ARTCORE MACHINE
Dubh
CD
(Xonar Records)
Ritorna dopo ben cinque anni di silenzio il
progetto di Moreno Padoan e Paolo Beltrame
all’insegna come sempre di una pregevole quanto
evoluta musica elettronica, sempre sotto
l’etichetta di Padoan, ossia la Xonar Records.
Rispetto ai precedenti lavori, queste sette tracce
introducono una componente dark ambient, che
amplifica le lente sonorità robotiche e
disumanizzate nel segno dell’idm e del rhythmic
noise. Packaging e grafica “total black” in
cartone formato A5, per mezz’ora circa di musica,
forse un po’ troppo distaccata e leziosa, difetto
tipico dei perfezionisti quali Padoan e Beltrame
sono, ma che sicuramente soddisferà i raffinati
palati degli appassionati di elettronica, col suo
sound eccellente e le sue spruzzate piacevolmente
destabilizzanti di glitch e break beat.
Sito web:
https://www.facebook.com/artcoremachine
(M/B’06)
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L’AVVERSARIO
Sangue sangue CD (New Model Label)
Ritorna Andrea Manenti, polistrumentista varesino,
col suo nuovo album che segue “Lo specchio” del
2018. Rispetto al precedente lavoro, che si
rifaceva al tema del doppio, questo secondo disco
si concentra su una visione nichilistica
dell’essere umano totalmente proiettato nella
soddisfazione dei suoi bisogni fisiologici e
materiali, che attraversano la città come un fiume
di sangue in piena che tutto impregna, e quindi
condiziona, ogni cosa che tocca. Cinque tracce
basate sull’iterazione di pochi semplici accordi
di grande impatto emotivo e dall’incedere
ipnotico, che creano un’atmosfera di struggente
malinconia che si intreccia con un’interessante
formula di rock cantautorale, mescolato a
spruzzate di dark wave, alternative rock e jazz, e
guidato da una voce volutamente filtrata e
disumanizzata, ma profondamente toccante e
coinvolgente, per segnare ancora una volta il
distacco dai sentimenti e dai valori che ormai
appartengono al passato.
Sito web:
https://www.facebook.com/avversario.musica
(M/B’06)
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GIANLUCA BECUZZI The
Bunker Years (2006-2014) CD (St.An.Da)
Il Bunker come metafora di autodifesa da
volgarità ed idiozia ormai imperanti nel mondo
moderno, oltre che vera struttura fisica dove
fermarsi a pensare e comporre la propria musica.
Questo è il bunker becuzziano, forgiato negli anni
e consegnatoci ora tramite una raccolta che, se
non esaustiva della copiosa produzione storica di
Gianluca, ne è senza dubbio per lo meno
rappresentativa. Otto tracce scelte dall’autore
nell’ambito della finestra temporale 2006-2014,
per intenderci quella che inizia con l’esordio a
proprio nome di ‘Memory Makes Noise’ su Small
Voices e termina con ‘We Can Be Everywhere’,
licenziato da Finalmuzik. I brani inclusi nella
raccolta sono però selezionati nell’ambito di
materiale uscito in occasione di compilations,
come le raccolte dei celebri festival romani
Destination Morgue, piuttosto che edizioni
speciali ed ormai di complessa reperibilità, come
le produzioni su floppy disk della Santos. Non
mancano alcuni episodi che erano stati concepiti
esclusivamente in forma liquida per Radical
Matters, ed a rendere più succosa la selezione
anche due inediti del 2014, l’iniziale ‘The Rule
of Shadows’ e la coda finale di ‘Until the End of
All’. La ricerca sonora di Becuzzi è di
lunghissima data: dopo gli storici Limbo,
patrimonio dell’epoca d’oro della wave nostrana,
l’autore livornese ha concepito e portato avanti
nel tempo una serie di progetti in grado di
esplorare i diversi ambiti della musica (e della
‘non musica’) elettronica ed ellettro-acustica.
Noise Trade Company e Kinetix i più longevi, senza
dimenticare le molteplici e fruttuose
collaborazioni con Fabio Orsi ed ovviamente la
lunga produzione a proprio nome, che più ci
interessa in virtù dalla raccolta che abbiamo tra
le mani. Minimalismo, rumorismo ed ambientazioni
da ‘musique concrète’ sono la cifra stilistica del
lavoro che andrete ad ascoltare, sin
dall’iniziale, inedita ‘The Rule of The Shadows’,
con i suoi vuoti spiazzanti che si alternano a
frangenti di pura tensione; un senso di tensione
che non molla il tiro nemmeno nella successiva
‘Maybe One Night in Rome’ (il titolo tributa la
quinta edizione del ‘Destination Morgue’), e che
anzi pervade con frequenza i quaranta minuti del
lavoro. I due estratti dalle ‘Time_Space_Seqs’ e
‘Time_Space_Freqs’ uscite in origine per Radical
Matters sono un ulteriore esempio di quanto sopra,
così come i clangori destabilizzanti di
‘Obsolescence (a/b/c)’ o il crescendo sibilante di
‘Drowning in the Sea of Memories’. Agli spazi
labirintici dell’altro inedito dal programmatico
titolo di ‘Until The End of All’ il compito di
chiudere il lavoro, che complessivamente mi ha
ridestato, in più di un’occasione, lo spettro di
tal Francisco López, personaggio credo familiare a
voi che state leggendo queste righe. Ricordiamo
che ultimamente l’attività a nome GB ferve più che
mai: oltre al CD licenziato da St.An.Da
(sussidiaria di Silentes) che stiamo trattando, il
2019 ci ha consegnato quattro interessanti
collaborazioni in forma digitale con validi attori
della scena italiana, come Andrea Bellucci,
Daniele ‘Testing Vault’ Santagiuliana, Adriano
Zanni e Deison. Avete di che costrurivi il vostro
bunker personale, per isolarvi al meglio in
compagnia di suoni non conformi: sono convinto sia
- oggi più che mai - una cura eccezionale.
Info:
https://gianlucabecuzzi.bandcamp.com/album/the-bunker-years-2006-2014
(Oflorenz) |
BLACK EARTH
Gnarled ritual of self annihilation
CD / LP
(Cyclic Law)
A quattro anni di distanza dal debutto, con in
mezzo un paio di uscite tra mini e split,
ricompare questo act spagnolo originario della
Galizia, con un nuovo rituale di black industrial,
che continua perfettamente il discorso musicale
fin qui compiuto. È un album caotico e devastante,
che non dà punti di riferimento all’ascoltatore,
ma lo getta in un abisso di terrore e confusione,
disorientandolo completamente: il suono è
monolitico, fatto di clangori e riverberi da un
altro mondo, questi ultimi utili solo ad aumentare
l’effetto allucinatorio, immersi come sono in un
vero e proprio sabba infernale da cui non pare
esserci via d’uscita. La fusione tra black metal,
industrial, noise e oscurissimo drone è pressoché
perfetta, anche se forse difetta di potenza vera e
propria, a vantaggio di inserimenti più delicati,
come echi di pianforte, che danno un tono
particolarmente macabro e distorto al tutto.
Disponibile sia in cd limitato a 500 copie che in
vinile a 200, questa è la colonna sonora ideale di
un viaggio senza ritorno in una dimensione di puro
male e vuoto cosmico.
Sito web:
https://www.facebook.com/adnigredo
(M/B’06)
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CLAVICVLA
Sepulchral Blessing
CD
(Cyclic
Law)
Esce sia in cd, limitato a 500 copie, che su
vinile nero, limitato a 300 copie, in
collaborazione con la Sentier Ruin, il nuovo
lavoro del progetto italiano del misterioso
mastermind Ittiel che, dopo una sola cassetta dal
titolo “Sermons”, uscita l’anno scorso per
Sentient Ruin Laboratories, strappa meritatamente
un contratto con la Cyclic Law per la quale esce
quest’opera di ritual black ambient. Sei tracce
per circa 37 minuti di oscurissimi e densi strati
di rumore evocativo, fatto di riverberi, echi
soverchianti, mantra vocali dal sapore tibetano e
voci ultra distorte e disumane, in grado di
provocare sensazioni claustrofobiche che
abbandonano l’ascoltatore solo al termine
dell’album. Cyclic Law è assoluta garanzia della
cura dei suoni dei gruppi della sua scuderia e
questo lavoro non fa certo eccezione,
manifestandosi in un’orgia di sangue e oscurità,
senza nulla invidiare ad act come gli MZ.412 o
alle tetre manifestazioni dei
Trepaneringsritualen.
Sito web:
https://www.facebook.com/pg/Clavicvla-1446770148892004
(M/B’06)
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DAIMON
Remedies for a
foggy day
CD (Norwegianism
Records)
Torniamo sempre
volentieri sulle tracce dell’inossidabile Simon
Balestrazzi, questa volta in compagnia di Monti
(The Star Pillow) e Quiriconi (VipCancro, e già
collaboratore di Simon per il recente ‘Licheni’
uscito su Azoth) sotto l’egida di Daimon. Progetto
di taglio ambient-drone che esordisce con
l’omonimo lavoro nel 2016, Daimon giunge alla sua
terza uscita con ‘Remedies for a foggy day’,
licenziato dalla piccola label olandese
Norwegianism Records, che ci propone il dischetto
in minimale quanto elegante confezione ‘cardboard’
impreziosita dagli scatti naturalistici di
Valentina Ramacciotti. Le tre tracce del lavoro si
adagiano magnificamente su liquidi bordoni
ambientali sui quali i tre ricamano
micro-trattamenti elettronici, layers
chitarristici non convenzionali e, nella
conclusiva ‘The Shaman’s Foghorn’, le voci
trattate di Quiriconi. L’insieme mi rammenta, a
tratti, i mondi rarefatti tipici della
statunitense Kranky, pensate ai belgi Stars of the
Lid, piuttosto che a Pan American o Labraford.
Spiace, giunti al ventiquattresimo minuto
complessivo di durata, di dover smettere così
rapidamente di fluttuare in tali universi di
chiaroscurale bellezza, dai quali l’orecchio (e la
mente) non vorrebbero più uscire.
Info:
https://it-it.facebook.com/daimondrone/
(Oflorenz) |
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EN DECLIN
A Possible Human Drift Scenario
CD (My Kingdom Music)
Roma è sempre stata un
punto di riferimento in Italia per una certa scena
musicale legata alla prima Dark-Wave non solo come
provenienza geografica degli artisti ma anche in
termini di label e produzioni; scena quella romana
che si è ben evoluta anche negli anni 90
mantenendosi sempre ad ottimi livelli. Gli EN
DECLIN fanno parte insieme a KLIMT 1918, ROOM WITH
A VIEW e NOVEMBRE di quella prolifica ondata
dall’attitudine Spleen e dal gusto gotico. Nascono
ufficialmente nel 1996 ma arrivano su disco
soltanto nel 2005 con Trama prodotto da Giuseppe
Orlando dei Novembre a cui fa seguito nel 2009
Domino/Consequence. Nonostante entrambi i
dischi vengono accolti con una certa attenzione,
nel gruppo si apre ed immediatamente si chiude un
cerchio di silenzi durato dieci anni fino a questo
Settembre 2019. Abbandonato un modello di
riferimento riscattando le incertezze passate gli
ED pubblicano via My Kingdmom Music il nuovo albo
intitolato “A Possible Human Drift Scenario” che
pur non volendo sbilanciarmi etichettando quanto
da loro proposto è impossibile non pensare a
qualcosa di psichedelico e profondamente sognante
che rimanda a bands tipo i BREATHLESS. L’atmosfera
che regna all’interno del lavoro è fatta di
profondità nascoste dove le onde riflettono
sensazioni e diventano immagini; parlavamo di
Breathless come prima impressione ma nei dieci
episodi si incrociano serigrafie romantiche ed
elegie moderne a metà strada tra gli OPPOSITION ed
i MASSIVE ATTACK ed il risultato è ricco di
fascino paragonabile al brillare di un diamante.
La chitarra è pronta a colpire nell’oscurità
della notte e la ritmica pulsa in un alternarsi di
sussulti e quiescenze. Descrivendo sommariamente
le canzoni (dieci per l’esattezza) si và
dall’intro epico di It’s Time To Give It A Boot
agli acquerelli New Wave di Undressed fino al
Bristol-Sound di Social Legal Limbo ed alla
conclusiva Another Day In Paradise, cover di Phil
Collins ripresa con toni seducenti tali da
colorare il silenzio. A Possible Human Drift
Scenario si pone su un livello superiore alle
precedenti release riconquistando il perduto
equilibrio; il trio composto da Maurizio Tavani
(voce) Andrea Aschi (chitarra) e Marco Campioni
(batteria) è un telaio dove si incontrano
backround ed esperienza. E qui si apre nuovamente
un cerchio dove è inevitabile che alle domande
seguano loquaci risposte…
(Luca
Sponzilli) |
ENKIL / LA FURNASETTA
Industrial
archeology Cassetta (Luce Sia)
Luce Sia dà vita ad uno split tra due realtà
emergenti del panorama post industriale italiano,
ossia Enkil, al secolo Franco Barletta, e La
Furnasetta, nella tradizionale modalità di un lato
a testa su cassetta limitata a 60 copie. Inizia
Enkil con una sorta di vera e propria celebrazione
industriale a base di ritmi lenti e declamazioni
su scenari post apocalittici, in perfetta sintonia
con la copertina a cura di Elena Micheli
@rosalavita. Quattro tracce: la prima, “Edera”,
strumentale forte di riff palpitanti di chitare
distorte ed echi soverchianti, sprofonda
l’ascoltatore in siti industriali abbandonati,
introducendo degnamente il rituale che si espleta
completamente con le successive “Madre” e “Polvere
e ossidazione”, brani densi di declamazioni
celebrative di luoghi abbandonati, che furono il
cuore pulsante del lavoro umano, fino alla
conclusiva “Vento”, breve epilogo nuovamente
strumentale. Viene il turno di “La Furnasetta”,
con una intro in chiave glitch/noise, dai suoni
che richiamano artisti come Fennesz, nella sua
accezione più sognante e pacata. Le successive
“Fonderia informe” e “North sentinel” forzano
invece maggiormente i ritmi nella direzione di uno
sperimentalismo più spinto. “Schegge di un’estate
senza fine” ricorda da vicino le lunghe tirate a
base di discorsi di “Le Cose Bianche”, in questo
caso però fatte di campionamenti vocali. Chiudono
“Submit to force” e “VII Legio”, brani più
sostenuti e ruvidi, che completano degnamente il
lato.
Sito web:
https://lucesia.bandcamp.com/album/068-enkil-la-furnasetta-industrial-archeology
(M/B’06)
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H2R
The Secret Sharer CD (Solchi
Sperimentali Discografici)
Il
significato del nome di questo progetto, qui
all’album di debutto, è "H II Region" o piuttosto
"materia interstellare costituita da atomi di
idrogeno ionizzati, in cui la formazione di una
stella ha recentemente avuto luogo”. Ne fanno
parte il poliedrico Luigi Maria Mennella (En
Velours Noir, Furvus, F.ormal L.ogic D.ecay, per
citare le sue creature più note) e Davide Valecchi
(attivo dal 2001 con il progetto ambient
elettronico AAL). Sei lunghe tracce di
elettronica eterogenea, dove la sapiente ricerca
melodica e la fusione di diversi stili si
accompagnano ad un approccio sperimentale (a
tratti sento l’eco dei migliori Clock DVA) e ad un
recupero – attualizzato e decisamente più ritmato
– di certe atmosfere ‘cosmiche’ partorite in
Germania fra la fine degli anni ’60 e i primi ’70
(l’uso saltuario del vocoder credo sia un evidente
ma gradito omaggio ai Kraftwerk dell’immenso “The
Man Machine”). I brani vanno ascoltati tutti
di fila come un unico flusso (non c’è infatti la
pausa di silenzio fra uno e l’altro ma solo
dissolvenze), e la durata di essi fra i 6 e i 10
minuti non annoia mai, al contrario cattura ed
ipnotizza l’ascoltatore. “ The Secret Sharer”
si rivela quindi un viaggio affascinante, che
dimostra come sia ancora possibile produrre al
giorno d’oggi della musica elettronica in grado di
conciliare emozioni e personalità, senza dover
andare a parare in pseudo estremismi sonori ormai
inflazionati. Sito web: www.facebook.com/h2region
www.solchisperimentalidiscografici.org
(Fabio Degiorgi) |
LA GRAZIA OBLIQUA
Canzoni per tramonti e albe – Al Crepuscolo
dell’Occidente CD (X-Records)
Il
gruppo nasce al laboratorio musicale del Ghostrack
Studio di Roma nel 2012 come collettivo musicale e
artistico. Nel maggio 2017 La Grazia Obliqua
pubblica l’omonimo E.P. d’esordio, segue nel 2019
"Canzoni per tramonti e albe - Al Crepuscolo
dell’Occidente" di cui andremo a parlare. LGO
non teme le contaminazioni anzi ogni brano ha una
propria identità e personalità. Da subito si nota
questa caratteristica infatti si passa
dall'electro dark del brano di apertura
"Kaos/Sempre" a brani più intimisti e
cantautoriali come "Genéalogy" per arrivare a
tracce più dark wave come "Oasis", brano cantato
egregiamente da Alessandra Trinity Bersiani.
Non mancano nemmeno le sonorità EBM ben evidenti
in "Velvet" (cantato in taliano e dedicato al noto
club romano). In alcune parti di questa traccia ho
notato una grande affinità musicale con "A Day"
dei Clan Of Xymox e quindi credo che probabilmente
sia un omaggio al gruppo storico. La quinta
traccia è "Lilith" con atmosfere intime molto anni
'70. In "Heil Kaos", "Verso Aden", "Cantare
Bellezza" e la conclusiva "Pasolini" troviamo
atmosfere dark folk con piccoli inserimenti
cantautorali. Un disco eclettico, ma non per
questo non personale, un disco che non segue le
mode del momento ma che aspira a dire qualcosa di
diverso dalla maggior parte delle uscite degli
ultimi tempi. Un disco consigliato a menti
aperte. Sito web:
https://www.facebook.com/lagraziaobliqua/
(Nikita)
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KHEM
Magma 4
CD
(Show Me Your Wounds Production, Luce Sia)
Dopo quattro anni di silenzio, i Khem arrivano
alla quarta fatica in circa un decennio di
esistenza. Quest’ultimo lavoro segna una netta
rottura cogli album del passato, incentrati su
sonorità variegate, ma sostanzialmente
industrial/ambient: ci troviamo di fronte ad un
album di agit-pop, sostanzialmente indescrivibile
ed inspiegabile se non attraverso l’ascolto, una
specie di incrocio tra “Romanticismo Oltranzista”
degli Ait!, l’ultimo Devis Granziera nei suoi vari
progetti, e molto altro. Sei brani i cui testi e
campionamenti sono ispirati a personalità di
spicco come Albert Hofmann, Carmelo Bene, Hakim
Bey, Pier Paolo Pasolini, Jurij Gagarin e William
Burroughs. È un viaggio allucinato e spiazzante a
cavallo tra psichedelia, electro, synth-pop e acid
techno, di grande personalità e difficile
assimilazione pur non avendo sonorità aspre, da
digerire attraverso molteplici ed attenti ascolti.
Sito web:
https://www.facebook.com/khem.muzak
(M/B’06)
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LÛV
I giorni della balena CD
(-)
Dopo un lunghissimo periodo intercorso dal suo
concepimento nel 2001, e la prima esibizione
soltanto nel 2016 al festival Tera Salvaria in Val
Badia, il debutto del progetto di Carlo Baja
Guarienti e Ugo Mortari giunge finalmente a
compimento. I due compagni di viaggio si occupano
entrambi della parte vocale e delle chitarre,
oltre che nel caso di Ugo, di armonica, e cajon, e
di Carlo, del flauto tradizionale irlandese e
dell’ocarina. A loro si uniscono per l’occasione
Mario Asti, al flauto traverso, chitarra e voce, e
Zhanna-Mari Kuatova, alla viola e alla voce. Va
chiarito innanzitutto che il gruppo propone una
miscela coraggiosa e unica di musica acustica e
cantautorale d’influenza folk, da De André a Simon
& Garfunkel e Jethro Tull, narrazione acustica e
teatro, quest’ultima già ben visibile nel lavoro
solista di Guarienti, “Argo 1943”. Nello
specifico, “I giorni della balena” è un concept di
sette pezzi, composti con altrettante introduzioni
narranti ad opera di Raimondo Benzi, che affonda
le radici nelle opere di Melville, Conrad e
Stevenson, ma anche Borges e Buzzati, arrivando ad
una sorta di meravigliosa e piacevolissima
avventura immaginaria tramite l’espediente
narrativo del protagonista appassionato di letture
d’avventura, incapace di scindere realtà e
finzione. Molto apertamente i nostri dichiarano di
aver sottoposto l’album a poche case discografiche
selezionate che coscienziosamente a lor dire,
hanno rifiutato di produrlo. Sicuramente non è un
album semplice, né facilmente inquadrabile in
qualsivoglia corrente musicale, modaiola o meno,
ma ci sono fantastiche melodie folk, una viola che
dà i brividi, un’ottima registrazione e resa
sonora ed infine bellissimi artwork e copertina,
figli di una interminabile gestazione durata ben
tre anni.
Sito web:
https://www.facebook.com/Luvfolk
(M/B’06)
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NUOVO TESTAMENTO
Exposure LP (Avant!)
Interessante esordio su vinile di questo gruppo a
metà tra Italia e Stati Uniti, composto da Andrea
Mantione (Horro Vacui, Komplott), Chelsey Crowley
(Crimson Scarlet, Terremoto) e Giacomo Zatti
(Holy, Tørsö e molti altri ancora). I tre
arrivano da scene piuttosto differenti, i primi
due dal post punk, il terzo principalmente dal raw
hardcore/crust e riescono qui a trovare un punto
di convergenza a cavallo tra synth-pop e darkwave,
sorprendente per la bellezza dei pezzi che ne
scaturiscono, pregni come sono di melodie
travolgenti e delicate, scandite dalla voce tetra
ed eterea a un tempo di Chelsey, dai beat delicati
di Zatti e dalle fredde linee di basso di
Mantione. Questo 12” è la ristampa del demo
autoprodotto su cassetta, disponibile in 250 copie
che, grazie alla Avant! che non sbaglia un colpo,
darà la giusta visibilità a questo progetto che,
si spera dia presto alla luce l’atteso full
lenght.
Sito web:
https://nuovotestamento.bandcamp.com
(M/B’06)
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LE PICCOLE MORTI
Vol. 1
CD (New
Model Label)
Il quartetto modenese fondato dal cantante
Alessandro Degl'Antoni e dal bassista Federico
Caroli arriva al debutto con questo nuovo nome, ma
la sua origine risale al 2010 quando nacque col
moniker Old Scratchiness, con il quale pubblicò
“Negativity” nel 2011 e “No shape” nel 2015. Degli
elementi originari solo il batterista è cambiato,
sostituito da Riccardo Cocetti (Monolith Grows!),
ma solo come ospite, insieme al violino di Nicola
Manzan (Bologna Violenta, Ronin, Torso Virile
Colossale) nel brano “Piccole Morti”; Alex Cavani
continua invece ad occuparsi della chitarra e
della drum machine, mentre Francesco Ferrari si
aggiunge come nuovo elemento alle tastiere e
synth. Il cambiamento di formazione è figlio del
mutamento stilistico, che da un rock
stoner/grunge, passa ora ad un alternative rock
dalla band definito “noir rock”, dove
l’introspezione e l’emotività prevalgono su un
tessuto melodico e chitarristico sempre pregevole,
attraverso un cantato che ricorda nel timbro, il
Renga dei primi Timoria. Il cambio di nome ha
segnato anche il passaggio nei testi dalla lingua
inglese a quella italiana, cosa che ha sviluppato
la vena poetica e cantautorale della band,
miscelata a spunti jazz ed elettronici. Nonostante
la durata di soli 22 minuti, è un lavoro denso di
idee ed ottimamente eseguito e prodotto, che
lascia ben sperare per il prosieguo, vista la
freschezza dei suoi membri che però hanno per la
maggior parte già un lungo trascorso musicale
fianco a fianco.
Sito web:
https://www.lepiccolemorti.it
(M/B’06)
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SKEMER
Benevolence
LP
(Avant!)
La Avant! non disattende mai le aspettative,
scovando sempre gruppi assolutamente perfetti per
le sonorità che da sempre propone in ambito post
punk. Ciò non vuol dire che i gruppi proposti
siano una legione di ottusi esecutori di stilemi
ormai sepolti nel passato, ma bensì, nella maggior
parte dei casi, e qui siamo di fronte ad uno di
questi, di brillanti alfieri di queste sonorità,
che aggiungono valore ad un genere piuttosto
canonizzato. Gli Skemer sono composti da Kim
Peers, modella per Vogue e Prada ed il chitarrista
della band sludge Amenra, Mathieu van de
Kerckhove, che ha anche un progetto ambient
chiamato Syndrome. Il connubio è sorprendente e
testimonia la grande poliedricità di Mathieu,
capace di passare con successo attraverso generi
fortemente distanti tra loro, cimentandosi in
questo caso in una mescolanza di minimal, ebm e
darkwave, a cui dà un contributo fondamentale la
sensuale voce di Kim, travolgente come i suoi
sguardi nelle copertine di riviste patinate,
immersa com’è in beat stordenti e ritmiche
ipnotiche.
Sito web:
https://soundcloud.com/user-314647866
(M/B’06)
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TEMPLEBEAT Interzone
LP (Aspecto Humano)
I Templebeat è una band
veneta, che dal 1990 al 2000 si è imposta grazie
ad un’ottima elettronica con influenze industrial,
ispirata a band come Front 242 e Front Line
Assembly, che negli anni Novanta padroneggiavano
la scena elettronica. Il sound della band le
ha permesso di avere numerosi riscontri positivi
grazie a hit riempipista nei dancefloor tedeschi
(Technoclub) e inglesi (Hardclub e Eurobeat 2000).
La label Aspecto Humano di Barcellona ha
ristampato su vinile una loro vecchia produzione
in edizione limitata a 300 copie (la prima
edizione dell’album è uscita originariamente su
Tape nel 1992 per l'Energeia). Nella nuova
edizione ci sono otto tracce delle quali sette
originali mentre l’ottava, "Drugs (No Vox)", brano
strumentale, sostituisce l’originale "Fucking
Mosquito". Il sound dell'album, nonostante
siano passati ben 28 anni, è ancora attuale e i
suoni creati dai Templebeat molto originali e
attuali. I brani che mi hanno colpito di più
sono, sul primo lato, quello d’apertura “Escape
from the World" ben ritmato, la seconda traccia
"The sound of the the Temple" molto lenta e oscura
caratterizzata da un’elettronica più sperimentale.
E infine l’incalzante “Interzone” dalle tipiche
note EBM old school. Nel secondo lato ho
apprezzato l’ossessività del sound di "Horrock" e
la traccia “Human (The Tears You Cry”) ottimo
esempio di dark electro anni ‘90. Il brano
strumentale... (No Vox)" chiude in bellezza questo
bellissimo disco. La rimasterizzazione del
vinile è stata curata del dj e produttore olandese
Alden Tyrell. Nel 2020 i Templebeat ritornano
dal vivo in formazione ridotta, poiche non suonerá
la formazione completa e per questo motivo il nome
della band sarà variato inTEMPLEBEAT ltd. Hanno
tre date live in Italia. Venerdì 28 Febbraio li
avremo ospiti ad una serata di Rosa Selvaggia al
TNT club di Milano. Si prospetta un live di 55
minuti in cui suoni tecnologici e industrial si
alterneranno senza tregua. Partendo dalle sonorità
analogiche dei primi lavori anni' 90 si arriverà
alle produzioni più contaminate che vennero
registrate in collaborazione con Paolo Favati dei
Pankow. La performance sarà ancora più potente
grazie agli interventi di Scar (First Black Pope)
che ha remixato e curato gli arrangiamenti. Per
rimanere informati sul live del 28 febbraio a
Milano ecco qui l'evento Facebook:
https://www.facebook.com/events/3028888970454635/
Info disco:
https://aspectohumano.bandcamp.com/album/ahlp001-templebeat-interzone
Info band:
https://www.facebook.com/Templebeat-LTD-108763227320415/
(Nikita) |
UTØYA
Analysis of sexual illusion exchange
Cassetta
(Contradiction
tapes)
Dopo l’interessante
debutto dell’anno scorso, ritorna il duo composto
da Andrea Moio dei LaColpa (synth noise, samples)
e Simone Bongiovanni alla voce (FOAD Records).
Due
lunghe suite di nichilistico power electronics da
esattamente dieci minuti l’una, una per lato, che
proseguono il discorso legato all’esplorazione
dell’alienazione del genere umano, concentrandosi
sulla società ed i suoi rapporti di potere e di
ricerca della realizzazione personale ormai nelle
maniere più basse e animalesche, in cui
l’individuo regredisce totalmente a un informe
pezzo di carne in cui lo stesso nastro su cui la
musica è registrata è ormai equiparabile
all’essere vivente stesso, che non fa altro che
contorcersi e strillare pensando con ciò di essere
vivo.
Sito web:
https://utoya.bandcamp.com
(M/B’06)
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UTØYA / RHODOTORULA
Flesh retribution
Cassetta
(Slaughterhouse Records)
Gli Utøya, ossia Andrea
Moio (synth noise, samples) e Simone Bongiovanni
(voce), e il duo milanese delle Rhodotorula si
incontrano per dare vita ad un mini split tape da
una dozzina di minuti dal notevole impatto
devastatore. Mentre i primi con le loro due
tracce mandano fuori un power electronics oscuro e
malato, meno immediato e più riflessivo rispetto
ai precedenti lavori, le milanesi si scatenano in
un’orgia di claustrofobico grind gore lo-fi,
concentrato in meno di tre minuti, in pieno stile
primi Napalm Death. È una bella accoppiata che
traccia una forse inedita coesistenza di due
generi apparentemente lontani ma che, con le
tecnologie moderne, riesce a convergere
agevolmente verso l’unicum del noise estremo. Bello
il formato su cassetta, belle le illustrazioni del
libretto, dietro a cui si vede la mano degli
Utøya. In conclusione, due realtà italiane
promettenti e due donne senza timori reverenziali
o invidie del pene di sorta.
Sito web:
https://utoya.bandcamp.com;
https://rhodotorula.bandcamp.com
(M/B’06)
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VIOLET TEARS Metamorfosi
CD (Dark Vinyl)
La
band barese dei Violet Taers ritorna, dopo 6 anni
dal precedente lavoro "Outside Your Door", con un
nuovo CD, dal titolo "Metamorfosi". Già dalla
prima traccia "Inganno", dove spicca
l'interessante voce di Carmen Di Rosas, si capisce
che è un lavoro di qualità. La band non abbandona
l'atmosfera dei precedenti lavori mantenendo il
sound tra ethereal e dark wave intimista, che li
contraddistingue donando ai brani un'impronta
personale. Le tracche che ho trovato più
interessanti e mi hanno colpito maggiormente sono
"The Lovers" per l' l'ottima interpretazione
eterea della vocalist Carmen, "Spazi artificiali"
e "Ritratti fatali" in cui l'apporto della voce di
Claudio Contessa dà una connotazione più dark
wave. I Violet Tears, scegliendo un sound
lontano dalle mode della scena dark odierna, hanno
intrapreso un percorso decisamente difficile ma
più soddisfacente a livello musicale. Un disco
ottimo per chi ama determinate atmosfere che qui
son create ad arte dal progetto pugliese. La
line-up del disco è: Claudio Contessa (voce,
chitarre), Gianluca Altamura (batteria e
percussioni), Carmen De Rosas (voce),
Claudio Cinnella (basso; chitarra elettrica, synth
e piano, drum programming nella traccia 5,)
Bello anche il layout del digipack a sei pannelli,
all'interno ci sono i testi dei brani. Il CD esce
per la storica label tedesca Dark Vinyl.
Consigliato. Sito web:
http://www.violettears.com/
(Nikita)
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VV.AA. Anthology of contemporary music
from Middle East
CD
(Unexplained
Sounds Group)
Prosegue l’ambizioso progetto di Raffalele
Pezzella di tracciare una sorta di mappa sonora
mondiale dello stato della musica elettronica e
sperimentale, fin nei territori più remoti ed
impensabili del mondo. Quindi dopo Iran, Libano e
Africa, è il turno del Medio Oriente. Ed ancora
una volta ci si stupisce e pente dei pregiudizi
che si hanno, perché viene da dire che il genio è
equamente distribuito nel mondo e fatica ad
emergere solo se l’ambiente che lo circonda non è
adatto, ma prima o poi viene fuori. Questa è una
compilation eccezionale per i contenuti e per le
vere e proprie scoperte che ci sono. Si parte con
una vecchia conoscenza, ossia Ahmed Saleh, già
apparso nella compilation “Anthology Of
Contemporary Music From Africa continent”, che qui
partecipa con due brani visionari, “Feryal” e
“Khitam”, così come ritorna Toni Elieh, già nella
raccolta “Anthology Of Electroacoustic Lebanese
Music”, entrambe uscite per Unexplained Sounds
Group. Il successivo Naujawanan Baidar è invece un
progetto americano-afgano, basato a Eindhoven in
Olanda: il suo brano, “Asir-e Jangi”, incredibile
a dirsi, sembra affondare le radici nei Der
Blutharsch di “The moment of truth”. Segue il
kuwaitiano Bloom Tribe con “Descendence”, perla di
ambient/drone sperimentale. L’intermezzo glitch
del bahreinita Hasan Hujairi prelude alle
evocative “Art if dying” di Nilüfer Ormanli e
“Gaza requiem” di Paroah Chromium, mentre Guy
Gelem e l’iracheno Farouk Adil regalano
altrettanti brani, che utilizzano probabilmente
strumenti tradizionali, i quali si intrecciano con
riverberi e tessiture elettroniche, creando veri e
propri rituali arcani seppelliti dalle sabbie del
tempo. Ancora gli sperimentatori Mazen Kerbaj,
Yousef Kawar e Nyctalllz ci ricordano, se ce ne
fosse bisogno, del livello di avanguardia che
pervade il Medio Oriente.
Sito web:
https://unexplainedsoundsgroup.bandcamp.com/album/anthology-of-contemporary-music-from-middle-east(M/B’06)
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VV.AA. Witchcraft & black magic in the United
Kingdom
CD
(Eighth
Tower Records)
Nuova compilation per lo specialista Raffaele
Pezzella e la sua Eighth Tower Records, che questa
volta si focalizza su magia nera e stregoneria nel
Regno Unito, chiamando a raccolta alcuni tra i più
influenti progetti britannici. Questo fenomeno che
sopravvive ancor oggi, si porta dietro una scia di
sangue copiosa ed ebbe particolare risonanza
appunto in terra d’Albione. Ma la ragione di
questo lavoro è ancora un’altra e più profonda,
ossia la commemorazione della prematura scomparsa
di Daniel Williams, musicista che fu parte degli
Stereotaxic Device e critico musicale, che compare
in questa raccolta con due tracce, collage sonori
sperimentali ed inquietanti, soprattutto “Do you
believe in witches”, col suo organo dissonante.
Apre le danze Gavin Morrow coi suoi Grey Frequency
ed un superbo brano di ambient magico ed oscuro
che ricorda da vicino arcani sabba pagani. Segue a
ruota Robin Storey coi suoi Rapoon che non hanno
certo bisogno di ulteriori presentazioni. Il duo
Howlround deposita due pezzi di musique concrète,
che utilizzano i loop sonori per ottenere
un’atmosfera offuscata e visionaria, mentre i
Satori di David Kirby, uno dei veterani della
scuola sperimentale inglese, propongono una spessa
coltre di frequenze stordenti. Michael Bonaventure
fa capolino col suo drone organistico, mentre gli
Sky High Diamonds mescolano noise e campionamenti
vocali a cavallo tra Nurse With Wound e primi
Current 93. In conclusione, ci troviamo di fronte
all’ennesimo ottimo lavoro da parte di Pezzella,
ben congeniato ed equilibrato nella scelta dei
contributori, tra solide realtà di primo livello,
pionieri e interessanti ed illustri sconosciuti.
Sito web:
https://eighthtowerrecords.bandcamp.com/album/witchcraft-black-magic-in-the-united-kingdom
(M/B’06)
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WIRE Mind hive
CD (Pink Flag)
Non si stancano evidentemente gli Wire
che, con una puntualità impressionante, sfornano
album e tour a ciclo continuo, praticamente dalla
fine degli anni ’70. il successore
dell’apprezzato “Silver/Lead” si chiama “Mind
hive” e si presenta con una veste completamente
nera (là dove il suo predecessore era dominato dal
suo opposto bianco) in cui un blu mare tratteggia
il nome dell’album in oggetto; niente fronzoli,
disegni o foto ad effetto … basta il marchio,
insomma. “Be like them” è il brano di apertura
in cui Newman e soci ripropongono un sound stile
Wire 100%. Che cosa voglia dire poi questa frase è
tutto un programma. Probabilmente, chi sta
scrivendo si riferisce a quel genere musicale che
proprio gli inglesi crearono sul finire degli anni
’70 quando il Punk iniziava la sua veloce
autodistruzione per lasciare il posto ad un Post
di cui gli Wire, insieme a pochi altri, hanno il
diritto di considerarsi i veri padri fondatori.
Colpi secchi e robotici della chitarra e della
batteria di Grey, per scosse elettriche
impareggiabili. “Cactused” è il singolo scelto
(non a caso) per promuovere “Mind hive”;
attraverso la sua portata melodica, ha un sound
capace di entrare subito in testa, reso ancora più
piacevole da controcanti azzeccati. Strofa e
ritornello si intrecciano e rincorrono per tutto
il brano, per un singolo che mancava da tempo nel
repertorio Wire. “Primed and ready” offre
staffilate elettriche (comunque meno efficaci
delle canzoni precedenti), mentre “Off the beach”
si presenta come il pezzo più pop dell’album: le
chitarre meno aggressive e la leggerezza che si
respira ne fanno un pezzo che pare ineliminabile.
Con “Unrepentant” e “Shadows” gli Wire si sanno
destreggiare in insoliti lentoni in cui compaiono
più evidenti le tastiere e dove il lavoro per Grey
è ridotto ai minimi termini. “Oklahoma”
riaccende la corrente e riporta l’adrenalina per
chitarre quasi hard ed urla distorte. È
apprezzabile la scelta al microfono di Lewis,
capace, attraverso doti canore e melodiche
superiori a Newman” di ammorbidire il pezzo più
duro di “Mind hive”. Una interlocutoria “Hung”
lascia lo spazio alla conclusiva “Humming” ed alle
sue tastiere onnipresenti, espressione di una
quiete ben guadagnata dopo nove pezzi di chitarre
in primo piano ed i consueti piacevoli colpi
elettrici, semplici ma efficaci come un buon
defibrillatore. (Gianmario
Mattacheo) |
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