NURSE
WITH WOUND
Venezia
– Teatro Fondamenta Nuove, 24 Novembre 2007
Testo
e Foto by Oflorenz
Se
la laguna di Venezia, in questa uggiosa serata di fine novembre,
presenterà della strane increspature, non sarà di certo imputabile
a fredde correnti adriatiche provenienti chissà da dove. Ma
questo è un segreto di cui i signori che redigono i bollettini
del mare e del tempo mai verranno a conoscenza. Solo i 200
fortunati del Fondamenta Nuove, teatro veneziano dedito all’Avanguardia
più ardita collocato proprio di fronte all’Isola di San Michele
(quella che ospita il cimitero veneziano), custodiscono tale
preziosa notizia. La doppia data lagunare di NWW è uno di
quegli eventi che passerà alla storia, ne sono sicuro. Storia
per pochi, certo, ma forse anche per questo ancor più velata
da un alone di mito e di culto. Le folli menti dei 200 di
questa sera non sottostanno a catalogazione alcuna, giungendo
da derive cosmiche che travalicano le epoche ed i generi,
le diverse età anagrafiche ed i “look” dell’infinito carrozzone
del rock’n roll. Chi stasera è qui si è fatto, nella migliore
delle ipotesi, qualche centinaio di km. Sono pochi infatti
i dialetti del nord-est che mi capita di captare, mentre gli
idiomi di Asti, Roma, Torino, Francia, Austria e Regno Unito
si confondono, nel pre-concerto, in un unico magma variopinto,
accomunato dall’attesa spasmodica di conoscere due elementi
vitali della serata: cosa ci sarà al banco del merchandise,
e cosa suoneranno Steven Stapleton ed i suoi. Sulla prima
questione si fa presto chiarezza: nei primi minuti dopo l’apertura
delle porte un ben di Dio variegato forte di parecchi estratti
dalla rara discografia del nostro (e dei progetti dei suoi
amici e collaboratori) ci attende sull’agognato tavolino,
ma nel giro di poco restano solo le briciole. Sul tavolo i
segni delle unghie dei più assatanati che cercano di accaparrarsi
con bava alla bocca tutto ciò che gli manca sino all’ultimo
euro spendibile, con grande soddisfazione dello staff del
gruppo, conscio dello status di culto di NWW e del fanatico
attaccamento dei suoi adepti. Per quanto riguarda il punto
secondo, immagino invece che nessuno sappia esattamente cosa
Steven Stapleton, Colin Potter, Andrew Liles, Matt Waldron
ed il mitico David C93 Tibet abbiamo performato; del resto
poco importa, nel senso che l’approccio di Stapleton, uomo
dalla discografia più oceanica ed intricata al mondo (o è
quella dei Legendary Pink Dots…?!) travalica ovviamente da
sempre l’approccio “forma canzone”, a maggior ragione nelle
rare performance live. Ma andiamo con ordine. Spetta al sempre
valido ed ispirato nostro concittadino Fabrizio Modonese Palumbo
allenare mente e spirito dei convenuti, con l’interessante
progetto Blind Cave Salamander. Si tratta per la precisione
di un trio che ha in forza il nostro, coadiuvato dal fido
Paul Beauchamp e dalla violoncellista Julia Kent, e che ci
regala quasi un’ora di ottima sperimentazione basata su drones
di chitarra e violoncello che si sovrappongono ad un tappeto
di tastiere ed effetti, per un risultato finale peraltro dall’
ottima resa. Degna di nota una personale interpretazione della
mitica floydiana “Set the control for the heart of the sun”,
una delle migliori che ho sentito a tutt’oggi. Breve cambio
di allestimenti tecnici on stage ed ecco che l’impressionante
installazione video di NWW introduce l’ingresso del mitico
inglese, berrettino militare nero e pizzo rosso, come da tradizione.
L’impostazione on stage è di grande impatto: Steven ed i 4
collaboratori (tra cui una procacissima e tatuatissima fanciullona)
stanno in sequenza, l’uno accanto all’altro, di fronte ad
un interminabile desk, pronti a dare l’assalto con il loro
micidiale armamentario di macchine soniche. Il set consta
di un’unica, lunghissima suite di un’ora e un quarto, che
si evolve e si rincorre in un magma multiforme ricco di tutti
gli “skills” cui NWW ci ha abituato nel corso dei suoi 30
anni di onorata carriera. Basi di tipo dark ambient (pensate
a “Soliloquy for Lilitth” piuttosto che a “Salt Marie Celeste”)
vengono trafitte da rumori “concreti” ed effetti di ogni sorta,
con i movimentati intermezzi della tromba di Waldron, che
si dimostra anche abile bassista e canterino dalla voce molto
“blues”! In alcuni frangenti, un indiavolato Tibet in improbabile
completo di lino stropicciato e con occhi più spiritati del
solito recita e canta con voce effettata sulla musica dei
5, muovendosi per il palco come in preda ad un continuo attacco
epilettico. Ammirabile il lavoro estenuante di Colin Potter,
vera guida per i compagni di consolle ed indaffaratissimo
a correre da un desk all’altro per tutto lo show. Stapleton
interviene di continuo torturando le trame musicali con i
suoi diabolici aggeggi tra cui spicca qualcosa di simile ad
un arco da violino, ed il risultato è ipnotico, allucinato,
psichedelico. Un concentrato di Captain Beefheart/Krautrock/Coil/La
Monte Young si abbatte sulle nostre facce estatiche, ed eccoci
tutti a spellarci i palmi delle mani per richiedere un doveroso
bis, che arriva puntuale, ed poi ancora uno, con un allarmato
Steven che dal palco ci urla: “Ok! Just give us 5 more minutes,
we really need a beer now!!”. Il ritorno a piedi attraverso
le calli dell’umida notte veneziana avviene come in trance,
in compagnia di altri 4 ragazzi cui spetta una lunga notte
di treni per raggiungere l’agognata dimora. Io sono fortunato,
mi fermo a dormire in città; entrando in hotel, vedo il portiere
di notte che mi sorride porgendomi la chiave della stanza:
ha un ghigno identico a quello della cover di “Shipwreck radio
Volume 2”. La musica di NWW ha effetti paurosi e collaterali,
ma non pensavo fino a questo punto.
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