Pubblichiamo
una piccola intervista alla nota ed interessante label campana
dedita a uscite di CD di sole bands italiane, tra cui: Argine,
Ataraxia, Trees, Lilly's Puff .
Intervista
by Nikita
|
Da
chi è stata creata la Ark records, e quali sono le finalità
della label?
Rossana:
ARK Records è stata creata da me e Corrado Videtta (voce
e chitarre degli ARGINE). Avevamo l’esigenza di gestire autonomamente
il materiale degli ARGINE e così è nata l’idea della
label, poi Corrado ha sempre avuto questo desiderio di avere una
propria etichetta discografica. Io ho sempre amato le arti in genere
e così essendo appassionata di musica e apprezzando molto
tutto quell’universo che è la musica alternativa ed il dark
in generale nella sua concezione filosofica, concettuale e quella
meramente musicale, ho sposato in pieno il progetto. Così
abbiamo creato una piccola realtà capace però di fare
anche grandi cose nel nostro ambito. Cerchiamo di supportare il
più possibile la scena a cui ci riferiamo.
Parlateci
della collana di libri partita con Arcana Eco, quali saranno i
prossimi volumi?
Rossana:
L’idea delle monografie è venuta fuori dalla voglia di
creare un’opera importante che potesse essere il più possibile
soddisfacente, esaustiva ed interessante per gli appassionati della
scena oscura, un grande approfondimento per coloro che seguono
da anni le “gesta” delle varie bands oppure un riferimento importante,
un’occasione irripetibile per i neofiti del genere. L’idea originale
sta nel fatto che l’artista a cui è dedicata di volta in
volta la monografia “forgia” il volume descrivendosi direttamente,
attraverso le parole e le immagini oltre che con la musica, affidandosi
o meno ad una firma del giornalismo musicale da egli stesso eventualmente
prescelto, affinché l’opera risulti essere assolutamente
pregna del messaggio artistico del personaggio a cui è dedicata.
Arte nell’arte. In questo modo ogni monografia, pur avendo una piccola
parte dedicata al percorso discografico dell’artista, risulta essere
assolutamente diversa dalle altre. Il primo numero lo abbiamo voluto
dedicare agli ATARAXIA che da anni sono nella scena e che stimiamo
molto dal punto di vista artistico e anche dal lato umano. Francesca
Nicoli ha delineato le tappe della carriera discografica degli ATARAXIA
attraverso un viaggio intenso ed emozionale, avvalendosi del giornalista
Ferruccio Filippi.
L’unico
problema per noi è rappresentato dal non poter delineare
un piano dell’opera, non siamo ancora nelle condizioni di pianificare
venti uscite in un anno e questo del resto non rientrerebbe neanche
nella quintessenza della musica alternativa di cui l’opera stessa
si nutre e da cui trae vita. Alla base quindi c’è l’impossibilità
di risponderti al momento sul nuovo numero di Obscura. Di certo
posso dirti che la collana uscirà con cadenza annuale e che
siamo già a buon punto sulla scelta dell’artista di Obscura
2.
Siete
aperti a produzioni di nuovi gruppi? Quali sono le componenti
e qualità che deve avere una band per essere prodotta da
voi?
Rossana: Siamo
ben disposti ad ascoltare nuove proposte, gruppi nascenti, ed abbiamo
la speranza di poter rappresentare per coloro che si affacciano
al mondo della discografia un supporto valido. Abbiamo trovato molto
interessanti i LETATLIN originali e con una personalità decisamente
marcata ed infatti abbiamo prodotto il loro disco d’esordio: “La
sepoltura delle farfalle”. Non ci sono delle regole che ci fanno
giudicare bene o male un disco che ci viene proposto. Ci poniamo
come qualunque ascoltatore, quindi di base la musica ci deve piacere
e questo accade quando c’è originalità, personalità
ed anche un pizzico di perizia tecnica sugli strumenti.
Cosa
ne pensate della scena italiana: Bands, etichette, riviste e fanzines?
Rossana:
È una scena ricca di fermento, viva più che mai.
Le bands sono tantissime e tutte valide. Le etichette ci sono ed
alcune esistono da tanti anni e rappresentano una garanzia qualitativa
sia in Italia che all’estero. Come riviste nella grande distribuzione
scarseggiamo un po’, a parte Ritual e la buona volontà di
chi da anni si fa in mille per conservare nell’ambito di giornali
musicali più o meno generici una propria rubrica dedicata
al dark. Dal punto di vista delle fanzines la situazione è
buona e credo che la vostra rappresenti per gli appassionati della
scena un punto di riferimento da anni.
Ciao
e grazie.
http://www.arkrecords.net/
|
LILY’S
PUFF “Heaven frowns” CD (Ark
Record / Masterpiece distr.)
Seguendo
il gruppo sin dagli inizi, ero certo che prima o poi si sarebbero
accasati presso una label seria come la Ark, sempre pronta, come
tutte le neonate etichette, a crearsi uno spazio di genere ben
preciso, pur rimanendo aperta a qualunque commistione purché di
qualità. E’ quanto succede a questo nuovo album dei Lily’s Puff,
dove la ricerca sonora è sempre proiettata all’avanguardismo ed
alla sperimentazione, senza perdere contatto con stilemi dark
di cui gli arrangiamenti sono ricchi. Sbaglia chi continua a definire
il gruppo come ‘etereo’ o ‘shoegazer’, poiché le atmosfere create
dalla formazione friulana ricordano invece gli sperimentalismi
ed i minimalismi classici di un solo gruppo cui subito mi sovviene
il paragone: i Tuxedomoon. I brani si susseguono mai uguali l’uno
all’altro, il cui trait d’union sembra essere la voce simil-istrionica
(ma in senso positivo!) di Marco Fabro, che ‘interpreta’ (da notare
le virgolette) i testi scritti da Simone Sari. Ci sono anche alcuni
brani in cui compaiono due voci femminili, Virginia ed Elisabetta,
che alleggeriscono un po’ la predominanza maschile vocale che
ha sempre il rischio di essere ripetitivo (ma non mi sembra che
i Lily’s Puff corrano questo rischio). Piuttosto in buona parte
dei brani si sente, a modo loro, l’influenza Portishead/Massive
Attack e dintorni, specie nelle parti più minimaliste di brani
come “A song” o “Wale up”. Il gruppo è così maturato dagli esordi
da permettersi addirittura un brano ambient che si trasforma in
una suite per solo pianoforte (in “Kitchen element”). Variegato
e mai annoiante, altro centro per questa formazione che grazie
anche alla distribuzione della Masterpiece ed ai suoi contatti
europei dovrebbe assicurare una buona diffusione del lavoro. In
sintesi: sensibile ed evanescente come l’acquerello di Schiele
in copertina (Anialf)
|
|
AA.VV.
"Acque mosse"
7" EP (Ark
Record / Masterpiece distr.)
Questo piccolo gioiello a 33 giri in vinile verde, condiviso fra
Argine, Lily’s Puff e Autunna Et Sa Rose, è stato pubblicato dalla
Ark Records in occasione di un festival che l’etichetta campana
ha organizzato a Rovigo il 29 aprile 2006, in cui suonarono proprio
i tre gruppi qui presenti. A rendere particolarmente appetibile
l’oggetto in questione, oltre al formato e all’elegante copertina
che già bastano a farne desiderare il possesso, il fatto che tutti
i brani sono inediti: sul lato A, dominato dagli Argine, troviamo
l’energica ballata folk-rock "Umori d’autunno", in linea con le
sonorità attuali del combo di Corrado Videtta, ed un’ennesima
nuova versione di "Mundana Humana Instrumentalis". Sul lato B
abbiamo invece la bella ed intimista "Inspire" dei Lily’s Puff,
e "Nova Veritas" degli Autunna E.S.R., dalle sonorità elettronico-sperimentali,
il brano che ho preferito dei quattro ma solo per gusto personale,
vista l’indubbia qualità di tutti e tre i partecipanti. Il feticcio
è ovviamente stra-consigliato a tutti i vinilmaniaci e ai fans
dei tre progetti in questione. Info: http://www.arkrecords.net/
(Fabio Degiorgi) |
|
ATARAXIA
"Kremasta
Nera" CD (Ark Record
/ Masterpiece distr.)
Ispirato
direttamente dagli ancestrali riti dell’isola di Samotracia,
questo nuovo lavoro del combo modenese (aiutato anche in questo
cd dal polistrumentista Riccardo Spaggiari) è di difficile assimilazione,
un tentativo coraggioso di affrancarsi dai ‘consueti’ suoni
per affrontare un concept assai variegato ma anche irto di pericoli
di eterogeneità. Ma andiamo per ordine: apre il cd un mantrico
e ritualistico inno alla Grande Madre Axiéros, dove viene celebrata
in musica la sua nascita e la sua crescita. Subito dopo, in
"The Nine Rituals", Francesca elenca in una cantilena iniziatica
i rituali che si svolgevano durante le feste nel Santuario di
Samotracia: Creazione, Amore, Sacrificio… tranne il nono ed
ultimo che ‘non ha nome e non può essere nominato’, come del
resto non era consentito nominare il nome degli Dèi venerati.
"Kremasta Nera" è uno dei brani di punta dell’album, malinconico
e struggente come solo gli Ataraxia sanno fare: il titolo significa
"Acqua sospesa" ed è il nome di una lunga cascata che si getta
nel mar Egeo: io l’ho interpretato come se una persona fosse
messa di fronte a questa cascata, a riflettere sui mali propri
e della vita in generale. "Ochram" col suo incedere tribale
racconta di un continente immaginario, mentre "Therma", brano
orientaleggiante, è dedicato al calore spirituale ma anche all’antica
città Macedone, ribattezzata poi Thessalonica. In "Efestia"
si rievoca la Principessa di Tracia a partire dall’omonimo sito
e località, in questo brano all’inizio è la sola meravigliosa
voce di Francesca ad alimentare il mantra, raggiunta poi da
tamburi rituali, suoni naturalistici che mi hanno fatto subito
tornare alla mente i Dead Can Dance del periodo ‘etnico’. "Ebur",
solenne e maestosa, viene tratta da un testo di Marziale, "Kaviria"
anch’esso tribale e mediterraneo, ci porta poi ad uno dei momenti
più alti del disco, a quella dolcissima "Fengari" che si riferisce
ad un sito con il cosiddetto "Monte Luna": qui la chitarra acustica
di Vittorio la fa da padrone, ritagliandosi un momento veramente
intenso. "Klethra", di stampo più medievale, è dedicata ai poteri
magici e misterici degli alberi; "Gria Vathra" è il nome di
una radura alta quasi 600 metri facente parte anch’essa dei
luoghi ritualistici, e che viene trasposta in uno strumentale
dal gusto puramente mediorentaleggante. "Migratio Animae" ipotizza
la possibilità di poter evolvere ("migrare") la propria anima,
attraverso suoni tesi e drammatici. "Wings (I had once)" ha
una stupenda melodia al pianoforte, a livello delle migliori
colonne sonore di Nyman, ed è un volo rasente sui propri sentimenti
perduti. Chiude l’album la quieta "La Fame e la Danza", una
tipica ballata in stile Ataraxia, nella quale la Persona comincia
il suo percorso iniziatico, e si ‘fonde’ con Axieros di cui
riprende alla fine l’inizio del testo. A parte l’incommensurabile
bravura di tutto il quartetto, il digipak è arricchito da uno
splendido booklet che immortala gli Ataraxia all’interno del
Santuario dei grandi déi di Samotracia, ed in particolare nel
Pantheon. Alla fine rimane il ricordo di un viaggio ancestrale
senza tempo. (Anialf)
|
|
AUTUNNA ET SA ROSE
"L'Art et la Mort" CD (Ark records/distr. Masterpiece)
Altro colpaccio della Ark, che ha pubblicato
l'ennesimo grande disco della formazione estense capitanata
dall'infaticabile Disorder. Questa volta l'album ha un duplice
scopo: rendere due omaggi, uno al profeta Antonin Artaud, e
l'altro ad artisti 'dark' del passato, mediante rivisitazione
di loro brani significativi. Si parte da un auto-omaggio a se
stessi, riproponendo la loro "L'art et la mort" rinominata "Qui,
au sein" come l'omonimo saggio di Artaud. L'uso del francese
come lingua madre continua in "Quand nous reverons-nous" che
altro non è che "Decline and fall" dei Virgin Prunes. Disorder,
che si occupa del cantato-recitato, è affiancato da Gianluca
Lo Presti alle chitarre elettriche, Simone Montanari al violoncello,
e la bravissima Sonia Visentin come soprano: i brani sono piuttosto
ostici ad un primo, semplice ascolto, risultando complessi nel
voler creare ceselli di pura teatralità, puntando lo sguardo
alle avanguardie europee del secolo passato (Berio, Stockausen,
Varése, Kurtag) e finendo immancabilmente ai loro sempre dichiarati
maestri: quei Tuxedomoon omaggiati dalla riedizione di "Egypt"
(qui chiamata "Kyfi"). L'ensemble americano ha da sempre influenzato
gli Autunna, specialmente negli arrangiamenti: si veda ad esempio
"Canzona" degli Ataraxia, destrumentalizzata a dovere, oppure
nel caposaldo di "Ostia" degli immancabili Coil. Bauhaus, Dead
Can Dance, Einsturzende, Laibach, tutti sono ripresi con brani
ora famosi ora meno; in tutti comunque c'è sempre ampio spazio
alla (ri)elaborazione elettronico-acustica, con il pensiero
ad una possibile recitazione di ciascun brano. Questo mi porta
a poter comparare "L'art et la mort" ad uno qualsiasi dei dischi
dei Goethes Erben (quel recitato), gruppo che ha da sempre un
forte impatto emotivo e teatrale. Complimenti anche per la lussuosa
confezione del cd, dove, oltre ai testi, vengono anche ben illustrate
le tematiche che sono alla base del nuovo lavoro. Molto difficile,
come dicevo, ma una volta assimilato ci si rende conto di aver
ascoltato qualcosa di "diverso" dal consueto. (Anialf)
|
|
LETATLIN
"La sepoltura delle farfalle" CD (Ark Rec./distr. Masterpiece)
Sarebbe
stato certo un crimine se nessuna etichetta si fosse fatta avanti
per pubblicare un album ufficiale di questo terzetto romano,
da me già elogiato in passato per due ottimi demo. In "La sepoltura…"
ritroviamo oltretutto qualcuna delle tracce di quei cdr, mentre
la maggior parte del materiale è totalmente nuovo ed inedito,
e comunque tutti i quattordici brani presenti sono caratterizzati
da un denominatore comune, una vena crepuscolare che definisce
una nuova forma di dark-wave a tratti sperimentale, condita
da qualche raro sprazzo elettronico e da rimandi ai Sonic Youth
meno rumorosi. La drum machine si annulla quasi per lasciar
parlare soprattutto le chitarre, sempre ben intrecciate, e la
voce, sussurrata e narratrice di testi ermetici e stranianti
che rappresentano un segno di riconoscimento del gruppo. Ad
eccezione di qualche episodio particolarmente in tensione, vedi
"Naissance du Robot", l’album scorre come un flusso continuo
ed inseparabile, pur nella sua varietà stilistica, per cui non
ha senso citare questo o quel brano migliore. È sempre più difficile
ormai essere originali, a volte non è nemmeno indispensabile
esserlo a tutti i costi, i Letatlin certamente lo sono, e solo
per questo non possono passare inosservati. (Fabio Degiorgi)
|
|
CORDE
OBLIQUE
“Respiri” CD (Ark records/Masterpiece distr.)
A differenza del titolo con cui si apre questo primo lavoro
di Riccardo Prencipe, dopo aver abbandonato (definitivamente?)
il progetto Lupercalia, il disco non ha certo bisogno di “Captatio
Benevoltaentiae” per farsi amare sin dalla prima nota, dal primo
sussurro. Ogni brano è dedicato ad una diversa città, da Parigi
a Caserta, in un tour iniziatico che ci fa come vedere davanti
ai nostri occhi i paesaggi che i brani vogliono raccontare.
Corde Oblique è però un progetto che ha una principale carta
vincente: l’impressionante qualità di coloro che vi partecipano.
Troviamo il violino incantevole di Alfredo Notarloberti (già
con Argine e soprattutto Ashram), le dolci melodie per pianoforte
di Luigi Rubino (anch’egli negli Ashram), il cantato o recitato
di Alessandra Santovito (già cantante nei Gothica), Corrado
Videtta degli Argine, Catarina Raposo dei Dwelling e soprattutto
l’incantevole voce di Caterina Pontrandolfo. Tutti magistralmente
diretti da Prencipe, che, come ogni buon direttore d’orchestra,
riesce a tirar fuori il meglio da ciascun suo collaboratore.
Rispetto al piuttosto rigoroso neoclassicismo dei Lupercalia,
in “Respiri” i brani si dipanano fra suoni folk ed eterei, assai
mediterranei ed etnici, che riportano sicuramente alle tradizioni
italiane più profonde, ma che non per questo non siano assimilabili
alla cultura europea in generale. Alcuni brani ne fondono all’interno
altri, come nel caso di “A guitar sounded like a lute” oppure
in “…di Parigi”, altri sono più quietamente sognanti, come “Waves”,
ma in generale posso dire che il disco è piuttosto variegato
e per nulla monotono, come talvolta succedeva nei Lupercalia.
Gran bel lavoro, da ascoltare e riascoltare trovando ogni volta
sfumature diverse… (Anialf)
|
|