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LA CLAQUE DI DAFNE

 

Intervista di Fabio Degiorgi

 

Attiva nella seconda metà degli anni  ’90 e legata alla scena new wave romana di quel periodo, questa validissima band della capitale non solo si è recentemente riunita a circa 10 anni dallo scioglimento, ma in breve tempo ha dato pure alla luce il suo primo album ufficiale a lunga durata “Drei”, del quale potete leggere la recensione più in fondo. Quale migliore occasione quindi per farla conoscere anche ai nostri lettori? Risponde alle domande il chitarrista Gabriele Colandrea, già intervistato su Rosa Selvaggia qualche anno fa per l’uscita dell’album del suo progetto solista Stopper 72.

 

Anziché esordire con il classico “raccontateci come vi siete formati e perché”, sono troppo incuriosito dalla “preistoria” e ti chiedo – anche sinteticamente – quali sono state le vostre singole esperienze musicali precedenti a La Claque. Dopodiché puoi dire ai nostri lettori come vi siete incontrati per dare vita al gruppo…
Mio Dio… era meglio “raccontateci come vi siete formati e perché”…!
Per quanto riguarda Luca molto studio sulla batteria e gruppi cover, l’ultimo insieme ad Edoardo. Io ed Emiliano formammo un gruppo molto new wave nel 1989, gli Alchimia, sciolti nel ’91 dopo un demo, qualche concerto e tanta tanta buona volontà. Io subito dopo entrai nel gruppo che Perez, il produttore artistico di “Drei”, aveva prima di formare i Frangar Non Flectar, i Death Reflection, gruppo simil-punk molto CCCP-style. Ci siamo formati grazie ad un annuncio messo da me ed Emiliano in un negozio di dischi, quando ancora esistevano… pensavamo di rimediare componenti “sfusi”, e invece ci rispose una splendida sezione ritmica in blocco, più un tastierista, che durò davvero poco.

Sulla vostra biografia c’è scritto che la band si è sciolta nel 1999, a causa di “incomprensioni ed attriti”. Ti va di raccontarci cosa è successo all’epoca? Come mai vi eravate separati proprio con un album già in cantiere? Purtroppo sono frequenti i casi di gruppi che si sciolgono dopo aver pubblicato il primo disco ufficiale – nel vostro caso il mini CD “Fonetica Libera Trance” – a causa di aspettative mancate o di contrasti latenti che vengono a galla…
Un po’ di tutto quello che hai menzionato… aspettative mancate, contrasti latenti, divergenze caratteriali. Alla base di tutto, fondamentalmente, non abbiamo forse avuto la maturità per gestire una situazione che stava crescendo, piano ma stava crescendo. A ripensarci ora la Claque fu sciolta un po’ troppo frettolosamente, senza valutare bene tutte le soluzioni possibili. Se succedesse nuovamente, oggi, si affronterebbe la situazione con ben altra testa.

La reunion è avvenuta circa 10 anni dopo, ma so che tu ed Emiliano siete rimasti in contatto nel frattempo (vedi anche la collaborazione di Emiliano  all’album di Stopper 72). Da quanto tempo c’era il desiderio di rimettere in piedi La Claque? Quanto è stato difficile ricostituire la line-up originaria dopo gli attriti che ne avevano causato la rottura?
La Claque di Dafne è rimasta per tutto questo tempo nella testa e nel cuore di ognuno di noi, ma non abbiamo praticamente mai ritenuto possibile riunirci nuovamente, finché non abbiamo casualmente riallacciato i rapporti tra noi prima di tutto dal punto di vista personale, senza avere come fine ultimo il ricongiungimento del gruppo, poi, come si dice, da cosa nasce cosa… non era possibile che si riuscisse a fare tutto insieme tranne che suonare, la Claque valeva almeno un altro, l’ultimo, tentativo. Riunire la line-up originaria non è stato facile (e tu lo sai bene!), inizialmente Edoardo non era intenzionato a rientrare, e quindi abbiamo in effetti ricominciato provando altri bassisti, finché anche l’ultimo tassello non è tornato al suo posto.

Drei” è artisticamente prodotto dal fonico Perez (bassista dei Frangar Non Flectar), ma economicamente è prodotto dalla band stessa. Avevate proposto prima l’album a qualche etichetta, o avete preferito fare tutto da voi fin da subito?
L’argomento è stato toccato e liquidato in un secondo! Preferiamo fare da soli, non perché siamo a priori contrari ad avere un’etichetta, ma perché, necessariamente, si perde un po’ di libertà d’azione, è normale che sia così, e allora… ne deve valere davvero la pena. Piuttosto che appoggiarci ad una piccola etichetta che, fondamentalmente, a parte farti vendere 200 copie in più rispetto a quello che venderesti da solo, lascia il tempo che trova, preferiamo fare il disco che vogliamo noi, senza interferenze esterne.
Tra l’altro, dopo aver aspettato tanto, si sarebbe trattato di attendere ulteriormente che il master destasse l’attenzione di qualcuno… no!
Se c’è un aspetto positivo, nel panorama musicale di oggi, è che con spese relativamente contenute si può creare anche da soli un prodotto di qualità, se si sa come muoversi. 30 anni fa, quando i Bloody Riot furono il primo gruppo romano ad autoprodursi, era davvero una decisione coraggiosa, sia economicamente che culturalmente, visto che l’autoproduzione non era neanche lontanamente contemplata, oggi non è più così.  Andiamo avanti da soli, se poi dovesse presentarsi una situazione che davvero ci possa cambiare qualcosa, siamo ben disposti a valutarla.

Come stanno andando per adesso le vendite e le critiche di “Drei”? Avete l’aggancio di qualche distributore o fate tutto da voi anche in questo, in puro stile DIY?

Le critiche per il momento molto bene, devo dire… per le vendite è ancora presto, ma sappiamo che i tempi sono molto cambiati rispetto a 10-15 anni fa, e molto difficilmente sarà possibile ripetere il piccolo-grande successo del mini cd, che andò molto bene nei negozi. Contiamo sulle vendite nei live, ormai è quella la sede in cui è più semplice vendere dischi. Stiamo valutando l’opportunità di avere un distributore, ma anche qui vale un po’ il discorso fatto per le etichette… non si tratta di avere solamente qualcuno che venda, principalmente on line, il disco (già lo fa Pink Moon per noi), ma di avere un distributore che possa essere una “vetrina” vera e propria per il disco e per la Claque. Qualcosa di interessante c’è in giro, comunque.

Noterete la differenza fra il fare musica nel 1995 e il farlo nel 2010. Tre lustri che sembrano un secolo, fra l’avvento e  l’abuso di internet, la crisi dei CD, l’uso massiccio di software non solo per la musica elettronica, ma anche ad esempio per simulare suoni ed amplificatori reali, l’overdose di uscite e di progetti troppo spesso tutti uguali e puramente derivativi, il disinteresse del pubblico verso i concerti e verso l’originalità, ecc. ecc.: era meglio allora per voi, o tutto sommato è meglio ora?
Dal punto di vista strettamente del “musicista” non c’è storia… molto meglio oggi. Ti basti pensare che molta pre-produzione per “Drei” ho potuto farla tranquillamente in casa, potendo così elaborare suoni, idee ed esperimenti vari insieme agli altri prima di entrare in studio a registrare. Come tutto, non esiste nulla che di per sé sia negativo, ma spesso l’utilizzo che si fa della tecnologia e delle nuove possibilità che i “tempi moderni” ci offrono può creare, e di fatto è così, un appiattimento dell’offerta-musica e una conseguente insensibilità dell’ascoltatore che, sommerso da miliardi di nuovi “artisti”, non riesce ad orientarsi e a dare il giusto valore a ciò che ascolta. Da questo punto di vista era meglio prima, era molto più difficile creare un prodotto, promuoverlo e diffonderlo, ma questo creava quasi una specie di selezione naturale, per cui solo i più motivati riuscivano a conquistarsi una piccola fetta di pubblico da cui farsi amare e, di conseguenza, questo pubblico viveva come una conquista arrivare a certe realtà semi-sconosciute, e quando ci riusciva non le mollava più, le divorava fino all’osso.

 Mi ha colpito il testo di “Activist”: so del tuo sostegno alla causa animalista, anche gli altri tre membri della Claque sono coinvolti allo stesso modo?
Luca aveva velleità da veterinario, da piccolo, poi ha scoperto che bisognava addirittura sostenere degli esami per farlo… così ha lasciato perdere. Io sono la frangia più estremista del gruppo in questo campo, ma la sensibilità verso l’argomento è comunque condivisa da tutti.

Quali sono le influenze extra-musicali de La Claque di Dafne? Cinema, arte, letteratura, esperienze di vita reale…
Interessi extra-musicali molti, che poi diventino addirittura influenze… dovrei pensarci un po’, non saprei.
Molto cinema per tutti quanti, arte poca… per quanto mi riguarda molta lettura. Fondamentalmente sì, è molto probabile che tutto ciò possa influenzare la sfera più strettamente musicale. Ciò che viene creato nasce per forza da uno stato d’animo, anche inconsapevolmente, magari, e un film, un quadro, un libro, possono modificare, anche solo per un momento, uno stato d’animo, e di conseguenza influire sulla musica che scrivi, così come le esperienze di vita reale, del resto.

 Come sapete, “Rosa Selvaggia” si rivolge al pubblico dark, gothic, industrial, electro, ecc. Nella vostra musica, e soprattutto nelle tue chitarre, si sentono le influenze della migliore dark wave e new wave degli anni ’80 (Cure, Sad Lovers & Giants, Mission, Diaframma). Conoscete e seguite anche la scena attuale? Al di là dell’universo musicale oscuro, quali sono stati invece gli ascolti recenti che vi hanno maggiormente colpito?
La scena dark-wave attuale la seguiamo poco, a dire la verità, non credo sia particolarmente stimolante, purtroppo, fatta eccezione per gli Editors, secondo me… L’appiattimento di cui si parlava prima sembra essersi esteso anche a chi i dischi non li fa a casa ma in maniera ben più professionale. Sembra siano tutti registrati nello stesso studio, masterizzati allo stesso modo, in poche parole, suonano tutti uguali!
Trovo che le produzioni degli ultimi anni dei Cure o degli U2, per fare i primi nomi che mi vengono in mente, pur essendo artisticamente molto inferiori alle loro uscite storiche, abbiano almeno una personalità che li rende comunque distinguibili dal resto, questo manca oggi. Al di là della musica oscura Luca è un metallaro storico (anche io, lo ammetto… ), al momento ascolta The Dillinger Escape Plan. Io adoro Porcupine Tree e Godspeed You!Black Emperor. Emiliano è molto più “instabile” come ascolti, è quello tra noi più aperto a suoni ed atmosfere più etniche, Edoardo addirittura suona nei Nidi d’Arac, che ripropongono musica tradizionale del Salento (brani originali, comunque) in chiave anche moderna-dub-elettronica…

Avete già ricominciato a suonare del vivo? Preferite organizzarvi da soli i concerti, o pensate di affidarvi a qualche management o agenzia?
Riprenderemo a breve… da quello che sento le agenzie non se la passano bene al momento, per ora meglio fare da soli. Vale un po’ il discorso fatto per etichetta e distributore, fondamentalmente, anche se, devo dirti, mentre le idee dell’etichetta e del distributore ci sono passate per la testa, quella del management per i concerti non è mai saltata fuori. Del resto, credo che il management per i concerti sia solamente l’ultimo, eventuale, anello della catena, prima ci sono etichetta e distributore… mancando i primi due, il terzo perde senso automaticamente.

Una domanda che ho sentito fare ad altri musicisti ed artisti della vostra città: qual è il vostro rapporto personale con Roma, e quanto la Città Eterna si riflette – se si riflette in qualche modo – nella musica che fate?
L’ho sentita fare anche io questa domanda, e le risposte le ho trovate, spesso, un po’ forzate… il fatto di avere il Colosseo a 7 KM in linea d’aria non deve necessariamente farti dire che le rovine di questo storico rudere influenzano la tua musica… ! No, la Claque sarebbe la stessa anche se fossimo nati e cresciuti altrove, fatta eccezione, questo sì, per i versi di “Novgorod”, “… e sono nato sulle rive del biondo Tevere…”. Se Roma continua così sarà eterna ancora per poco… possiamo dire che Roma è bellissima, è vero, lo è… ma onestamente poco mi importa se poi è anche una città praticamente invivibile, disorganizzata, soffocante… questo è il nostro rapporto con la città eterna, Edoardo si è addirittura trasferito fuori Roma…

Grazie per l’intervista Gabriele, puoi chiudere dicendo ai lettori quello che vuoi…
Ci tenevamo a citare Perez, che ha prodotto artisticamente “Drei”, e che è stato di vitale importanza per il risultato finale. E’ stato a tutti gli effetti il “quinto elemento” della Claque, ed è giusto che il disco sia considerato suo quanto nostro. Ringraziamo RS per lo spazio, e personalmente sono contento di aver fatto questa intervista proprio con te… il 2010 ha dato alla luce, finalmente i due dischi che, per diversi motivi e con diverse storie alle spalle, aspettavamo da anni (la Claque e i “tuoi” Vidi Aquam, per i lettori…), non ci siamo arresi, ed è bello che siamo qui insieme a raccontarlo…

Contatti: laclaquedidafne@libero.it

Sito web: www.myspace.com/laclaquedidafne

LA CLAQUE DI DAFNE
Drei
CD
(Autoproduzione)

Ritorna il quartetto romano attivo nella seconda metà degli anni ’90, autore del bellissimo e particolare mini CD in formato 3” “Fonetica Libera Trance”, pubblicato nel 1996 ed ormai introvabile. La necessità di ricostruire una forza ed un progetto comune interrotti sul più bello ha fatto sì che la line-up di questo primo album ufficiale sia la stessa delle origini, con Emiliano Bortoluzzi alla voce, Gabriele Colandrea alla chitarra (già conosciuto sulle nostre pagine per il suo side-project Stopper 72), Edoardo Targa al basso e Luca Fortunato alla batteria. Musicalmente la band apparteneva alla scena new wave cittadina, nonostante questa definizione appaia limitante oggi come allora, infatti le influenze disparate creano un suono molto personale e non proprio catalogabile: a certe armonie ed arpeggi chitarristici di matrice dark wave, si innestano da un lato una sezione ritmica granitica e rockeggiante, dall’altro la voce delicatissima e spiritata di Emiliano, che dà quasi un tocco di prog primi anni ’70 al tutto. Se per ‘indie’ si intende l’essere davvero indipendenti, non sonorità e pose tanto inflazionate quanto ‘trendy’, allora La Claque è un gruppo totalmente ed autenticamente indie, visto che “Drei” è prodotto dalla band stessa, con l’eccellente produzione artistica di Perez dell’Audiolab Studio, bassista ed altro personaggio storico della scena capitolina, presente pure come ospite in alcuni brani (ai cori, rumori e basso sintetico), come pure la violinista H.E.R.
Il CD inizia con l’ottima e potente “Fonetica Libera Trance” (un omaggio al loro primo EP, dove non c’era nessun brano con questo titolo), che fa sobbalzare dalla sedia e capire di essere al cospetto con un gruppo che sa il fatto suo.  Fra i miei brani preferiti ci sono poi “Activist”, la struggente “Katyusha for breakfast”, e la frenetica “Enchanté”. Nel disco ritroviamo pure le quattro tracce presenti sull’EP del 1996: “Sul tempo non cortese”, “Tu quoque” ed “Elettra” in versioni nuove e ri-registrate, mentre “Rad 6283“, messa come ghost-track, è tratta da una vecchia registrazione del ’96. E ritroviamo anche una nuova versione di “Novgorod”, brano già apparso sul CD di Stopper 72. Eppure non si avverte nessuna disomogeneità fra materiale ‘vecchio’ e nuovo, grazie alla capacità dei nostri di fondere continuamente rabbia e malinconia, con innesti spiazzanti – si sentano “Sul tempo non cortese”, la già citata “Enchanté” e “Tu quoque” – ed  arrangiamenti indovinati e mai ridondanti (niente inutili tastiere, ma un gran lavoro di chitarre, semplici ed avvolgenti). Per concludere, devo segnalarvi di fare attenzione anche ai testi, i quali si collocano sullo stesso alto livello della musica, sempre profondi nella loro essenzialità. Lunga vita a La Claque di Dafne!  
(Fabio Degiorgi)