, ambiguità sessuale, parrucche, trucco
eccessivo, contorsioni allusive. Ora Bowie ha più di cinquant'anni,
un matrimonio appagante, abbigliamento casual, lo stesso amore
per il proprio pubblico, la stessa arte ipnotica, la stessa
capacità di dialogare con chi sta giù dal palco. Forse ora
è più diva di allora, nel senso teatrale del termine, ma giuro,
scherzi dell'emozione sicuramente, negli occhi il Bowie che
vedevo in quel finale così trascinante era il Bowie che conoscevo
dal film tratto da quella tournee del '72! Amo il Bowie degli
inizi del '70 e nello spazio di due canzoni ho viaggiato nel
tempo, in un tempo che non conosco, ma che ho vissuto mille
volte nella mia fantasia. Ogni canzone riesce a dare una precisa
emozione, non solo la voce di Bowie, quasi impeccabile per
tutta la durata del concerto, ma la sintonia di una band affiatata
e perfetta. Emoziona vedere Mike Garson, il tastierista degli
Spiders From Mars, emoziona vedere Earl Slick, già chitarra
nella tournee del '74, rappresentata dal doppio album "David
Live", emoziona anche la voce di Gayl Ann Dorsey, bassista
e corista, capace di "coprire" i buchi inevitabilmente lasciati
da Bowie in alcune tonalità ormai inarrivabili per lui, emozioni
le regala la batteria, precisa e possente guidata da Sterling
Campbell. Professionisti che la musica la sanno comporre,
arrangiare e personificare non come tanti gruppi e gruppetti
dark che si fanno pagare 15 euro per farsi vedere in un club
e suonare per 45 minuti magari con tutto in base e credendo
di essere degli dei. Bowie è stato umile, ha rispettato il
pubblico, non l'ha snobbato, e nello stesso tempo ha voluto
e ottenuto rispetto e non solo, si è fatto incoronare re e
regina del suo impero. Un divo o diva che rimarrà immortale
per sempre per tutti i suoi fans. Infine un applauso a chi
ha preso il biglietto gold (71 euro) per vedere il concerto
dalla parte opposta del palco a 100 metri di distanza.
(Testo di Ivan, Noctiluca e Federica. Riscritto e adattato
da Noctiluca, noctiluca@katamail.com)
Visione
2
"L'Uomo che cadde sulla Terra" il 23 ottobre atterra in suolo
italico, al FilaForum di Assago, davanti a quasi 12.000 persone,
tutto esaurito.
Si materializza al centro del palco dall'oscurità e subito
attacca con uno dei suoi cavalli di battaglia, l'accattivante
ed energica "Rebel Rebel".
Molto si dice di lui: capace di dare scandalo con la sua immagine
pur di giungere alla fama, cinico calcolatore, "one business
man" che si quota in Borsa e si lancia in Net... Tuttavia
è innegabile la sua straordinaria capacità di essere riuscito
ad attraversare per quasi metà secolo la storia della musica
senza avere mai perso lustro, di avere sperimentato le sonorità
più disparate sempre con capacità metamorfiche e camaleontiche,
di essere riuscito, come Araba Fenice, a risorgere dai "flop"
più imbarazzanti alle situazioni più difficili. Basta solo
che si presenti sul palco ed il pubblico è già rapito, sono
già lontano passato le ore in coda in autostrada, la pioggia
ed i treni perennemente in ritardo.
L'Alieno si muove con non-chalance tra suggestive geometrie
di luci acide che a tratti si trasformano in avvolgenti, passeggia
su pedane sopra-elevate che fan sì che sia più vicino al pubblico,
ma contemporaneamente finiscono per trasportarlo su una realtà-altra,
lontana e imprendibile. Con piglio dandy si sventola con un
ventaglio gettatogli sul palco, dialoga con il pubblico e
smozzica la solita frase di cortesia in italiano. Le note
scorrono veloci e flessuose senza intoppi per quasi due ore,
nelle quali spesso ritorna al passato. Ecco allora l'avvolgente
"Heroes" che viene felicemente distorta, "Changes", coinvolgente
grazie alla tecnica "ch-ch-ch-ch-changes" (forse ispirata
agli Who), "Under Pression" in origine duettata con Freddy
Mercury ed oggi riproposta complice la bravissima bassista
Dorsey. Ancora la preziosa e metallica "Ashes to Ashes" (dal
magnifico video in cui Bowie è un clown siderale che si muove
tra rossastri spazi sabbiosi), "Ziggy Stardust", maschera
fantascientifica eroticamente ambigua che interpretò nel '72
con enorme scandalo e successo, per poi risalire negli anni
con le commerciali "Fashion" e "Let's Dance" (dal video a
più riprese censurato!) che gli decretarono fama mondiale.
Quindi gli anni Novanta con "Hello Spaceboy" e "The Motel"
tratte da "Outside" ('95), album che segna un ritorno alla
sperimentazione, "I'm afraid of Americans" da "Earthling"
('97), "Cactus" tratta da "Healten", album in cui si dedica
a riflessioni teologiche e recupera i vecchi synth anni '80
(il leggendario Theremin, lo Stylophone fino al Ems delle
berlinesi "Low" e "Heroes"...) fino all'odierno "Reality"
di cui esegue (fortunatamente) poche canzoni. Le luci si affievoliscono
e Bowie ringrazia con un teatrale inchino di gruppo per poi
nuovamente dissolversi nell'Universo...
A presto Space-Boy!
(testo by TANK§ - tanks06@libero.it)
1
Rebel Rebel
2 NKS
3 Fame
4 Cactus
5 China Girl
6 Fall Dog
7 Hallo Spaceboy
8 Sunday
9 Under Pressure
10 Ashes to Ashes
11 Fashion
12 NGO
13 The Motel
14 5:15
15 Loving the Alien
16 I'm afraid of Americans
17 Heroes
18 Heathen (The Rays)
19 Slip Away
20 Changes
21 Let's Dance
22 Hang on to yourself
23 Ziggy Stardust