Per colmo del paradosso succede
che spesso, per un gruppo rock, il tanto agognato successo rappresenti
più una sventura che una benedizione. Figuriamoci per un gruppo come
i Joy Division, che il successo non laveva mai cercato!
Gruppuscolo assolutamente underground, addirittura secondario rispetto
al genere underground per eccellenza, il punk (ricordiamo che nacquero
nel 77), abituati ad essere fraintesi se non totalmente ignorati.
Dopo i loro primi prodotti discografici, lEp An Ideal for
Living e la coppia di brani Digital e Glass, si
ritrovarono a suonare a Londra davanti ad una trentina di persone.
Ma era solo lottobre del 78 e le cose più importanti dovevano
ancora succedere.
Certo, la loro evoluzione artistica ha avuto il grande, lenorme
merito di saper reinterpretare in chiave punk tuttuna tradizione
musicale, soprattutto americana, di musica funerea e per perdenti.
Più volte accostato a Jim Morrison, Ian Curtis in realtà non aveva
nulla del carisma dello sciamano losangeleno, ma bensì la depressione
cosmica dei neri del blues, o dei grandi cantautori (bianchi) Nick
Drake e Tim Buckley. Se proprio devessere giudicata solo la
tonalità della sua voce, allora il paragone più calzante sarebbe con
Leonard Cohen, così umbratile e negativo.
Sì, grandi meriti, ma nessuno poteva aspettarsi che un disco come
Unknown Pleasures, sebbene fosse un capolavoro epocale, col
tempo potesse portasse a simili risultati: vendite stupefacenti (per
lambito underground), concerti stracolmi di gente in delirio,
giornalisti in adorazione (come Chris Bohn che nel gennaio dell80
li ha definiti maestri delloscurità gotica) su riviste
i cui lettori concordano perfettamente, come nel readers
poll di Sounds, in cui sono stati votati l8° miglior gruppo
rock di sempre.
Troppo,
decisamente troppo per un gruppo di signori nessuno cui
garbava rimanere tali. Troppo per Bernard Albrecht, chitarrista schivo
e introverso, troppo per la sezione ritmica formata dal diffidente
e rissoso Peter Hook al basso e dal marziale Stephen Morris
alla batteria. Troppo per il nervoso e debole Ian Curtis, che per
il peso crescente delle responsabilità tornò vittima di fortissimi
attacchi di epilessia. Non fu forse in seguito a questa sua malattia
nervosa che compose un capolavoro come Shes Lost Control?
Il 15 settembre del 79 un attacco fu visibile a tutti al programma
Something Else, in onda sulla BBC2. Poi il 29 dello stesso mese, di
spalla ai Teardrop Explodes, mentre Julian Cope si stava ancora esibendo,
un'improvvisa crisi epilettica mise fuori gioco Curtis; che tuttavia
volle ugualmente portare a termine la serata. La successiva lunga
tournée di spalla ai Buzzcocks, poi, benché piena di soddisfazioni
(i quattro riscossero più successo del gruppo titolare), minò definitivamente
la delicata salute del cantante-genio.
Per un po il gruppo si rinchiuse in sala dincisione. La
sala era un ambiente ideale per quattro musicisti così introversi:
Ian Curtis poteva meglio riflettere, meglio guardarsi dentro e comporre
le sue desolate liriche pregne di una claustrofobica amarezza. E gli
altri potevano maggiormente assecondarlo con le melodie più cupe che
fossero in grado di comporre. In realtà non era sempre così: la musica
dei Joy Division era normalmente movimentata, danzabile o arrabbiata.
Solo occasionalmente i quattro sprofondavano in inediti abissi di
cupezza senza ritorno, componendo però dei capolavori assoluti e suggellando
così le coordinate di un intero genere. Tra il novembre-dicembre del
79, la fine di gennaio dell80 ed il mese di marzo dello
stesso anno, il gruppo praticamente compose e registrò tutto il rimanente
del suo scarso repertorio.
Ma si è andati fuori tema, in un paragrafo dedicato alla produzione
discografica di singoli, per cui avanti: alla fine di ottobre del
79 uscì il loro nuovo 45 giri, Transmission/Novelty.
Il primo brano, iniziato quasi
in sordina dal basso di Hook, era un post-punk frenetico, ben contrappuntato
dalla chitarra su due giri di accordi. Faceva la sua comparsa il sintetizzatore,
strumento molto funzionale alle loro atmosfere. Il grido «dance dance
dance, to the radio» suggellava uno dei successi maggiormente ballabili
del combo, senza che però fossero scesi a compromessi con il mercato.
Un inizio più atmosferico avrà il retro, Novelty, che però
presto, grazie ad una fragorosa rullata di timpano di Morris, tornerà
su un tempo un po frenetico anchesso. Anche qui la chitarra
ha unestrema importanza e manca il sintetizzatore: forse un
errore, visto che la chitarra, con il suono selezionato, riempie
poco la gamma quando rimane sola. Un bel brano con voce minacciosa,
ma certo non un capolavoro.
Il 26 novembre una John Peel session, e va bene così. Nel gennaio
dell80 altri consensi da parte della critica: il New Musical
Express segnalava Unknown Pleasures terzo miglior Lp del 79,
dopo Metal Box dei PIL e Fear of Music dei Talking Heads.
E scusate se è poco. In marzo altre registrazioni e altri concerti,
con critiche contrastanti. Certo la strana fissità del loro non-show
infastidiva, come il loro essere radicalmente antidivi o i movimenti
meccanici e sgraziati di Curtis. Le recensioni, tuttavia, furono quasi
sempre positive.
Ma marzo fu un mese fondamentale per due motivi:
1) Uscì uno stranissimo 45 giri per la Sordide Sentimental, oscura
etichetta francese. Il titolo era Licht und Blindheit (luce
e cecità, in tedesco), con una tiratura fin troppo limitata ed
allinterno un opuscolo con uno scritto sui rapporti fra musica
ed arte figurativa, firmato da Pierre Turmel. Il 45 giri piazzava decisamente il gruppo nel
melieu gotico-romantico, forse con uneccessiva enfasi retorica,
però i due brani erano tra i loro capolavori: Atmosphere sul
lato A, cominciava con una maestosità di tastiere e rullate di tamburi.
Il basso e la batteria scandivano una melodia triste e molto suggestiva,
capace di scendere nelle profondità dei silenzi interiori. Uno dei
loro massimi, a quel tempo il brano con cui aprivano tutti i concerti.
Completamente diversa ma non meno bella (e nel lungo periodo non meno
importante) Dead Souls, sul lato B: uno dei loro brani più
punk ed aggressivi. Una buona scarica di adrenalina che esorcizzava
il tema della fine con un nuovo incubo lugubre («they keep calling
me»).
2) La notte del 4 marzo Tony Wilson aveva dato a Ian Currtis un greatest
hits di Frank Sinatra, col consiglio di ascoltarlo attentamente,
cosa che puntualmente ed incredibilmente accadde. Il giorno dopo il
gruppo era in sala dincisione e da queglimprobabili ascolti
nacque il loro brano più assurdo, ma di maggior successo commerciale.
Si trattava di Love Will Tear us Apart, dal facile tempo in
4/4 da discoteca, con sintetizzatori facili ed un po plasticosi
e melodia vocale molto romantica. Lì per lì si decise però di non
pubblicarlo.
I primi di aprile
furono forse i giorni in cui il gruppo conobbe il maggior successo
di pubblico: tre date gestite dalla Factory al Moonlight Club di Londra,
una delle quali registrata, dove i quattro furono in assoluto il gruppo
più acclamato delletichetta discografica. Fu a causa loro che
tutte le serate, non adeguatamente pubblicizzate, registrarono comunque
il tutto esaurito. Eppure la serata del 4, non solo lì al Moonlight
ma soprattutto poco prima al Raimbow Theatre dove si erano esibiti
come spalla agli Stranglers, ripresentò tutti i problemi di Jan Curtis:
attacchi di epilessia durante la performance, sfinimento precoce ecc.
Problemi che da allora non smisero più di tormentare il già abbastanza
cupo e depresso cantante.
Dopo aver girato il video per Love will Tear us Apart, i quattro
provarono una mossa alquanto azzardata: regalare un 45 giri a chiunque
ne avesse fatto richiesta. Inizialmente stampato in 25mila copie,
si trattava di un flexy-disc con tre brani: Komakino era uno
stranissimo pezzo molto nervoso e metropolitano, con un drumming pulsante
e scomposto e strane assonanze western (al di là di ogni prevedibilità,
incredibilmente imitate negli anni a venire). Una nevrotica danza giapponese, metafora del
disagio europeo contemporaneo. Al confronto gli altri due brani strumentali,
Incubation ed And Then and Again, sembravano solo riempitivi
semplici ed irritanti (soprattutto il secondo, così facile e danzereccio).
Liniziativa conobbe un tale successo che la Factory dovette
subito ristampare il disco.
Ma intanto la situazione stava rapidamente degenerando: dal vivo Ian
Curtis non ce la faceva più. Il gruppo era costretto o ad annullare
le serate o a far cantare Hook oppure a vedere il loro cantante stramazzare
al suolo dopo una crisi. Bisognava fare qualcosa, Ian aveva un assoluto
bisogno di riposo, anche se il gruppo non sembrava voler mollare,
proprio ora che il successo sembrava arridere come non mai. A fine
aprile la rivista Zig Zag proclamerà i Joy Division quinto
miglior gruppo inglese dellanno, nono come performance
dal vivo, ancora quinto Curtis come cantante e Love Will Tear us
Apart la seconda miglior canzone non ancora uscita.
Era fatta: un successo sempre crescente (oltre ad una fortissima influenza
culturale) stava portando il gruppo fuori dallunderground, nellempireo
musicale inglese ed internazionale. Una tournée americana avrebbe
presto fatto seguito.
È vero che Deborah, la moglie,
fu mandata a casa dai genitori? Eppure fu lei stessa che, quella mattina
del 18 maggio, troverà il cadavere di Ian Curtis, impiccato nel bagno
della loro casa di Macclesfield. Una sola nota: «In questo momento
lunica cosa che desidero è morire
Non ce la faccio più
ad andare avanti». Il resto fu solo sgomento. Che, tuttavia,
lo consegnò al mito.
Intervistato in merito, Bernard Albrecht dichiarò: «Ian non riusciva
a reggere i suoi problemi, che erano più o meno quelli che abbiamo
tutti
Lui provava ad affrontarli, ma non ci riusciva
Ci
sono molti aspetti diversi in una persona, molte sfaccettature, molti
chiaroscuri ed io non riuscirei a descrivere la complessità della
personalità di Ian, neppure se ci provassi per un giorno intero. Oltretutto
Ian Cortis non era un tipo strano, anzi era una persona
normalissima, come chiunque altro, sebbene fosse molto sensibile
Molti riescono a manifestare le proprie emozioni, ma lui proprio non
ci riusciva. O forse ci riusciva solo nei suoi testi».
Questo fu il momento più drammatico della storia del dark. Aggiungere
qualsiasi parola, a questo punto, sarebbe perfettamente inutile.
indice - avanti