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Handmade Festival Guastalla (RE)
10-11 Giugno 2023


Testo di Luca Sponzilli
Foto di Barbara Lodi

L’Handmade è un importante Festival Italiano che si svolge ogni anno, in Giugno, sulle rive del Po e più precisamente nella piccola cittadina di Guastalla, Reggio Emilia. A dar maggior visibilità (ed attenzione) alla rassegna è stata la presenza, nel corso delle sue edizioni, di nomi considerevoli/famosi della scena indipendente e/o di un certo tipo di sonorità, stranieri e non, oltre alla consueta vetrina di outsiders in cerca di notorietà (e quale migliore occasione l’esibirsi davanti a molta gente). Ma quello che mi preme evidenziare è l’ingresso gratuito all’evento, cosa che inevitabilmente attira curiosi o semplici appassionati di musica al punto che lo spazio Festival, la frazione di Tagliata rurale landa soleggiata, diviene, con le dovute proporzioni, una sorta di Woodstock (forse mi sto spingendo in là ma è quello che penso).
Due giorni di musica dal vivo, tre palchi, stand di ogni genere e merchandising, artigianato, un vinyl-market e di contorno la ricca cucina tradizionale Emiliana. Per impegni lavorativi salto la giornata inaugurale del sabato (mi giungono ottimi riscontri circa la stessa); si parte domenica pomeriggio, Barbara ha preparato le sue fotocamere ed arriviamo a destinazione poco dopo le 18:00.

Una volta entrati nell’Area Concerti, mi proietto immediatamente nell’atmosfera dei “Live!”; saluto, doverosamente, Lady Lilith-Rita Oberti e Thalia Zedek quindi prendiamo posto dinanzi al Palco B poiché alle 19:45 suoneranno i Not Moving, Per Lilith, Tony Face e Dome La Muerte ho sempre avuto un debole, o meglio una venerazione, fin dai loro esordi con i singoli antecedenti l’LP “Sinnermen”; nella migliore tradizione Rock’N’Roll, i Not Moving (va ricordato che al nome iniziale hanno aggiunto la sigla Ltd.) trasudano sex-appeal e contagiosa energia. La loro performance è di circa mezz’ora (o poco più) e per gli amanti delle statistiche suonano alcuni dei loro brani classici (Baron Samedi, Sinnermen, Goin’ Down), estratti da “Love Beat” e la cover dei Velvet Underground “Venus in Furs”. Alle 20:30 ci dirigiamo verso il palco A, quello principale del Festival, per i COME; i quattro di Boston (Massachusetts), capitanati per l’appunto da Thalia Zedek, sono stati una delle migliori Band di Rock Alternativo degli anni Novanta.. Nelle loro sonorità convivevano e convivono (vista la recente Reunion) Blues/Post-Punk/Slow-Core e Noise; la voce della Zedek, abrasiva e struggente, regala attimi di ineguagliabili emozioni ed il tempo sembra essersi fermato in quel decennio dove gli stessi partorirono tre piccoli capolavori: ‘Eleven: Eleven’(1992), ‘Don’t Ask Don’t Tell’(1994) e ‘Near Life Experience’(1996).




 Alle 21:25 è il momento dei BLURT, palco C, formazione appartenente alla corrente della No Wave dei primi anni ’80 ed altro gruppo che ai tempi rientrava nei miei favori;violente bordate di Sax come schegge sonore impazzite che rimandano inevitabilmente all’esplosione del Post-Punk.
21:55 Palco B: con l’esibizione di Lydia Lunch ed i suoi Retrovirus, di certo l’ospite più attesa che non ha deluso le aspettative con la sua furia iconoclasta, si conclude il mio Festival verso il quale va tutto il mio plauso per l’eccellente organizzazione e la varietà di proposte fini a soddisfare anche i palati più esigenti. Ci si rivede il prossimo Giugno 2024.

Not Moving, 11-06-2023, Handmade Festival Guastalla (RE), Palco B
Probabilmente il mensile “Rockerilla” è stato negli anni Ottanta il principale strumento, oltre alle coraggiose radio indipendenti, di diffusione di un certo tipo di musica e questo non lo dico io ma lo confermano i fatti. Nel 1982, sotto l’algida regia di Claudio Sorge, la rivista pubblicava una compilation dal titolo “Gathered” dalla quale emergevano diverse formazioni che lasciavano ben sperare. Tra queste i Not Moving da Piacenza, band che fin da subito attirava le mie attenzioni per via di quel particolare suono tra X e Cramps senza perdermi nessuna delle loro uscite discografiche e riuscendo a vederli ‘on stage’ in un paio d’occasioni (memorabile il concerto a Bari nella primavera del 1987).
Dopo la recente Reunion, i Not Moving hanno portato in giro per l’Italia il nuovo lavoro “Love Beat” (disco recensito dal sottoscritto su queste pagine) e la loro presenza all’Handmade Festival di Guastalla è l’occasione per poter nuovamente assistere ad un loro avvenimento. Il quartetto (a Lilith, Tony Face e Dome si è aggiunta la nuova chitarrista Iride Volpi) si esibisce sul Palco B alle ore 19:45 e la performance, una cavalcata di circa mezz’ora, entusiasma i numerosi ‘aficionados’ del gruppo presenti sul prato dell’area concerti. I Not Moving continuano ad essere tra la migliori formazioni di Rock’N’Roll del Panorama Musicale Underground Italiano (parliamo di elementi con oltre 40anni di carriera alle spalle), coinvolgenti e con quel fascino sinistro carico di sex-appeal. Apre ‘Sinnermen’ seguita a ruota da ‘Suicide Temple’ (ambedue dal primo album del 1986 “Sinnermen”) apoteosica introduzione con la quale hanno volutamente ricordare i giorni degli esordi, quando suonare dal vivo era l’unico modo per farsi conoscere. Dal nuovo “Love Beat” eseguono ‘Down She Goes’, la title-track e ‘Deep Eyes’ intervallate da ‘Goin Down’ e ‘Baron Samedi’, titoli rispettivamente estrapolati dai 45giri “Black’N’Wild” (1985) e “Strange Dolls” (1982). Le chitarre affilate come lame di rasoio di Dome La Muerte e Iride Volpi, la quiete inquieta ritmica/batteria di Tony Face, il canto passionale/pungente di Lady Lilith ed il surrounded nell’entusiasmo mi portano all’incauto confronto/paragone con i Jefferson Airplane, ammirati tante volte in video nelle esibizioni ai frequenti raduni della Summer of Love (immagino i rumors a quanto appena esposto ma è quello che penso). C’è spazio anche per ‘I Need Somebody’, canzone appartenente al repertorio Lilith and the Sinnersaints combo Blues/Soul/Jazz della vocalist Rita Oberti, ‘Venus in Furs’ cover dei Velvet Underground e ‘I Just Wanna Make Love to You’ (per i più esigenti b-side del succitato 45giri “Black’N’Wild”) a completare il quadro, con la band, acclamata, a salutare il numeroso pubblico ipnotizzato da questi ‘figli ribelli’ del Rock.