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GIANLUCA BECUZZI

Intervista di Oflorenz



Ciao Gianluca, e benvenuto sulle pagine oscure di RS. Un excursus esauriente nella tua carriera a partire dai seminali Limbo richiederebbe forse un libro, più che una semplice chiacchierata! Per cui focalizziamoci sull’ attività più recente, peraltro decisamente intensa. E partiamo proprio dagli eventi più vicini a noi: ti ho visto in azione sul palco dell’ottimo Destination Morgue di Roma, come hai trovato questa VI
edizione?

Effettivamente riassumere 30 anni di attività in una risposta non è un compito esattamente semplice. Diciamo che nel corso di 3 decenni ho saputo rinnovare motivazioni ed energie creative per arrivare fin qui. Sul palco del Destination Morgue sono salito volentieri, è un buon festival, organizzato con passione e cura e poi erano diversi anni che non suonavo più a Roma. Credo di aver dato vita al set meno industriale di un festival dichiaratamente consacrato all'industriale.

Svelaci qualche curiosità, qualche pillola sulla tua performance del 5 gennaio: nelle mie memorie dell’evento, proprio su queste pagine, l’ho definita come un frammento di “avanguardia totale”. Cos’hai suonato esattamente quella sera?
Ho presentato materiali estratti da recenti pubblicazioni a mio nome organizzate in forma di piece elettroacustica: basi preregistrate e interventi in real time con percussioni e oggetti sonori. Niente laptop e niente visuals. Sono un convinto assertore delle teorie acusmatiche. Per me i visuals, se non fanno parte di un progetto specifico fin dal suo primo concepimento, in sede di concerto rappresentano solo un elemento di distrazione percettiva rispetto al suono che è, e deve sempre essere, l'elemento centrale. Se poi qualcuno in assenza di figure e colori si annoia per conto mio può tranquillamente andarsene al bar a prendersi un drink. Evidentemente il mio lavoro non è destinato a coloro che cercano il facile intrattenimento.

Dopo la duratura e gloriosa storia post-punk/elettronica ed esoterica di Limbo hai avuto l’esigenza di aprire i tuoi orizzonti a 360 gradi, esplorando la materia elettronica a tutto tondo con vari progetti e molteplici collaborazioni: ricordiamo Metaform, Kinetix e le produzioni direttamente a tuo nome sul fronte prettamente minimal-sperimentale, e Noise Trade Company sul versante maggiormente “elettro”. Partiamo dalle prime: possiamo considerare conclusi tutti i precedenti progetti ed attenderci per il futuro una serie di lavori a nome Gianluca Becuzzi?
Sì, da diversi anni ormai, la mia produzione principale è quella che firmo con nome e cognome. Composizioni di tipo informale e astratto dove sperimento varie forme di suono/rumore. Al di fuori di questo ho altri due progetti attivi: Noise Trade Company (electro post punk, cold dub) e Grey History (harsh, power electronics, unpop) che vedo come opportunità espressive ulteriori. Un modo per "staccare" e vedere le cose da un'altra prospettiva. In questo senso vanno lette anche le collaborazioni con altri artisti/gruppi: Simon Balestrazzi, Corrado Altieri, Fabio Orsi, Luigi Turra, Pietro Riparbelli, (Etre), Retina It, Deison, Svart1, Vip Cancro, Vittore Baroni etc. E comunque, al di la' delle differenze stilistiche che intercorrono tra una sigla e l'altra, l'elemento ricorrente in tutti i miei lavori è da ricercarsi nell'interesse per architetture musicali costruite attraverso ciò che viene comunemente inteso come rumore.

Ed a tal proposito: l’avventurarsi senza limiti nell’area più sperimentale ti ha fatto decisamente abbattere ogni barriera di genere, incluse quella della cosiddetta grey area. Ti considero ormai un artista “totale” come potrebbe essere un Robert Henke, piuttosto che un Thomas Koner o un Francisco Lopez. Ti ci ritrovi?
Concordo con la tua osservazione e mi riconosco in questo ruolo. Le musiche che produco hanno a che vedere tanto con idee e pratiche delle avanguardie storiche del secolo scorso, quanto con scenari contemporanei aperti a una moltitudine di segni diversi. Per comodità posso accettare di essere incluso indifferentemente all'interno della scena drone, ambient, noise, weird electronica e quant'altro, questo non è un problema per me. Probabilmente nelle mie composizioni convivono elementi di un po' tutti questi stili e allo stesso tempo non credo che il mio lavoro possa essere ridotto ad una sola di queste categorie estetiche. Anche le label per le quali ho pubblicato sono tante e varie: Small voices, Silentes, Old Europa Cafe, Radical Matters, Lisca Records, Cold Current, Santos, Final Muzik, Ek Production. Per citare solo quelle italiane.

Trovo molto interessanti le collaborazioni “multimediali” con visual-artists quali Luigi Turra, ma mi viene in mente anche Fabio Orsi, per citare alcuni nomi della scena con cui hai lavorato. Ami anche tu la dimensione di “installazione”, ossia la creazione di un sound adatto, ad esempio, ad essere proposto in occasione di mostre o gallerie d’arte? Hai qualche progetto nel cassetto a proposito?
Già dai primi anni zero, con la sigla Kinetix, ho realizzato varie installazioni sonore, con o senza il supporto di immagini. Spesso ho lavorato semplicemente sulle relazioni tra spazio fisico e suono. Ho anche prodotto musiche per performances, danza, teatro, sonorizzazioni e sound design. "[In]Visible Fields" è un doppio CD pubblicato per Silentes che funge da audio catalogo di alcune mie opere di questo tipo. L'interesse per la sound art mi ha anche portato ad organizzare e co-dirigere per quattro edizioni un festival chiamato PX eXperimenta che beneficiava di finanziamenti pubblici e al quale hanno partecipato importanti artisti internazionali come: Achim Wolscheid, Christina Kubisch, Z'ev, John Duncan, Ellen Fulman, Giancarlo Toniutti e altri ancora.

Decomposizione e de-strutturazione del suono, riduzione della materia sonora ai minimi termini. Ma anche cercare di “visualizzare i suoni”, od “ascoltare i colori”…tutte lezioni partite dai minimalisti/avanguardisti del secolo scorso (La Monte Young, Terry Riley, Daphne Oram, Eliane Radigue…), riattualizzate e reinterpretate dal krautrock dei ’70, e dagli eighties in avanti mantenute vive da artisti come te: la scena italiana non teme confronti mi pare, che ne dici?
Certo, dal futurismo in poi, passando per compositori come Grossi, Berio, Maderna e molti altri, il nostro paese si è creato, a pieno diritto, una tradizione e una reputazione ben solida per quanto riguarda la sperimentazione sonora.

Noise Trade Company: un brillante e divertente diversivo, rhythmic-electro anche da ballare, perché no. E poi quella grafica seriale delle quattro produzioni uscite sino ad oggi che rende i dischetti di NTC immediatamente riconoscibili e così accattivanti. Svelaci qualcosa di questo progetto!

Lo ideai nel 2008 di ritorno da un lungo soggiorno berlinese dove mi ero letteralmente ubriacato, mio malgrado, di sonorità '80. Inizialmente intesi Noise Trade Company come un diversivo stilistico e un'opportunità per non perdere radici e abitudine con la scrittura di canzoni. Da quando però è entrata in line up Elena De Angeli il progetto ha perso il suo carattere ludico per assumere connotati sempre più peculiari e impegnativi. Dopo la pubblicazione di "Reformation", il nostro quarto album, la sfida che ci attende sarà quella di riuscir a conciliare la forma canzone con la scrittura di musiche non propriamente convenzionali. Un po' sul modello di Scott Walker, Swans, o se preferisci certe cose dei migliori Neubauten e Coil.

Concludiamo con il progetto che tracciò il tuo inizio, Limbo: abbiamo recensito da poco proprio su queste pagine il cdr promozionale limitato di “Unholy Rituals Vol. I - II“, uscito originariamente nel 2010 su doppio vinile e già di complessa reperibilità. Il compendio finale per un progetto che ha fatto storia?
Un progetto assolutamente particolare che non segna in nessun modo il ritorno di Limbo. Praticamente mi son voluto confrontare con le musiche che avevo creato da giovane cercando di rileggerle attraverso l'esperienza e la visione che è maturata in me negli anni. Una sorta di Gianluca Becuzzi plays Limbo. Bisogno di chiudere il cerchio? Forse... Di esorcizzare i demoni del passato? Chissà...

 

Data di pubblicazione: 6 Febbraio 2013

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