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DESTINATION MORGUE VI
The Industrial Festival of Rome
Roma @
Closer Club, 4-5 genn 2013

testo e foto by Oflorenz

 


 

Il Destination Morgue si conferma ormai – alla sua sesta edizione - come realtà imprescindibile della grey area italiana, portandoci finalmente ai livelli d'eccellenza tedeschi in termini di standard organizzativi e qualità della proposta.

Per questa mega edizione del raduno industriale capitolino i progetti in ballo sono addirittura otto, con partenza il venerdi sera e gran finale il giorno seguente: le presenze saranno ottime per entrambe le serate, con leggera prevalenza al sabato, giornata forse più agevole soprattutto per i parecchi intervenuti da zone lontane dalla capitale. La nostra speranza è che festival di questo tipo inizino a raccogliere maggiore interesse anche all’estero (come successe per alcune mitiche edizioni del Congresso Post Industriale di OEC), non possiamo infatti dimenticare che l’Italia, pur avendo sofferto sino a qualche tempo fa una certa penuria di eventi, ha sempre avuto una gran tradizione a livello di gruppi della cosiddetta grey ar

ea, addirittura spesso apprezzati più oltralpe che in casa.

Ven. 4 Gennaio
Mentre i primi 50 fortunati acquirenti dei tickets in prevendita iniziano a ritirare la compilation nominativa in fiammante cartoncino rosso, Marcello “Spectre” Fraioli apre le ostilità con un set dalle frequenze dilatate e sperimentali, ben lontane dallo stile cantautorale oscuro dei dischi di studio (ricordiamo gli ottimi “Mantra Voluntatis” ed il successivo “10 pezzi facili”). La traccia unica del singer di Ain Soph, ulteriormente rafforzata da alcune deliranti scene tratte da una pellicola di Tetsuo, fa letteralmente decollare il pubblico del Closer verso multicolori ambientazioni psycho-droniche. Un pensiero va nel frattempo anche all’assente Laxative Souls, sostituito proprio da Spectre: un incidente gli ha impedito di presenziare al festival, da parte nostra i migliori auguri di pronta guarigione!

Alessandro Marchettini, tra i masterminds del festival sin dalle primissime edizioni, dimostra ancora una volta di essere grande intrattenitore ed “animale da palco”, grazie al set tagliente e cattivo di No Light for Tomorrow. Supportato dai guitar drones di Simona Ferrucci, “Mister Malato” scende più volte tra il pubblico ad urlarci in faccia massicce dosi di rabbia power-electronics, che trovano il picco massimo nella seconda fase dello show ed anche una vena poetica e nichilista nella finale “Le mie parole cadono nel vuoto del nulla“, brano presente tra l’altro nella compilation nuova di zecca del DM. Echi dei mitici CCC CNC NCN piuttosto che DisorDNE risuonano tra queste note malate, non potremmo desiderare di meglio.

Un rapido cambio palco per predisporre l’originale set di LCHM, ove la scena on stage è lasciata al libro del danese JØrn Riel da cui la coppia di Bassano del Grappa ha tratto ispirazione nella stesura dell’ affascinante “Terra Australis Incognita”, da noi già recensito su queste pagine. Yvan e Monica sono superlativi in cabina di regia, il primo nel tessere le gelide trame ambientali già ampiamente apprezzate nel disco d’esordio, la seconda nell’improvvisare in diretta una sequenza di immagini a tema costruite proprio con una serie di sue splendide fotografie invernali. Il concept de Les Champs Magnétiques – ambientato nella desolazione e nell’isolazionismo totale della Groenlandia centrale – viene valorizzato ed esaltato dai visuals proiettati per l’intera durata del set, che uniti ai tappeti ambientali cesellati da Yvan conducono l’audience in un vero e proprio trip tra quelle terre lontane ed ostili.

L’ora è ormai tarda, ma l’attesa è elevata: P.NG5361 Bandera e Andrea Chiaravalli stanno per calcare lo stage del Closer, mandando in scena un frammento di storia dell’elettronica estrema nostrana: Iugula-Thor! Progetto nato in simbiosi con i seminali Sigillum S del magico duo Eraldo Bernocchi/Paolo Bandera ed operante in strettissima collaborazione con la creatura Sshe retina Stimulants di Paolo, Iugula-Thor ci assale sin dall’iniziale intro di “Kerfeest” con il mix micidiale tra i riff di basso dell’incappucciato Andrea e le rasoiate analogiche di Paolo. I due si completano in maniera modulare e perfetta, sia quando suonano con il moniker di Sshe Retina (li vidi non troppo tempo fa a Milano ad aprire per il mitico Merzbow) che, come questa sera, sotto l’altrettanto storico vessillo di Iugula-Thor. Fantastici i visuals surreali quanto psichedelici, che completano le spirali soniche di “Black Mamba” piuttosto che “Forced Flesh” per un’ora di total-avantgarde ai massimi livelli. Per il sottoscritto l’high-light di questo sesto DM, insieme alla prformance di Lyke Wake che verrà l’indomani.

Sabato 5 Gennaio
Si parlava di Lyke Wake. Sembrava impossibile rivedere in azione lo storico progetto di Stefano Di Serio (l’esordio di “Necronomicon” è targato nientedimeno che 1981!!), ma i poteri della possente macchina organizzativa del festival capitolino fanno il miracolo. E che miracolo: la suite elettronica di Stefano, accompagnata da avvincenti immagini d’epoca sui padri fondatori sovietici dell’anarchico pensiero, sarà per chi scrive uno dei momenti di massima intensità dell’intero festival. Il folto pubblico, che ad una prima impressione pare leggermente più numeroso rispetto alla serata precedente, rimane ipnotizzato dall’oscura ambient delle lunghissime “Tre dream apart” e “The noise inside”, tratte dal recente lavoro targato 2012 e disponibile in “forma liquida” “Mother will take me to the sky”. Stefano privilegia la sua produzione più recente, e comunque posteriore al 2010, ed a noi viene voglia immediatamente di andare a riscoprire la nutrita produzione del passato, in gran parte su nastro come si usava nell’epoca d’oro della scuola post-industriale nostrana.


La mistica entità Urna del partenopeo Gianluca Martucci conferma anche dal vivo la bravura già ampiamente espressa nella produzione di studio in questi ultimi anni. Filosofie orientali, esoterismo e mistero trovano la loro dimensione ideale nelle costruzioni (dark)ambient di Gianluca, che ultimamente ha esplorato con passione le antiche tradizioni tibetane e l’arte affascinante del Teatro No nipponico. Proprio a questi temi viene dedicata buona parte dei visuals che accompagnano l’esibizione di Urna, in un set che amalgama tappeti elettronici analogici all’utilizzo di antichi strumenti a corda, campane tibetane, uno speciale harmonium e tamburi che danno non poco spessore al substrato percussivo di alcuni brani.

Gianluca Becuzzi non necessita certo di presentazioni: lo sperimentatore toscano calca le scene italiche underground da oltre quattro lustri, ricordiamo con piacere le collaborazioni con Kirlian Camera, gli imprescindibili Limbo, le digressioni glitch minimaliste di Kinetix e più recentemente le produzioni elettro di Noise Trade Company e la sempre più corposa produzione a nome Gianluca Becuzzi. Il set di stasera corrisponde più che mai al concetto di avanguardia a tutto tondo: sopra una dissonante base elettronica che rammenta a tratti lo sferragliare di un treno Gianluca utilizza in maniera del tutto non convenzionale rullanti e piatti amplificati, percuotendoli e martoriandoli con le bacchette per poi “suonarli” con campane ed oggetti metallici di varia natura. Una performance cerebrale e decisamente “avanti”, non servono altre parole!

Corna di svariate dimensioni, crocefissi rovesciati, un teschio animale ed alcune candele rituali preparano l’ingresso dei quattro incappucciati di Satanismo Calibro 9, cui spetta l’onore di chiudere definitivamente il sipario su questa sesta edizione del festival romano. L’impatto scenico è impressionante, ricordandomi le sinistre ambientazioni che furono di occulti maestri del nostro passato, qualcuno ricorda i mitici Mercyful Fate? Corsi e ricorsi storici potremmo dire, ma qui ad andare in scena non è la voce in falsetto di Re Diamante, bensì il devastante muro di suono degli autori di “Isis Rising“, uscito recentemente per la gloriosa scuderia di Old Europa Cafe. In un certo senso il set più estremo del festival, riecheggiante quel noise-wall alla Sunn O) che i quattro di Doktor Pery costruiscono – anziché in chiave chitarristica – con mefitici ed ossessionanti layers elettronici. Una cortina sonica nera come la pece cala sul club di Via Vacuna, chiudendo definitivamente la sesta rassegna del Destination Morgue.


La macchina da guerra di Marchettini e soci si é rimessa sin da subito al lavoro, e già siamo chiamati a compilare una teorica wanted-list di progetti che vorremmo vedere in azione per la prossima edizione. Fatevi avanti allora, lì a Roma fanno sul serio.