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ANTONY & THE JOHNSONS
Teatro Masini di Faenza – 6 maggio 2005

testo by Anialf

Che parole si debbono usare, dopo aver ascoltato il concerto di un angelo?
Questa definizione di Lou Reed si addice perfettamente alla descrizione dello spettacolo di Antony & The Johnson a cui ho avuto la fortuna di assistere. Penso che ormai tutti gli appassionati di musica ‘altra’ conoscano la bravura, il carisma e la sensibilità di questo personaggio (scoperto da David Tibet, che molti non a caso definiscono più bravo come talent scout che non come musicista…); ma un conto è ascoltare i suoi dischi, un altro è assistere ad una sua performance, per di più in un teatro antico come il Masini di Faenza, e garantisco che in più di una occasione mi sono commosso parecchio. L’inizio è stato abbastanza freddo: dapprima sono entrati in scena i suoi collaboratori (fra cui la sempre bravissima Julia Kent) ed infine con la sua classica borsina paillettata contenente gli spartiti, vestito senza troppi fronzoli, a parte gli immancabili capelli lun ghi e neri. Senza salutare il pubblico, Antony si è seduto al suo fido pianoforte, e ha iniziato ad inanellare una dopo l’altra le sue più belle canzoni, spaziando soprattutto sull’ultimo lavoro “I am a bird now”, autentico capolavoro che dimostra la maturità e la fama raggiunta in poco tempo da questo incredibile artista.
Quello che nella prima parte dello spettacolo mi ha particolarmente colpito è stata la sua interpretazione, intensa, dolce e violenta allo stesso tempo, sicuramente sofferta. “Ethereal-blues” se proprio vogliamo dare una definizione, è l’unica che mi viene in mente (e d’altronde lo stesso Antony non ha mai nascosto le sue ispirazioni proprio dal blues, Otis Redding in primis). Tuttavia alcuni brani sono troppo cupi per non essere catalogati almeno come ‘dark’, e questo sicuramente anche per il fatto che molti suoi testi rispecchiano completamente il suo tormento interiore nel dover essere uomo e donna allo stesso tempo: lo si poteva capire sia dal fatto che quando cantava senza suonare, le sue mani tormentavano se stesse, il piano, i suoi capelli, il viso, insomma un’agitazione esteriore che spesso denota un’agita zione ben più forte a livello interno emotivo. Inoltre nell’esecuzione di “For today I am a boy”, negli ultimi minuti picchiava sui tasti in maniera violenta, quasi arrabbiato per la sua situazione, probabilmente per non essere ancora riuscito a trovare un suo equilibrio interiore (forse più che esteriore) mentre ripeteva ossessivo << One day I'll grow up…And be a beautiful woman…But for today I am a boy…For today I am a child… >>.
Dopo una buona ora, Antony si è finalmente lasciato un po’ andare, ed ha tirato fuori la sua verve ‘cabarettistica’ dei primissimi tempi, probabilmente anche per stemperare un po’ la tensione emotiva creatasi fino a quel momento nel pubblico. Pubblico che è stato dapprima invitato a ripetere la strofa di uno dei suoi brani à la gospel, cioè accompagnandoci col solo battito di mani; poi ci ha fatto fischiettare un'altra sequenza di note, che nel crescendo ha dato l’impressione ad Antony << di essere in una foresta piena di suoni esotici >>! Dopo qualche altro brano, e due bis richiestissimi, si è congedato, timidamente da come era entrato oltre due ore prima, nei nostri cuori e nelle nostre menti. L’aspetto esteriore non ha contato, anzi forse il suo ‘dualismo androgino’ ha mantenuto le distanze e contemporaneamente ce lo ha fatto sentire molto, molto vicino.
Alla prossima, Antony!

Copyright Rosa Selvaggia