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LAURIE ANDERSON

“The End of the Moon”

Rassegna SETTEMBRE MUSICA

Torino, Teatro Colosseo 22 Settembre 2006

Testo by Oflorenz

Andammo per una settimana intera in un luogo isolato in California, solo io e Lolabelle, il mio cane, ed intorno le montagne. Facevamo lunghe passeggiate, e durante una di esse vedemmo gli avvoltoi volteggiare alti nel cielo, e poi abbassarsi lentamente, ma sempre più minacciosi. Lolabelle li vide scendere puntandola e poi restare come sospesi a mezz’aria, quando capirono che forse, questa volta, la loro preda sarebbe stata un boccone troppo grosso per le loro possibilità. Ma fu da quel giorno che il mio cane capì che le minacce possono arrivare da dove meno te l’aspetteresti, e cioè dall’alto, dal cielo. E da quel giorno Lolabelle rivolge spesso il suo sguardo un po’ smarrito verso il cielo, proprio come gli abitanti di New York usano fare, forse inconsciamente, dopo l’11 settembre.”

Questo il passo che più mi ha incantato della “poesia” che Laurie Anderson ci ha regalato per un’ora mezza qui a Torino, in occasione del suo spoken act dal titolo “The end of the moon”, seconda parte di una trilogia di storie e musica dell’artista newyorkese.

Specchio del background di vita personale di questi ultimi anni, lo spettacolo torinese è incentrato in parte sull’esclusiva esperienza dell’autrice di “Big Science” in qualità di prima e unica musicista residente presso la NASA, nel corso della quale ha avuto l’eccezionale possibilità di dialogare con gli scienziati alle prese con lo studio e l’osservazione dei pianeti e del sistema solare. Anche il look del palco, scarno e minimale, richiama l’idea dello spazio, con un’immagine fissa in bianco e nero di uno spaccato del suolo lunare, e per il resto solo un tappeto di candele poggiate sul pavimento a creare un semplice ma suggestivo contorno.

Non pensavo che uno spoken show potesse entusiasmarmi in tal modo, con l’ora e mezza di performance volata via un baleno; i racconti della Anderson, tradotti in simultanea per il pubblico italiano su di uno schermo alle sue spalle, appassionano ed incantano l’audience che gremisce il Colosseo in ogni ordine di posto. In certi momenti, complici anche le basi elettroniche (impostate dalla stessa Laurie) ed i suoi caratteristici intermezzi di violino freddi e potenti come sciabolate, sembra quasi il tempo si sia fermato, col teatro attonito in religioso silenzio ad ascoltare le sue parabole di vita vissuta. Solo una volta gli applausi osano interrompere timidamente un passo dello show, quegli stessi applausi che si trasformeranno in torrenziale ovazione al termine della performance. Per quattro volte il fragoroso battimani del pubblico richiama Laurie sul palco, che ringrazia e si inchina quasi stupita di tanto calore.

Gli interrogativi esistenziali, la spiritualità e le paure di Laurie Anderson sono forse quelle di tanti di noi? Io penso di si, e mi piace pensare che l’applauso interminabile e commosso tributatole dai torinesi ne sia stata la chiara dimostrazione.

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