Dopo pochi anni di un festival caratterizzato
da una maggioranza di visioni ed incontri
on line per cause di forza maggiore, si è tornati
ad una edizione completamente in presenza, diffusa
nelle sale cinematografiche bolognesi all'insegna
di film che si sviluppano intorno al concetto di
“essere e avere” i primi verbi che s'imparano a
scuola e sorreggono l'idea d'identità.
Un ambito importante
perciò è costituito dai docufilm, che parlano di
musica e di arte che appaiono come strumenti
fondamentali nella ricerca di una propria
identità.
Il Festival è stato
inaugurato con la proiezione del film di Nicolas
Philibert (foto sotto), Orso d'oro alla Berlinale
2023, “ Sur l'Adamant”, un centro diurno sulla
Senna, in una struttura galleggiante, che ospita
persone affette da disturbi mentali e la prima
scena ci mostra un paziente che canta mentre un
altro lo accompagna alla chitarra. In tutto il
documentario la musica e l'arte, che sia pittura o
danza , rappresentano potenti terapie attraverso
le quali i pazienti riescono ad affrontare e
superare i loro disagi.
Un altro docufilm
notevolmente interessante è quello di Sophie
Blondy (foto in alto) sulla carriera di Iggy Pop,
Tell me Iggy, che ella ha seguito nella vita
quotidiana e di cui ha tracciato un racconto
intimo in continua relazione con l'immagine
pubblica e iconica dell'artista. Ne emerge un
ritratto sincero di un uomo che non è mai venuto
meno alla propria personalità e che ha costruito
la carriera sui principi che hanno caratterizzato
la sua vita, confermato da interviste e
testimonianze di amici e familiari, tra cui
Blondie, Beatrice Dalle e Johnny Depp, che si è
esibito insieme a Iggy e alla sua band.
Al
Festival in anteprima è stato presentato anche il
docufilm “Per sempre assenti”un viaggio nella vita
di tutti i giorni dei Verdena, mentre preparano il
ritorno sulla scena musicale dopo sette anni di
assenza con il nuovo album “Volevo magia” e il
tour omonimo. Francesco Fei, il regista e amico,
li ha seguiti nel loro mondo di Albino, paese del
bergamasco in val Seriana,nel quale sono nati i
due fratelli Luca e Alberto Ferrari e Roberta
Sammarelli e dove continuano a vivere per scelta,
attribuendo più importanza agli affetti famigliari
che al successo. Asociali e forse i più punk della
scena musicale italiana si approcciano ad essa con
semplicità come alla vita. Luca Ferrari è il
motore che li spinge a riprendere in mano gli
strumenti per comporre il nuovo album ed è sempre
lui che fra una visita alla nonna e un giro in
motorino di sera per il paese , sogna tour negli
Stati Uniti, che vengono accantonati come
improbabili da Roberta, che ha un marito e due
bambine piccole dal cui affetto si sente appagata
e realizzata. Fa impressione vedere le loro case
nel disordine creato dai giochi dei bambini ed
essi impegnati nella routine quotidiana e poi
mentre provano nello studio – pollaio, circondati
da strumenti e oggetti che ricordano la loro
attività musicale, tutto quanto accettato come
normalità , come la frase di Roberta , quando
nell'emozione del ritorno sul palco per il nuovo
tour e la constatazione della presenza di tanti
spettatori, dirà: Ci sarà sempre in classe al
liceo uno che è metal e che porta avanti un
discorso che è eterno. Per come lo intendiamo noi
il rock è immortale”
Ancora
musica come riscatto di una vita criminale è in
”Rheingold” film di Faith Akin, basato
sull'omonima biografia del curdo Giwar Hajabi,
alias Xatar, il nome con cui è conosciuto nel
mondo della musica in Germania. Come ha voluto
sottolineare il regista, ciò che lo ha affascinato
è la storia di un ragazzo, abbandonato dal padre
famoso musicista, che per aiutare la madre a
mandare avanti la famiglia, entra nel mondo della
malavita , prima come spacciatore, poi come autore
di una clamorosa rapina d'oro. Scoperto e
catturato si ritrova in prigione e di
nascosto,sfruttando le conoscenze musicali che il
padre gli aveva imposto nell'infanzia, comincia a
comporre musica rap sulla sua vita. Mentre è
ancora detenuto riesce attraverso una rete di
complici a pubblicare un CD, che ottiene un gran
successo. Uscito di prigione, mette su famiglia e
continua a comporre, realizzando vinili sulle sue
esperienze di malavitoso, divenendo per i migranti
in Germania di seconda e terza generazione,
un vero e proprio mito popolare, che trae origine
dalla mitologia classica tedesca, di cui essi si
sono impadroniti.
Il regista, Orso d' oro
alla Berlinale del 2004 con La sposa turca, è un
appassionato collezionista di vinili e attraverso
essi, ha conosciuto Xatar dalla cui vita è
scaturito un film di genere, una gangster story di
crimini, di narcos, ma anche un film politico
partendo dagli ayatollah in Iran e arrivando alla
Germania di oggi e alla difficile integrazione dei
migranti. Una trama emozionante, spesso brutale,
ma anche alleggerita da alcune situazioni, che
rasentano il comico, un film che vale la pena di
vedere.
Degno di nota è un
altro docufilm”Houria-La voce della libertà”,
ambientato in Algeria, nel quale musica e danza
rappresentano l'ancora di salvezza per una giovane
donna, vittima di una violenta aggressione, le cui
conseguenze psicologiche la rendono incapace di
parlare. L'apatia in cui la ragazza è sprofondata
viene sconfitta dall'amore per il ballo, che con
grande passione ella porterà avanti coinvolgendo
anche altre amiche che si trovano in una
situazione d'inferiorità a causa dell'integralismo
islamico. Un film in cui la colonna sonora ci dona
molte emozioni, passando per il pop italiano, la
bellissima voce della Callas fino ai timbri
ritmici della musica tradizionale e nel quale
viene denunciata l'oppressione del corpo femminile
e il coraggio della ribellione delle donne.
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