Due giorni dopo l’estenuante performance del
Primavera Sound, ad accogliere l’angelo nero Peter
Murphy con i Bauhaus al completo, vi è l’esigente
pubblico italiano nell’unica data che ha toccato
il nostro Paese fissata all’Alcatraz di Milano
(già) teatro delle due precedenti Reunion datate
27 Ottobre 1998 e 13 Febbraio 2006. Qualunque
sia la realtà di questa tanto sospirata
rimpatriata dei quattro di Northampton, il fascino
che conserva un concerto del genere è fuori
discussione e la Venue fa registrare
l’inevitabile/atteso sold-out; va presto detto,
per gli amanti delle statistiche, che i lavori
pubblicati dalla band fin quando sono stati
assieme, anno 1983, sono tutti eccellenti, diversi
tra loro ed hanno influenzato (non poco) la
corrente musicale del Dark. Il “Live” è stato
piuttosto breve ed intenso, senza interruzioni,
un’ora e un quarto di emozioni, aperte e chiuse
rispettivamente dalle covers “Rosegarden Funeral
Of Sores” e “Ziggy Stardust” nel cui cerchio ha
ballato parte del loro repertorio singoli compresi
(Bela Lugosi’s Dead/Dark Entries). “In the Flat
Field” è stato l’album più saccheggiato con cinque
canzoni, a ruota “Mask” con tre “The Sky’s Gone
Out” e “Burning From the Inside” con una, per una
setlist comprendente, tra le altre, il mantra di
“Stygmata Martyr”, l’incalzante Funk di “Kick In
the Eye”, l’energica “Telegram Sam” suonata
nell’Encore ed i classici “She’s In Parties” e
“The Passion Of Lovers”. I fratelli
Haskins (David e Kevin) hanno confermato, se mai
ce ne fosse stato bisogno, l’importanza della
ritmica nel suono Bauhaus mentre il chitarrista
Daniel Ash ha risvegliato i sopiti sogni dei
“die-hards” tra apolidi e talvolta schizoidi riff
metallici che alternati al Sax di “A God In
Alcove” hanno raggiunto, senza retorica, livelli
di assoluta perfezione strumentale. Quanto al
“Vampiro” Murphy, nonostante qualche prevedibile
afonia iniziale, ha tenuto brillantemente il
palco; le sue istrioniche movenze e l’
inconfondibile stile vocale/interpretativo, punti
fermi della serata, esaltano il parterre
allontanando le ansie da lunatiche ombre
appartenenti a quell’essere in egual modo
genio/sregolatezza. Alle 22:15 termina la gig
tra gli applausi e la soddisfazione generale
compresa quella del sottoscritto; i Bauhaus
salutano e con molta esperienza lasciano in breve
tempo l’Alcatraz, quasi inosservati, nascondendo
ancora una volta nel buio della notte milanese il
segreto dell’eterna giovinezza ma questa è
un’altra storia. “I pipistrelli hanno lasciato
il campanile, le vittime sono state dissanguate ed
il velluto rosso riveste la scatola nera…”
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