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DEEP EYNDE + MACABRO SHOW
SoundFactory. Torino, 26 Dicembre 2005

Testo by Scream

In un S. Stefano freddo e rarefatto, ci apprestiamo ad ascoltare e vedere una delle band deathrock o horror punk, che dir si voglia, tra le più trascinanti del panorama americano.
All’ingresso del locale incontriamo i soliti volti amici, che anche durante questo week end festivo non mancano un appuntamento live interessante come questo. Nonostante le abbuffate natalizie, e quindi la pigrizia conseguente il locale inizia a riempirsi in modo adeguato, anche se nella sala del concerto lo spazio non è molto. Ma il numero delle persone risulta sicuramente soddisfacente per questo evento.
Per primi salgono sul palco i Macabro Show, vecchie conoscenze della scena underground di Torino, provenienti da varie esperienze musicali in altre band torinesi. Rispetto al concerto che mi aveva già visto spettatore un annetto fa, è cambiato il bassista, mentre il resto del gruppo è rimasto invariato. L’inizio è dei migliori, con pezzi che tagliano l’aria, rallentano per poi riprendere in un ritmo rock & roll cupo e lancinante.
Ascoltando la voce di Elena Camusso pare riecheggiare nelle mie orecchie le performance di Ann Marie Hurt, vocalist dei compianti Skeletal Family e Ghost Dance. Il sound molto darkeggiante con inserti di chitarra di chiara matrice post punk ’80, sono ben eseguiti, ed il pubblico risponde con entusiasmo alle sollecitazioni uditive e visive che la band propone.
Finito il concerto dei Macabro Show, dopo un po’ di relax salgono sul palco i Deep Eynde (foto a destra) frontline della serata. La band californiana, capitanata da Fate Fatal, si presenta sul palco in modo abbastanza anonimo fino a quando non sbuca dai camerini il cantante con una maschera da teschio a coprire completamente il volto.
Il loro sound molto robusto e veloce, scatena da subito il pogo (per quanto il locale lo possa permettere) delle prime file.
La voce di Fate Fatal assume echi vananiani di damnediana memoria, la musica invece rimane un misto di punk, hardcore e dark anni ’80.
Vengono suonati numerosi brani, ma con il passare del tempo a ballare sotto il palco rimangono in pochi, mentre i più sono nelle altre salette a fare conversazione. In effetti la pecca sostanziale che si evidenzia in questo live è la monotonia della maggior parte dei brani, troppo uguali tra di loro per poter essere gustati da tutto il pubblico.
Un concerto quindi, all’insegna del ritmo, ritrmo e ancora ritmo, ma forse per il sottoscritto, ci sarebbe bisogno anche di qualcos’altro!

Copyright Rosa Selvaggia