Salute
ragazzi, e benvenuti sulle frequenze oscure di Rosa Selvaggia.
MROF: Ciao, grazie! Tra le frequenze ci sentiamo sempre a nostro agio...
Ho avuto il piacere di seguire il vostro progetto sin dal nascere,
trattando tra l'altro il vostro EP di debutto proprio nell' ambito
del nostro spazio dedicato alle nuove uscite. Il Cd “Circuit Bending
Steampunk Industrial” coincide effettivamente con la nascita del vostro
collettivo oppure eravate già attivi da qualche tempo? So di alcune
vostre esibizioni nell’area genovese tra il 2011 e l’anno passato,
alle quali tra l'altro dobbiamo le 7 tracce del dischetto...
RB: Ci siamo presentati su diversi palchi genovesi alla fine del 2011.
La buona accoglienza che ha trovato la nostra musica ci ha piacevolmente
sorpreso, dato il genere, ehm, peculiare che proponiamo...
Conosco
personalmente solamente uno di voi, il carissimo Andrea Lombardi,
chi sono gli altri elementi del progetto e quale il ruolo di ognuno?
Trattasi di ensemble “modulare” e flessibile – come spesso accade
in molti progetti d'area sperimentale - oppure la formazione può considerarsi
definita e rigida?
RB: Guarda, stante il grande affiatamento e l'amicizia che ci lega,
è possibile che qualche elemento si aggiunga (ci piacerebbe una voce,
o uno strumento acustico) ma direi che il nocciolo del gruppo ha una
sua stabilità. Walter Giacchero oltre alla voce suona il Theremin
e altri strumenti autocostruiti di non immediata e agevole definizione;
lo stesso dicasi per Francesco Marini; Andrea Lombardi sta al mixer
e cura quella che chiamiamo “propaganda”: sito, pagina FB, merchandising,
rapporto con i locali, accessori visivi che usiamo dal vivo; io elaboro
e costruisco gli strumenti di cui sopra, e li suono pure. Inoltre
mi occupo della parte tecnica. Tutti partecipiamo alla composizione
dei brani.
“MROF
traggono segni sonori da circuiti elettronici rifunzionalizzati e
resi quanto più possibile critici dall’instabilità del punto di feedback”,
leggo sul vostro Blog. Una definizione che sa quasi di manifesto artistico
futurista, o magari di lucida follia dadaista. Qual è il vostro personale
background? Nel vostro Ep d’esordio ho intravisto schegge di krautrock
rimbalzare su solide pareti post-industriali, musica concreta, spoken
words e molto altro.
AL: Come totale non musicista, a parte il ruolo di “propaganda-abteilung”
ricordato poc’anzi da Raffaello, credo di contribuire, tramite alcuni
miei interessi, a alimentare le suggestioni che MROF fa sue e restituisce:
per esempio, molte letture che abbiamo in comune Raffaello e io, da
autori “standard” della cultura industriale, come Ballard, Sterling
e Burroughs, a altri meno consueti in questo contesto, come Céline,
Pound, Peter Russell o Lorenzo Viani, a un certo sguardo che abbiamo
verso la tecnica e la storia riemergono, talvolta, nell’esperienza
MROF. “Sonoramente”, il mio retroterra di ascolti - dall’industrial
classico dei TG, SPK, NON, Monte Cazazza e Maurizio Bianchi, ai field
recording e alla sound e noise art - mi aiuta nel disperato tentativo
di “fire catcher”, tramite il mixer, dei suoni generati dai più disparati
frutti della malvagità tecnica di Bisso e dalle performance agli strumenti
di Walter e Francesco, convogliandoli verso l’ascoltatore.
RB: Personalmente amo la musica cosiddetta contemporanea, grande contenitore
dal quale vorrei far risaltare nomi, o numi, come Webern, J. Tenney,
Cage, Arvo Pärt... certo Schaeffer per quanto riguarda la musique
concrète... amo anche la ricerca di personaggi come Nakamura o Alva
Noto. Di elettronica, industrial, ambient e metal - e di tutto ciò
che sta in mezzo - sono ascoltatore entusiasta ma asistematico. Mi
interessano anche le indagini e le ricostruzioni di suoni singoli
e decontestualizzati o di entità più complesse delle quali si occupa
l'antropologia della musica; degli strumenti, o meglio oggetti sonori,
dei popoli primitivi, o extraeuropei.
Ho
trovato alcuni spunti di ORGANOLOGIE, all'interno del booklet del
CD, decisamente interessanti. Il primo, tratto dalle parole dello
sperimentatore noise giapponese Toshimaru Nakamura, sul musicista
che finisce per essere quasi controllato/condizionato dal suono medesimo
da lui prodotto, una vera sfida contro i feedbacks generati dalle
proprie macchine. Capita durante una performance di MROF?
RB: Direi che sul palco lavoriamo perché in una nostra performance
succeda proprio quello! I pezzi hanno una struttura scritta, una durata
stabilita, dei passaggi fissi centrati su determinati eventi, a volte
testi anche piuttosto lunghi. All'interno di questo schema gli eventi
sonori non sono predeterminati, e possono diventare una sorpresa anche
per noi. Gli inneschi accidentali dell'ambiente, uno strumento con
una pila scarica, una maggiore o minore conduttività della pelle,
la luce stessa dell'ambiente interagiscono con i sensori dei nostri
generatori di suoni e noi controlliamo - fino ad un certo punto -
il risultato complessivo, esasperando o sviando i fenomeni che nascono
dai movimenti delle cariche elettriche e dai feedback acustici.
A
tal proposito parlavo tempo fa' con il vostro concittadino Stefano
Bertoli di KHN’SHS della bellezza dell’ improvvisazione, elemento
che senz’altro vi appartiene in maniera viscerale. Immagino che una
performance live di MROF possa risultare ogni volta come…la prima
volta!
WG: La comprensione del "momento" é importante, per quanto riguarda
la valutazione/composizione dell'atto sonoro in sé. Ma serve anche
per portarci vicino all'esecuzione "unisona" a livello circuitale,
quella dimensione acustica ideale a smembrare ogni credo musicale
dell'ascoltatore, ma anche di chi esegue. Personalmente credo giusto
trovare spazio "tra" le note, per quanto il termine nota perda di
significato in un contesto elettronico/modulato/ipnotico, e anzi rafforza
il messaggio puro che in realtà, e con molti sacrifici, intenzionalmente
creiamo. Si crea unicità col lusso di restare sempre attuali, calpestando
logiche usuali ed opinabili, e godendo della gioia che solo un circuito
alimentato bene può dare.
In
ORGANOLOGIE parlate anche dell' utilizzo dell'oggetto usurato e giunto
al termine della sua funzione tipica – ridotto quindi allo stato di
rifiuto – che torna a nuova vita attraverso l'utilizzo che lo sperimentatore
ne fa per generare suoni non convenzionali. Gli insegnamenti base
dell'industrial old-school se vogliamo: come vengono riattualizzati
nel flusso creativo di MROF?
Non saprei. Il processo che parte dal trovare un oggetto e termina
con un suono che viene prodotto durante un pezzo non assomiglia a
nessun altro processo. Di sicuro non è un'operazione post-punk, nel
senso che, senza falsa modestia, forse il nostro background è un pochino
più articolato dell' ”impara tre accordi e copia un riff famoso” e
poi... non ci prendiamo così sul serio; non è obsolete tech né post-consumerist
perché il discorso critica alla società dei consumi sa un attimino
di muffa o sbaglio? Semmai rimpiangiamo l'attimo in cui il Sapiens
silvopastorale faceva dei buchi in una canna, faceva girare il bullroarer
o soffiava in una conchiglia... e la storia poteva andare in un'altra
direzione.... Naturalmente scherzo.
My
Right of Frost, entità operante nell'anno 2013: creatura gravitante
nel bacino della cosiddetta grey area o semplicemente avantgarde?
Mi sa che ti ho già risposto nella risposta precedente...
MROF
MY RIGHT OF FROST EP Circuit Bending Steampunk Industrial
CD (Autoprod.)
L'avanguardista
progetto genovese manifesta dichiaratamente l'intento di inserirsi
nella contemporanea epoca "ipermoderna",
quella dei "rifiuti e del loro smaltimento impossibile". La
scelta di oggetti non convenzionali, che perdono la precedente
utilità per diventare fonte di materia sonora, é così l'essenza
stessa di MROF, che subisce a viso aperto la non prevedibilità
e incontrollabilità della materia sonora così generata, ma senza
temerne le conseguenze, anzi facendone un punto di forza come
del resto ogni ensemble che vuole definirsi "non conforme" dovrebbe
fare. Uomo e suono, (non)musicista e feedback interagiscono
in maniera continua e non predeterminata, senza la certezza
che sia necessariamente il primo a controllare il secondo, anzi.
Il quartetto di sperimentatori, composto da Raffaello Bisso,
Walter Giacchero, Francesco Marini ed Andrea Lombardi, ci regala
7 tracce registrate in presa diretta nel corso di due live tenuti
in quel di Genova nel biennio 2011/2012, per un Cdr EP che in
poco più di 20 minuti condensa Luigi Russolo, Krautrock, Industrial
e Punk. Se vi pare poco!
Sito web: http://myrightoffrost.blogspot.it/
(Oflorenz)