L’Handmade è un
importante Festival Italiano che si svolge ogni
anno, in Giugno, sulle rive del Po e più
precisamente nella piccola cittadina di Guastalla,
Reggio Emilia. A dar maggior visibilità (ed
attenzione) alla rassegna è stata la presenza, nel
corso delle sue edizioni, di nomi
considerevoli/famosi della scena indipendente e/o
di un certo tipo di sonorità, stranieri e non,
oltre alla consueta vetrina di outsiders in cerca
di notorietà (e quale migliore occasione
l’esibirsi davanti a molta gente). Ma quello che
mi preme evidenziare è l’ingresso gratuito
all’evento, cosa che inevitabilmente attira
curiosi o semplici appassionati di musica al punto
che lo spazio Festival, la frazione di Tagliata
rurale landa soleggiata, diviene, con le dovute
proporzioni, una sorta di Woodstock (forse mi sto
spingendo in là ma è quello che penso).
Due giorni di musica
dal vivo, tre palchi, stand di ogni genere e
merchandising, artigianato, un vinyl-market e di
contorno la ricca cucina tradizionale Emiliana.
Per impegni lavorativi salto la giornata
inaugurale del sabato (mi giungono ottimi
riscontri circa la stessa); si parte domenica
pomeriggio, Barbara ha preparato le sue fotocamere
ed arriviamo a destinazione poco dopo le 18:00.
Una volta entrati
nell’Area Concerti, mi proietto immediatamente
nell’atmosfera dei “Live!”; saluto, doverosamente,
Lady Lilith-Rita Oberti e Thalia Zedek quindi
prendiamo posto dinanzi al Palco B poiché alle
19:45 suoneranno i Not Moving,
Per Lilith, Tony Face e Dome La Muerte ho sempre
avuto un debole, o meglio una venerazione, fin dai
loro esordi con i singoli antecedenti l’LP
“Sinnermen”; nella migliore tradizione
Rock’N’Roll, i Not Moving (va ricordato che al
nome iniziale hanno aggiunto la sigla Ltd.)
trasudano sex-appeal e contagiosa energia. La loro
performance è di circa mezz’ora (o poco più) e per
gli amanti delle statistiche suonano alcuni dei
loro brani classici (Baron Samedi, Sinnermen,
Goin’ Down), estratti da “Love Beat” e la cover
dei Velvet Underground “Venus in Furs”. Alle 20:30
ci dirigiamo verso il palco A, quello principale
del Festival, per i COME; i
quattro di Boston (Massachusetts), capitanati per
l’appunto da Thalia Zedek, sono stati una delle
migliori Band di Rock Alternativo degli anni
Novanta.. Nelle loro sonorità convivevano e
convivono (vista la recente Reunion)
Blues/Post-Punk/Slow-Core e Noise; la voce della
Zedek, abrasiva e struggente, regala attimi di
ineguagliabili emozioni ed il tempo sembra essersi
fermato in quel decennio dove gli stessi
partorirono tre piccoli capolavori: ‘Eleven:
Eleven’(1992), ‘Don’t Ask Don’t Tell’(1994) e
‘Near Life Experience’(1996).
Alle 21:25 è il
momento dei BLURT, palco C,
formazione appartenente alla corrente della No
Wave dei primi anni ’80 ed altro gruppo che ai
tempi rientrava nei miei favori;violente bordate
di Sax come schegge sonore impazzite che rimandano
inevitabilmente all’esplosione del Post-Punk.
21:55 Palco B: con
l’esibizione di Lydia Lunch ed i
suoi Retrovirus, di certo
l’ospite più attesa che non ha deluso le
aspettative con la sua furia iconoclasta, si
conclude il mio Festival verso il quale va tutto
il mio plauso per l’eccellente organizzazione e la
varietà di proposte fini a soddisfare anche i
palati più esigenti. Ci si rivede il prossimo
Giugno 2024.
Not Moving,
11-06-2023, Handmade Festival Guastalla (RE),
Palco B
Probabilmente il
mensile “Rockerilla” è stato negli anni Ottanta il
principale strumento, oltre alle coraggiose radio
indipendenti, di diffusione di un certo tipo di
musica e questo non lo dico io ma lo confermano i
fatti. Nel 1982, sotto l’algida regia di Claudio
Sorge, la rivista pubblicava una compilation dal
titolo “Gathered” dalla quale emergevano diverse
formazioni che lasciavano ben sperare. Tra queste
i Not Moving da Piacenza, band che fin da subito
attirava le mie attenzioni per via di quel
particolare suono tra X e Cramps senza perdermi
nessuna delle loro uscite discografiche e
riuscendo a vederli ‘on stage’ in un paio
d’occasioni (memorabile il concerto a Bari nella
primavera del 1987).
Dopo la recente
Reunion, i Not Moving hanno portato in giro per
l’Italia il nuovo lavoro “Love Beat” (disco
recensito dal sottoscritto su queste pagine) e la
loro presenza all’Handmade Festival di Guastalla è
l’occasione per poter nuovamente assistere ad un
loro avvenimento. Il quartetto (a Lilith, Tony
Face e Dome si è aggiunta la nuova chitarrista
Iride Volpi) si esibisce sul Palco B alle ore
19:45 e la performance, una cavalcata di circa
mezz’ora, entusiasma i numerosi ‘aficionados’ del
gruppo presenti sul prato dell’area concerti. I
Not Moving continuano ad essere tra la migliori
formazioni di Rock’N’Roll del Panorama Musicale
Underground Italiano (parliamo di elementi con
oltre 40anni di carriera alle spalle),
coinvolgenti e con quel fascino sinistro carico di
sex-appeal. Apre ‘Sinnermen’ seguita a ruota da
‘Suicide Temple’ (ambedue dal primo album del 1986
“Sinnermen”) apoteosica introduzione con la quale
hanno volutamente ricordare i giorni degli esordi,
quando suonare dal vivo era l’unico modo per farsi
conoscere. Dal nuovo “Love Beat” eseguono ‘Down
She Goes’, la title-track e ‘Deep Eyes’
intervallate da ‘Goin Down’ e ‘Baron Samedi’,
titoli rispettivamente estrapolati dai 45giri
“Black’N’Wild” (1985) e “Strange Dolls” (1982). Le
chitarre affilate come lame di rasoio di Dome La
Muerte e Iride Volpi, la quiete inquieta
ritmica/batteria di Tony Face, il canto
passionale/pungente di Lady Lilith ed il
surrounded nell’entusiasmo mi portano all’incauto
confronto/paragone con i Jefferson Airplane,
ammirati tante volte in video nelle esibizioni ai
frequenti raduni della Summer of Love (immagino i
rumors a quanto appena esposto ma è quello che
penso). C’è spazio anche per ‘I Need Somebody’,
canzone appartenente al repertorio Lilith and the
Sinnersaints combo Blues/Soul/Jazz della vocalist
Rita Oberti, ‘Venus in Furs’ cover dei Velvet
Underground e ‘I Just Wanna Make Love to You’ (per
i più esigenti b-side del succitato 45giri
“Black’N’Wild”) a completare il quadro, con la
band, acclamata, a salutare il numeroso pubblico
ipnotizzato da questi ‘figli ribelli’ del Rock.
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